DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
1. INCHIESTA SULLA GUERRA A SAN MARINO TRA MAGISTRATI E POLITICI (ITALIANI)
Giacomo Amadori per ''La Verità''
Sembra la sceneggiatura di una serie tv, invece è il groviglio di soldi, potere e presunte toghe sporche che emerge da alcune denunce presentate a Roma e a San Marino dalla riminese Catia Tomasetti, presidente della Banca centrale della piccolo Repubblica, e dal cinquantaduenne Sandro Gozi, ex sottosegretario agli affari europei nei governi Renzi e Gentiloni, anche lui un purosangue romagnolo.
La loro storia si intreccia con quella del giudice Alberto Buriani (il commissario della legge sammrinese che ha gestito uno dei filoni dell' inchiesta per corruzione sull' ex sottosegretario leghista Armando Siri, ndr). Buriani è anche il Commissario della legge che ha iscritto sul registro degli indagati, con l' accusa di amministrazione infedele, gli stessi Gozi e Tomasetti per una consulenza da 120.000 euro pagata dalla Banca centrale di San Marino (Bcsm) all' ex sottosegretario []. Il fascicolo era stato aperto nel novembre 2018 a seguito di una denuncia anonima e, il 27 maggio 2020, dopo un anno e mezzo di indagini, è stato archiviato, non essendo stati trovati «elementi idonei a dimostrare la rilevanza penale delle condotte» [].
Prima della loro archiviazione, la stessa Tomasetti e Gozi, ritenendo che nell' inchiesta di Buriani ci fosse qualcosa che non tornava, si sono rivolti pure alla magistratura italiana, con due distinti esposti, che hanno portato all' apertura di un fascicolo d' indagine affidato alla pm romana Claudia Terracina.
Il primo a esporre le proprie perplessità e a ricostruire i fatti con gli inquirenti capitolini è stato Gozi []. Nella denuncia il politico romagnolo collega la sua vicenda processuale a un' inchiesta in corso sul Credito industriale sammarinese, istituto messo sotto amministrazione controllata dalla Bcsm nel luglio 2019, dopo l' arresto del suo direttore generale Daniele Guidi. All' epoca l' azionista di maggioranza era l' ingegnere Marino Grandoni e il buco accertato della banca ammontava a circa 100 milioni di euro. Il riferimento al Cis, come vedremo, non è causale. Infatti Gozi annota che nel mese di ottobre del 2018 «veniva invitato a pranzo dall' ex parlamentare della Repubblica italiana, onorevole Sergio Pizzolante» [].
Pizzolante, che nel 2019 ha annunciato l' adesione a Italia viva di Matteo Renzi, nella sua nuova veste di lobbista avrebbe comunicato a Gozi che all' appuntamento «avrebbe preso parte anche tal ingegner Grandoni» senza, però, «indicare quale fosse l' oggetto dell' incontro» [].Nell' occasione Grandoni, secondo l' europarlamentare, «alternava registri vocali e modi accomodanti ad alcuni più incalzanti, senza perdere mai di vista [] la potenziale influenza che poteva avere lo scrivente nei confronti di Bcsm». L' ingegnere avrebbe «tessuto le lodi» di Gozi, «affermando di essere a conoscenza del lavoro che costui stava svolgendo quale consulente» e mostrando di essere in possesso di «notizie riservate che potevano essere state apprese solo in via confidenziale».
Quindi Grandoni avrebbe citato due articoli critici sulla consulenza affidata a Gozi pubblicati su un sito sammarinese e avrebbe fatto «intendere, neppure troppo velatamente, di avere la possibilità, e di essere disponibile, a spendersi per sedare tutte le eventuali polemiche a mezzo stampa che avrebbero certamente, a suo dire, danneggiato l' immagine e compromesso la carriera politica» dell' europarlamentare.
Per Gozi, però, il vero obiettivo dell' ingegnere era quello «di chiedere aiuto» affinché da consulente della Bcsm si attivasse presso la Tomasetti «al fine di superare gli asseriti pregiudizi che la stessa aveva manifestato verso la Banca Cis» [].Gozi collega in maniera nemmeno troppo sibillina le chiacchiere di quel pranzo [] con l' inchiesta di Buriani sulla consulenza da 120 mila euro: «In data 26 novembre 2018 veniva presentata avanti all' autorità giudiziaria sammarinese una denuncia anonima che si ipotizza riproduca sostanzialmente le notizie di stampa di cui il Grandoni aveva reso edotto il sottoscritto, a seguito della quale lo scrivente è risultato indagato proprio insieme alla presidente della banca centrale di San Marino».
