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Da zero a dieci, quanto gliene frega a Matteo Renzi della Farnesina? “Meno di cinque”, dice convinto un ambasciatore che ha visto una mezza dozzina di ministri. “Non vuole grane, ha scelto uno che gli ubbidisca e non gli dia problemi”, spiega un diplomatico più giovane, che riflette un po’ l’opinione comune nel palazzone bianco del ministero degli Esteri: la nomina di Gentiloni è un segno di sostanziale indifferenza da parte di Palazzo Chigi.
Ma da dove viene questa noncuranza? La spiegazione ha un solo nome: elezioni anticipate. Il premier spaccone ha accettato una mediazione di quarta serie sulla Farnesina perché del governo gli importa più poco, ansioso com’è di trovare la scusa – magari sul Jobs Act – per correre a elezioni anticipate già nella prossima primavera.
Eppure giovedì, quando è salito sul Colle per affrontare il discorso della nomina con Giorgio Napolitano, Renzie era decisamente convinto delle proprie carte. Al presidente ha fatto due nomi: la trentaduenne Lia Quartapelle, una “renzata” a tutto tondo, e la più esperta Marina Sereni.
Re Giorgio gli ha fatto notare che sarebbe stato meglio scegliere un nome di provata esperienza come, tanto per fare un esempio, il viceministro Lapo Pistelli, ma Pittibimbo ha insistito sull’importanza di lasciare inalterata la rappresentanza femminile nel suo governo.
A quel punto il presidente ha giocato due carte. La prima, più che altro un ballon d’essai, è stata quella di Marta Dassù, già sottosegretario e assai vicina a Massimo D’Alema. Particolare, quest’ultimo, che ha subito portato alla chiusura di Renzie. La seconda è stata l’intramontabile Emma Bonino, che Bella Napoli voleva già appioppargli a febbraio, quando nacque il governo. Renzie ha detto di no anche su di lei perché non vuole un ministro “con gli attributi”, dotato di carisma e storia personale, capace di dimettersi in caso di scontro con Palazzo Chigi.
Però il premier non voleva rompere con Napolitano, che lo sta appoggiando sulle riforme, e allora è tornato a Palazzo Chigi con l’intenzione di risolvere in qualche modo la faccenda senza troppo mettersi in gioco e rinunciando anche alle amate quote rosa.
E’ nata così la soluzione che si potrebbe chiamare “Elenco del telefono”. Renzie si è fatto stampare l’elenco degli onorevoli e dei senatori delle commissioni Affari Esteri e li ha spulciati uno per uno alla ricerca di ispirazione. Che contenessero già i nomi della Quartapelle e della Sereni è un puro caso. Venerdì, il premier li ha guardati proprio scientificamente a caccia del nome che Napolitano non avrebbe potuto bocciare né per esperienza né per età.
EMMA BONINO A SHARM EL SHEIK 2
Al Senato, l’unico nome papabile era quello di Giorgio Tonini, però più esperto di riforme costituzionali che di affari esteri. Alla Camera c’era davvero poco da dire su Enrico Letta, se non fosse che mettersi in casa l’ex premier spodestato a febbraio non era una grande idea. Renzie ha fatto un salto sulla sedia anche quando ha visto il nome di Massimo Bray, l’ex ministro dei Beni culturali che non sapeva essere un esperto di politica internazionale. Scartata anche l’ex ministro Carrozza e la giovane Laura Garavini.
ENRICO LETTA IMPEGNO FOTO LAPRESSE
Alla fine, tra Roberto Speranza e la prodiana Sandra Zampa, ecco la quadratura del cerchio: Paolo Gentiloni. Uno che ha fatto il ministro, che ha sessant’anni ed è pure renziano. Al premier è parsa subito una soluzione perfetta. Pur rimanendo, s’intende, una soluzione di mediazione. E infatti Napolitano non ha avuto nulla da ridire. Per Renzi, che ha incassato, il via libera, alla fine va bene così. Proprio perché si è convinto di guidare un governo che gli serve ancora per pochi mesi.
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