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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
SCHLEIN, I CONTE NON TORNANO! MENTRE ELLY CHIEDE A MELONI DI SCEGLIERE DI STARE CON LA UE O CON TRUMP, IL SUO TEORICO ALLEATO CONTE HA GIÀ DECISO: CON DONALD SENZA SE E SENZA MA – “REPUBBLICA”: “IMMAGINATE SE PD E M5S FOSSERO OGGI AL GOVERNO INSIEME. COME POTREBBERO AFFRONTARE UN TORNANTE DECISIVO DELLA STORIA CON QUESTA DIVERGENZA DI VEDUTE?" - LE INSOSTENIBILI DICHIARAZIONI FILO-TRUMP DI CONTE HANNO MANDATO IN TILT SCHLEIN. TRA I DUE SAREBBE PARTITA UNA TELEFONATA BURRASCOSA: DAGOREPORT
Stefano Cappellini per repubblica.it - Estratti
Non si sa da dove cominciare. Cominciamo dalla fine. Giuseppe Conte si presenta davanti a un microfono e dice che Trump “ha smascherato la propaganda bellicista dell’Occidente”. Conosciamo la tesi dietro questa dichiarazione: la guerra in Ucraina è una guerra per procura, andava avanti perché lo volevano le democrazie occidentali, non la Russia di Putin. Il leader del M5S usa l’elezione di Trump per darsi ragione nell’analisi del conflitto. Curioso cortocircuito logico.
(…) Da giorni la segretaria del Partito democratico Elly Schlein chiede a Giorgia Meloni di scegliere: o con la Ue o con Trump. Sacrosanto. Meloni, in effetti, fin qui si sta barcamenando, perché da un lato ci tiene a consacrarsi come avamposto ufficiale del trumpismo in Europa e dall’altro è evidente che il nuovo corso Usa contraddice tutto ciò che Meloni ha sostenuto sulla guerra in Ucraina e sulla necessità di sostenere in ogni modo la resistenza di Kiev all’aggressione russa.
In compenso, in attesa che Meloni risolva le sue contraddizioni, un fulmineo Conte ha le idee chiarissime. Lui, che di Schlein sarebbe un teorico alleato, si è schierato con Trump senza se e senza ma. È fin troppo facile dire: immaginate se Pd e M5S fossero oggi al governo insieme. Come potrebbero affrontare un tornante decisivo della storia con questa divergenza di vedute?
Da tempo è aperta una discussione su come integrare dem e grillini in un progetto di coalizione alternativo al governo delle destre. C’è chi invoca la necessità di un’alleanza strutturale, programma comune e candidato premier condiviso; c’è chi sostiene l’inevitabilità di un semplice patto elettorale, anche a costo di presentarsi alle urne ciascuno con il proprio programma e poi, in caso di vittoria, sbrigarsela dopo il voto. È la proposta avanzata poco tempo fa su Repubblica da Dario Franceschini, alla quale peraltro proprio Conte si è detto favorevole.
Potrebbe essere l’unico modo di tenere insieme le forze oggi all’opposizione del governo Meloni e regalarsi una chance di vittoria. Le parole di Conte, però, seminano dubbi persino sulla praticabilità di questa alleanza al minimo sindacale. Forse trent’anni fa, in un mondo senza guerre e terrorismo, partiti con visioni inconciliabili del mondo avrebbero potuto ritrovarsi su un programma fatto di salario minimo e difesa della sanità pubblica, lasciando in ombra i dissensi ideologici e geopolitici.
Più difficile, meglio impossibile, riuscire nell’impresa nel tempo che ci è dato di vivere, segnato dal bellicismo - quello vero delle autocrazie, non la rimasticatura rossobruna che finisce in bocca a Conte - un tempo scosso dall’avanzata di leader e forze politiche che mettono in discussioni le basi della democrazia liberale, della separazione dei poteri, della distinzione tra potere economico e politico, che mirano a cancellare lo Stato di diritto sostituendolo con il consenso elettorale che tutto giustifica e legittima. Se il Pd si considera argine e alternativa ai sovranisti, come può pensare di proporsi alla guida del Paese avendo come principale alleato un soggetto che sta con quegli altri?
ELLY SCHLEIN - GIUSEPPE CONTE - MEME BY EDOARDO BARALDI
Nonostante tutti gli aggiustamenti e gli scossoni, il Movimento 5 Stelle resta un figlio non degenere del populismo internazionale, la covata malefica, come titolava nelle sale italiane un vecchio horror del maestro Cronenberg. A Conte va bene che Usa e Russia si spartiscano le spoglie dell’Ucraina e scolpiscano la parola pace sulla lapide di Kiev. Per Conte la scelta degli Usa di mettere il veto nei consessi internazionali all’uso dell’espressione “aggressione russa all’Ucraina” risponde ai criteri di un’iniziativa diplomatica condivisibile e benemerita.
I bellicisti sono la Nato, i vecchi Usa di Biden e la Ue. Trump e Putin, invece, sarebbero i negoziatori pacifici, magari pure un po' pacifisti. Al di là dell’equivoco in cui inciampano molti gonzi, convinti che sia coerente con una storia di sinistra quest’idea di chiudere la guerra in Ucraina con un accordo imperiale tra Mosca e Washington, resta la domanda: ma davvero si può accantonare questa distonia come un trascurabile dettaglio?
Ma davvero si vuole continuare a far finta che queste macroscopiche divergenze siano riassumibili in un compromesso? La politica, anche quando la butti fuori dalla porta, tende di solito a rientrare dalla finestra.
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