CRAXI AMARI - LA FIGLIA STEFANIA RISPONDE A DE BENEDETTI E DIFENDE IL PADRE: “LA PROTERVIA CON CUI CHIEDEVA SOSTEGNO FINANZIARIO PER IL PSI NON ERA PARI A QUELLA DI DC E PCI CHE BENEFICIAVANO DI RISORSE FINANZIARIE ILLECITE E RICORREVANO A FINANZIAMENTI PROVENIENTI DA PAESI NEMICI DELL’ITALIA” - “QUANTI ANNI DOVRANNO ANCORA PASSARE PER DEFINIRE L’AFFARE SME UN TENTATIVO SPREGIUDICATO DI SVENDITA DI UN BENE PUBBLICO, SVENTATO DA CRAXI?”…

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Lettera al "Fatto quotidiano" di Stefania Craxi

L'intervista a De Benedetti contiene contraddizioni e vuoti di memoria, ma anche molte verità. Nel dichiararsi accanito avversario di mio padre, egli fa propria la terminologia calunniosa delle note di Tatò: "Bandito", "fascistoide", "prepotente"; salvo poi riconoscerne le qualità politiche: "un personaggio che ha marcato la storia italiana, l'unico ad aver compreso che la tenaglia conservatrice aveva stretto il Paese in una morsa di arretratezza economica e culturale. L'unico ad avvertire la necessità di modernizzare il Paese". Per De Benedetti, "Craxi capì che non si fa politica senza soldi e cominciò a reclamare risorse in modo palese".

La protervia con cui chiedeva sostegno finanziario per il Psi non riusciva, tuttavia, ad essere pari alla protervia determinata dalla straordinaria capacità finanziaria di Dc e Pci, i quali oltre a beneficiare, prima e più del Psi, di risorse finanziarie illecite, ricorrevano, nel caso del Pci, a finanziamenti provenienti da paesi nemici dell'Italia. Forse per l'Ingegnere quei quattrini non risultavano frutto di arroganza e tradimento verso l'Italia, ma il sostegno necessario a chi operava servizievolmente all'affermazione del "Socialismo informatico" dell'Urss?

Non ritiene, l'Ingegnere, che la prepotenza di Craxi fosse il solo modo per non soccombere allo strapotere di quella morsa conservatrice, di cui i suoi giornali sono stati interpreti consapevoli, e difendere una propria autonomia? Se si sforzasse di comprendere, dopo 30 anni, il conservatorismo decadente a cui Pci e Dc, e chi faceva affari con loro, avevano legato il Paese, giustificherebbe forse il poco elegante "sudore" di chi ha speso una vita per dargli una prospettiva di modernizzazione.

Se "era difficile dargli torto", perché lo avversò con tutte le sue forze? Molti imprenditori ritengono di doversi appropriare di beni Pubblici in virtù del principio che il privato gestisce meglio del pubblico. In realtà, quando non si cede alle clientele territoriali o alla conservazione sindacale, le aziende pubbliche potrebbero generare benefici alla collettività più di tanti "privati" concessionari monopolistici.

Il primato degli affari si è consolidato dopo la cosiddetta Mani pulite. Quanti anni dovranno ancora passare per definire l'affare SME un tentativo spregiudicato di svendita di un bene pubblico, sventato da Craxi? Così come per Berlusconi oggi per le frequenze. E poi, il terrore degli industriali, Agnelli in testa, per la violenza inquisitoria di Di Pietro; la confessione delle dazioni fatte dalla sua Olivetti (poiché si trattava del Pci, bastò la confessione).

De Benedetti spiega che il Pci fu salvato da Mani Pulite, e sconsolato ammette: "Mani Pulite non ha cambiato nulla. La bufera è passata, l'Italia è rimasta la stessa".
Voglio sperare che non si pensi ad un'altra Mani Pulite, che aggraverebbe il già flebile quadro istituzionale. La politica risolva i nodi politici, qualunque intromissione violenta distruggerebbe il tessuto sociale già scosso dalla crisi.

Oggi, come non fu fatto allora, l'Italia va riformata totalmente. La via maestra è un'Assemblea Costituente, che consegni al Paese una Nuova Costituzione. Siamo alla Grande Riforma. Caro Ingegnere, come vede, non ci siamo mossi da lì.

Stefania Craxi

 

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