A queste gravi accuse bisogna aggiungere quelle contenute in un altro esposto, presentato a Roma dalla Tomasetti lo scorso 25 febbraio []. Nel suo esposto si legge che nel giugno 2019 la presidente aveva ricevuto la richiesta di un incontro da fissarsi «con estrema urgenza» da parte di Simone Celli, ex segretario per le finanze del governo di San Marino.
«Lo stesso mi informava» scrive la Tomasetti «di aver parlato con il Commissario della legge Buriani e asseriva di aver dato un contributo sostanziale nel senso dell' archiviazione della mia posizione» []. In un successivo colloquio telefonico Celli avrebbe preannunciato alla Tomasetti che il Commissario della legge Buriani l' avrebbe contattata per «un colloquio informale». Per la presidente «questo incontro [] venne puntualmente richiesto» e si tenne «presso lo studio dello stesso commissario della legge Buriani in data 25 giugno 2019».
La Tomasetti denuncia il particolare interesse del magistrato per la vicenda Siri: «Buriani affermò durante l' incontro che ci aveva convocati per essere sicuro che noi, in qualità di rappresentanti di Bcsm, avessimo fatto tutte le necessarie verifiche presso Banca agricola commerciale con riferimento al caso Siri. Ci preannunciò l' arrivo di una rogatoria dall' Italia sul caso e ci fece capire che pendevano indagini anche a San Marino sulla vicenda. Ci confermò che non conduceva lui le indagini [], ma ci disse che comunque lui si manteneva informato sulla vicenda []. Effettivamente, come anticipato dal commissario della legge Buriani, ci arrivò dal Tribunale di San Marino una richiesta di documentazione in forza di rogatoria dall' Italia».
In un' ulteriore conversazione telefonica Celli avrebbe preannunciato alla presidente che l' interrogatorio di Gozi «sarebbe stato spontaneamente rinviato dal giudice» a data da destinarsi. Come in effetti accadde. Successivamente Celli si sarebbe fatto ambasciatore di altri presunti messaggi del giudice Buriani, il quale, secondo l' ex segretario per le finanze, voleva «costruire un rapporto» con la Tomasetti e la Bcsm [].
Secondo la Tomasetti alla Leopolda (la kermesse renziana che si svolge ogni anno a Firenze) dell' ottobre 2019 l' europarlamentare avrebbe trovato «con grande sorpresa» Celli. Quest' ultimo, tra un intervento e un altro, «avvicinava Gozi e gli riferiva che il commissario della legge Buriani era in procinto di chiudere la vicenda giudiziaria in cui era coinvolto», situazione che «si sarebbe risolta a fine gennaio».
2. «SONO IN ITALIA I 10 MILIARDI DI EURO DEGLI EREDI DELLO SCIÀ DI PERSIA»
Giacomo Amadori per “la Verità”
Un camion con dieci miliardi di euro (ma c'è chi parla di una cifra molto superiore) in banconote da 500 era pronto a partire dalla Svizzera con destinazione San Marino. Il prezioso carico doveva giungere nella piccola Repubblica non appena i suoi proprietari, i discendenti dello scià di Persia, avessero ottenuto passaporti diplomatici, cittadinanza e protezione.
Potrebbe sembrare il capitolo di un romanzo di Frederick Forsyth ed è, invece, la vicenda che emerge da alcuni esposti presentati presso il Tribunale del Monte Titano e che Panorama ha rivelato nel numero in edicola.Nell'estate 2019 la segretaria di Stato per le finanze Eva Guidi e la presidente della Banca centrale di San Marino Catia Tomasetti ricevono «la proposta indecente» di investimento da 10 miliardi di euro da parte di misteriosi investitori iraniani.
Questi non si presentano personalmente, ma si fanno rappresentare da un imprenditore, Andrea Negri, già Gran maestro della Serenissima loggia di San Marino e fondatore nel febbraio del 2020 del movimento politico Indipendenza sammarinese, di cui ha lasciato la presidenza a giugno.Ma leggiamo Panorama: «Inizialmente era partito come progetto di investimento di quadri di grande valore per 500 milioni di euro, per poi diventare un possibile deposito miliardario.
