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(di Alejandro Di Giacomo) (ANSA) - BUENOS AIRES, 24 GEN - "L'Argentina non si vende. La patria non si vende". Sono arrivati a decine di migliaia fino alla piazza del Congresso, a Buenos Aires, gridando, cantando, tra squilli di tromba e rulli di tamburo nel giorno del primo sciopero generale contro le misure economiche del governo di Javier Milei, a 45 giorni dal suo insediamento.
SCIOPERO GENERALE IN ARGENTINA CONTRO I PROVVEDIMENTI DI JAVIER MILEI
Serpentoni colorati di manifestanti con le bandiere delle principali organizzazioni sindacali e le sigle dello spettro del peronismo progressista, da quelle della Confederazione generale del Lavoro (Cgt, la prima ad indire la mobilitazione) a quelle della Campora (sinistra kirchnerista), si sono snodati lungo l'arteria della 9 de Julio e l'avenida de Mayo per dire no al mega-decreto di Necessità e urgenza (Dnu) sulla deregolamentazione. Entrato in vigore a fine dicembre, con i suoi oltre 300 articoli modifica alcune normative in materia contrattuale e di indennizzi, instaurando limiti al diritto di sciopero.
SCIOPERO GENERALE IN ARGENTINA CONTRO I PROVVEDIMENTI DI JAVIER MILEI
Ma si è protestato anche per le misure contenute nel disegno di legge Omnibus, che tra i vari temi tratta della privatizzazione delle imprese e di superpoteri per il presidente dell'Argentina, fondati sulla difficile situazione del Paese, che ha chiuso il 2023 col deficit al 211,4% - il più alto al mondo - e una fascia di povertà al 40%. Un progetto normativo su cui proprio nella notte, dopo una lunga maratona negoziale al Congresso, l'esecutivo è riuscito a chiudere un accordo preliminare, a costo tuttavia di lasciare sul tappeto almeno 150 degli oltre 640 punti previsti, a partire dalla rinuncia a vendere il colosso energetico Ypf.
SCIOPERO GENERALE IN ARGENTINA CONTRO I PROVVEDIMENTI DI JAVIER MILEI
Proprio contro superpoteri e privatizzazioni si è scagliato il capo della Cgt, Pablo Moyano nel suo intervento davanti al Congresso. "Nessuna crisi può essere l'occasione per distruggere i diritti fondamentali degli argentini", ha tuonato, definendo il mega-decreto "assolutamente incostituzionale" e la legge Omnibus "imposta con la forza".
Secondo i leader sindacali sono state tra le 80 e le 100mila le persone scese in piazza nella capitale, in una mobilitazione che in Italia ha ricevuto l'appoggio di Cgil, Cisl e Uil con un presidio davanti all'ambasciata argentina a Roma, mentre dal vicino Brasile il governo progressista di Lula ha osservato con attenzione gli sviluppi della giornata, che non ha registrato particolari episodi di violenza.
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Erano solo "una minima parte" degli argentini, ha commentato la ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, minimizzando l'affluenza ed evidenziando piuttosto l'efficacia del protocollo anti-picchetto, con un basso impatto per il transito cittadino, sotto la sorveglianza di un massiccio dispiegamento di forze di polizia.
Uno sciopero che ha provocato comunque numerosi disagi alla circolazione aerea, in un periodo turistico di punta dell'estate australe, con la compagnia statale Aerolineas Argentinas già in deficit, che ha dovuto cancellare 267 voli, con disagi per oltre 17mila utenti, per un costo di 2,5 milioni di dollari, secondo quanto stimato dalla stessa azienda e pubblicato in una nota su X.
SCIOPERO GENERALE IN ARGENTINA CONTRO I PROVVEDIMENTI DI JAVIER MILEI
Impegnata fin dalle prime ore della mattina a coordinare la situazione in città attraverso le telecamere collocate nei punti nevralgici - dall'Obelisco al ponte Puerreydon, punto di snodo verso le periferia - Bullrich, con un messaggio ripostato dallo stesso Milei sui social, ha avvertito: "Non c'è sciopero che ci fermerà".
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