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Maurizio Belpietro per “Libero quotidiano”
Era il 24 febbraio di un anno fa quando, nel suo discorso alle Camera, Matteo Renzi prometteva un piano di investimenti per rendere più sicure le scuole italiane. Nel giro di due anni avremmo avuto edifici scolastici più belli, meno pericolosi, più nuovi. La promessa sta ancora lì, sul sito del governo, con tanto di tabella e stanziamenti: #scuolebelle 450 milioni; #scuolesicure 400 milioni; #scuolenuove 244 milioni. In totale quasi un miliardo e 100 milioni di euro, da distribuirsi su 21.230 edifici.
Il risultato lo si è visto ieri, con le immagini del crollo nella scuola elementare di Ostuni, in cui sono rimasti feriti due bambini di otto anni e un’insegnante. Qualcuno, pensando alla tragedia, potrebbe invitare a non generalizzare e soprattutto a non speculare sull’incidente.
Tuttavia il disastro di una campagna elettorale cominciata il 24 febbraio dello scorso anno e mai finita non inciampa solo nel crollo dell’edificio scolastico in provincia di Brindisi, ma in una serie di calcinacci caduti in testa agli alunni. Basti pensare a quelli dell’anno da poco iniziato. L’8 gennaio è caduto il soffitto della scuola materna di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Il 15 gennaio - nei giorni in cui il governo annunciava nuovi stanziamenti per miliardi - all’Isis di Salerno si sfiorava una strage, evitata solo perché gli studenti non erano in aula.
Il 18 febbraio, a Pescara, veniva giù il soffitto dell’Istituto Alberghiero e solo per un pelo non ci sono stati feriti. Il 25 febbraio, a Vallo di Lucania, la strage si è invece rischiata nella mensa della scuola elementare. Quindi bisogna passare in provincia di Palermo, a Bagheria, dove il 3 marzo i calcinacci hanno colpito una bambina, ferendola seppur lievemente. Ieri il crollo in Puglia.
Sei episodi in poco più di tre mesi. Due al mese. Eppure, Cinquecento cantieri per le scuole sicure, duecento per le scuole nuove, settemila per le scuole belle. Passo dopo passo promette il Renzi online. In realtà gli istituti scolastici cadono a pezzi. Secondo uno studio di Legambiente sono almeno 41 mila gli edifici che devono essere riqualificati e messi in sicurezza. Il 58 per cento delle scuole è stato costruito prima della normativa antisismica e dunque in caso di terremoto si rischia la strage.
Il 32 per cento delle aule ha bisogno di interventi urgenti di manutenzione. Il 9,8 per cento è costruito in aree a rischio idrogeologico, mentre il 41 per cento sorge in aree a rischio sismico e l’8,4 è in zona vulcanica e dunque esposto a una ripresa delle attività. Certo, non è colpa di Matteo Renzi se quegli edifici scolastici non sono a norma né è responsabilità sua se sono stati costruiti in zone a rischio.
RENZI NELLA SCUOLA ELEMENTARE A SIRACUSA
I colpevoli sono gli amministratori che hanno rilasciato la licenza edilizia e che magari hanno consentito che le opere fossero fatte al risparmio o senza il rispetto delle norme di sicurezza. È però l’attuale presidente del Consiglio ad aver deciso di fare della scuola il cuore della sua campagna elettorale. Ricordate?
Non solo il premier ne parlò a Montecitorio e a Palazzo Madama il giorno del suo insediamento, promettendo che il suo governo avrebbe investito sulla scuola, perché l’istruzione serve a vincere la sfida del futuro. Ma fu lui che il suo primo giorno a Palazzo Chigi lo dedicò a una visita a un edificio scolastico a Treviso. Da lì, circondato da alunni e insegnanti, lanciò il suo programma di ristrutturazione di aule e palestre. Con un grande colpo mediatico, il neo presidente del Consiglio invitò ogni preside a scrivere al governo per richiedere l’intervento dello Stato.
«Se c’è qualcosa che non va poi me lo segnalate alla casella matteo@governo.it. Ogni settimana andrò nelle scuole ad ascoltare le richieste e poi tornerò a Roma con i compiti a casa». Chi lo conosce bene sapeva che quello era il gioco preferito del neo premier: promettere. Usare la scuola, i tombini, le strade, per dimostrare di essere il sindaco degli italiani.
Ma forse il sindaco di Firenze ha più tempo, forse ha qualche risorsa in più. Sta di fatto che, dopo le prime settimane, le visite di Renzi hanno cominciato a diradarsi e anche i fondi messi a disposizione si sono rivelati quelli che già aveva predisposto Enrico Letta. Nulla di più. Non meglio è andata con la promessa di assumere 150 mila nuovi insegnanti. L’idea - molto popolare tra i precari della scuola - si è scontrata con la realtà dei conti. Risultato: la scuola è rimasta il disastro che conosciamo. Il crollo di ieri è dunque molto di più di una tragica fatalità.
RENZI NELLA SCUOLA ELEMENTARE A SIRACUSA
È la rappresentazione della realtà. E ad essa, ai soffitti caduti, si uniscono i viadotti crollati. Anche lì, se vanno giù i ponti e se sprofondano le strade, la colpa non è di Renzi, ma di chi ha rubato e mal costruito le infrastrutture. Tuttavia l’illusione che bastasse un supercommissario perché la corruzione fosse bandita dalle opere pubbliche è un’idea tenuta a battesimo dal capo del governo. Come la tesi che basti non fare più Grandi opere per evitare di avere Grandi ladri. Il problema è che i ladri non si arrestano con le parole, così come le scuole non si ristrutturano con un #hashtag.
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