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Fabio Ferzetti per Il Messaggero
Due buone notizie in una. Ettore Scola torna al cinema con un film su Fellini: Che strano chiamarsi Federico!. Non un'opera di finzione e nemmeno un documentario, ma qualcosa di più complesso. Un album dei ricordi sfogliato in pubblico, che avrà il tratto aguzzo del disegno (Scola conobbe Fellini nella redazione del Marc'Aurelio, al quale entrambi collaboravano) e la suggestione vagamente onirica della memoria, dilatata dal tempo e dalla distanza storica, naturalmente filtrata dal punto di vista dell'autore.
«Non sarà un dramma, né una commedia e nemmeno una biografia», si schermisce Scola. «Solo il piccolo ritratto di un grande personaggio basato sulla mia frequentazione di Federico, che conobbi quando avevo appena 16 anni». Ci sarà il ricordo di amici comuni, come Sordi, Mastroianni, Ruggero Maccari. E ci saranno anche materiali estratti dagli archivi del Luce e dalle Teche Rai, uniti a ricordi più personali ricostruiti in quella Cinecittà che per il regista di 8 e 1/2 era una seconda casa.
Il tutto avrà un taglio assai poco celebrativo, anzi sottilmente storico, com'è giusto aspettarsi dall'autore di C'eravamo tanto amati e Una giornata particolare. «Voglio sfatare alcuni luoghi comuni», precisa infatti Scola. «Federico è il più politico tra i registi che abbiamo avuto. L'inventore di una realtà più determinante e comunicativa di quella che avevamo sotto gli occhi».
E qui la frecciata è rivolta al diffuso quanto ingannevole cliché che ha imprigionato l'italiano più famoso del '900 nell'immagine passepartout di cantore della memoria, seduto sul trono della sua immaginazione ipertrofica, perso nella contemplazione dei propri fantasmi più che nell'osservazione del mondo.
C'è da scommettere insomma che il cineritratto di Scola ci darà un Fellini in buona parte inedito, malgrado gli innumerevoli saggi e documentari dedicati al grande riminese, in vita e dopo la sua morte, della quale quest'anno ricorre il ventennale. La notizia arriva infatti dal Bif&st, il festival di Bari diretto da Felice Laudadio, del quale Scola è presidente. Che a Fellini quest'anno dedica un festival nel festival, con 40 appuntamenti tra film, documentari, special tv, più una mostra di cento disegni felliniani estratti dal Libro dei sogni e un'altra esposizione fotografica intitolata Rota/Fellini - La musica delle immagini, dedicata al lungo sodalizio fra il regista e Nino Rota.
RAGAZZI DI BOTTEGA
Naturalmente Che strano chiamarsi Federico!, che il regista sta scrivendo con le sue due figlie, Paola e Silvia, è in una fase ancora molto delicata, ma Scola sa già che «non ci saranno attori di nome», tranne forse Sergio Rubini, che con Fellini girò Intervista, e a cui Scola ha chiesto pubblicamente di collaborare. «Ci saranno solo delle personificazioni, come dei ricordi che prendono vita».
Fellini comunque comparirà in diverse epoche. «Quando l'ho conosciuto ero un ragazzo.
Collaboravamo tutti e due a testate satiriche come il Marc'Aurelio o Il travaso». Amavano entrambi disegnare, il loro rapporto nacque così. «Insieme non abbiamo mai lavorato», ricorda Scola, «neanche ai tempi in cui facevamo i "negri" nelle botteghe degli sceneggiatori affermati. Però eravamo compagni di banco nella "ditta" Metz e Marchesi.
Lui scriveva i film di Macario, io quelli di Totò». Si sa che il grande cinema italiano del dopoguerra nacque, anzi rinacque in quelle botteghe. Ma nessuno le aveva ancora raccontate «da dentro». O almeno non in un film.
Ettore Scola ETTORE SCOLA Federico Fellini
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