A effettuarlo dovevano essere due facoltosi cittadini iraniani, a loro dire, appartenenti "alla famiglia reale". La coppia avrebbe proposto di portare a San Marino soldi depositati presso la banca svizzera Ubs, producendo come prova dell'esistenza del tesoro un "certificato fondi". Se l'accordo fosse andato a buon fine, un camion avrebbe trasferito 20 milioni di banconote da 500 euro impilate in bancali».
Il piano prevedeva che i presunti eredi dello scià avrebbero donato 1 miliardo alla nuova, piccola patria e per quattro anni avrebbero devoluto il 30 per cento dei proventi da investimenti alle casse statali, ma in cambio richiedevano per un ristretto gruppo di persone la cittadinanza sammarinese e il passaporto diplomatico irrevocabile.
Un mese dopo i primi contatti con il governo, a fine agosto 2019, Negri contatta direttamente la Tomasetti, inviandole questo messaggio Whatsapp: «La disturbo per chiedere un appuntamento riservato possibilmente presso i nostri uffici di Roma per illustrarle il nostro progetto di investimenti a San Marino e gli enormi vantaggi a esso collegati».
La presidente fa sapere di non essere disponibile a un colloquio fuori dal territorio sammarinese e segnala la vicenda all'Antiriciclaggio. La stessa cosa ha fatto la Guidi: «Ci tengo a far presente che nel percorso di piena trasparenza e collaborazione internazionale in materia fiscale, finanziaria e dell'antiriciclaggio che ha portato San Marino dopo un lungo lavoro a mettersi in linea coi migliori standard, le proposte ricevute (mostra di quadri celebri prima e deposito di contanti poi) non rivestivano quei caratteri di trasparenza e di sicurezza che devono caratterizzare sia i piccoli che i grandi investimenti».
Negri, contattato dalla Verità, conferma la trattativa: «Sì ero il portavoce di questi iraniani. Si trattava di una proposta di trasferimento di fondi depositati in parte presso la Deutsche bank in Germania e in parte presso la Ubs in Svizzera.
A fare l'offerta erano due nipoti della famosa regina Soraya». Soraya Esfandiary Bakhtiari, morta a Parigi nel 2001, ha sposato nel 1967 l'ultimo scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi. Il padre di Soraya era stato ambasciatore dell'Iran nella Repubblica federale di Germania. I presunti nipoti, continua Negri, «volevano trasferirsi presso di noi a San Marino e per questo abbiamo preparato un programma che abbiamo consegnato alla Guidi. Era stato messo tutto nero su bianco, compreso ciò che potevano donare a San marino».
E perché non se ne fece nulla? «Perché la Guidi mi comunicò che non era interesse dello Stato di San Marino di collaborare con queste persone. E lì è finita la storia. Ed è un peccato, perché avevano dei progetti veramente importanti come quello del museo con alcune delle opere d'arte più importanti al mondo».
Si ricorda i nomi di questi presunti mecenati? «No, non me li ricordo. In fondo è passato più di un anno. Comunque le posso dire che, visto che a San Marino li avevano rifiutati, abbiamo portato questi fondi in Italia. Che ottusità! Noi avevamo chiesto al governo di approfondire tutta la questione, avevamo consegnato copia dei passaporti di questi signori, il governo aveva tutto». Sì, ma pretendevano lasciapassare diplomatici «Volevano stare tranquilli e quindi volevano avere passaporti diplomatici, la cittadinanza e la protezione personale quando fossero stati a San Marino. In cambio avrebbero regalato un miliardo». Certo la storia avrebbe insospettito chiunque, si parlava di un camion con 10 miliardi in banconote da 500 euro.
«I fondi giacenti preso l'Ubs erano in contanti e corrispondevano a quell'importo. Era scritto nei certificati di deposito che sono stati consegnati alla Guidi. E siccome mi sembrava giusto che questa cosa diventasse di dominio pubblico portai i documenti anche all'opposizione, alla Democrazia cristiana di Giancarlo Venturini. Non volevo problemi. E sono stato buon profeta, visto quello che scrivete adesso». Ha letto delle segnalazioni all'Antiriciclaggio e al Tribunale? «Non mi è arrivato nessun avviso di indagine, io non ne so niente».
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