giorgia meloni enrico mentana

SE, COME HA DETTO GIORGIA MELONI AL TG DI LA7, TRUMP SVEGLIA L’EUROPA, C’È BISOGNO CHE QUALCUNO SVEGLI ENRICO MENTANA – FORSE “CHICCO” ERA MOMENTANEAMENTE ASSENTE DALLA SUA MENTE: PERCHÉ NON HA RIBATTUTO ALLA DEMAGOGA TRUMPIANA CHIEDENDOLE PER QUALE MOTIVO HA RIMANDATO A GENNAIO IL PIANO PURL PER GLI AIUTI A KIEV? SE, SULLA SCIA DELLE FARNETICAZIONI DI TRUMP, MELONI VUOLE UN’UE UNITA E FORTE CHE “SI DIFENDA DA SE”, CI PUÒ FAR SAPERE PERCHÉ SI OPPONE ALLA RIFORMA SALVA-STATI (MES), SI OPPONE A DAR VITA A UN ORGANISMO DI DIFESA EUROPEA, SI OPPONE ALLA RIMOZIONE DEL DIRITTO DI VETO IN CONSIGLIO EUROPEO, CHE BLOCCA OGNI DECISIONE DETERMINANTE PER UN CAMBIO DI PASSO DELL’UNIONE? – MENTANA POTEVA SCEGLIERE TRA 2 OPZIONI: RIBATTERE SQUADERNANDO FATTI O ACCONTENTARSI DI ANNUIRE. HA SCELTO LA SECONDA: HA RETTO IL MICROFONO – VIDEO!

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DAGOREPORT

giorgia meloni intervistata da enrico mentana 9

Se, come dice Giorgia Meloni, Donald Trump sveglia l’Europa, c’è bisogno che qualcuno svegli Mentana. Perché non ha ribattuto alla demagoga trumpiana chiedendole per quale motivo ha rimandato a gennaio il piano Purl per gli aiuti a Kiev? Se, sulla scia delle farneticazioni di Trump, Meloni vuole un’Ue unita e forte che “si difenda da se”; bene, ci può far sapere perché si oppone alla riforma Salva-Stati (Mes), si oppone a dar vita a un organismo di Difesa Europea, si oppone alla rimozione del diritto di veto in Consiglio Europeo, che blocca ogni decisione determinante per un cambio di passo dell’Unione?

 

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Se in queste interviste con il premier o con i leader si impongono domande prefabbricate, l’intervistatore può scegliere tra due opzioni: la prima è ribattere squadernando fatti e dichiarazioni che smontano le risposte, la seconda è accontentarsi di annuire facendo da spalla all’intervistato. Mentana ha scelto la seconda: si è travestito da asta reggi-microfono.  

 

1 - MELONI STA CON GLI USA "LA UE SI DIFENDA DA SÉ" SALVINI: STOP ALLE ARMI

Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”

 

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Alle otto e un quarto di sera, ospite di Enrico Mentana al tg de La7, Giorgia Meloni non muove una critica alla strategia dell'amministrazione Usa di Donald Trump, che prospetta per l'Europa un'apocalittica «erosione della civiltà». Le cancellerie di mezzo continente sono inquiete, la premier invece a favore di camera sfodera un sorrisone. E fa la trumpiana, dice di apprezzare l'analisi: «Alcuni giudizi li condivido, da prima che me lo segnalassero gli Stati Uniti; che la politica europea sulla migrazione sia stata sbagliata sono assolutamente d'accordo».

 

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L'Europa, sostiene la leader di FdI, «deve essere capace di difendersi da sola, non parlerei di un incrinarsi dei rapporti con gli Usa, questo documento di Trump dice qualcosa che va avanti da tempo, un processo storico inevitabile». Le sferzate di The Donald sarebbero insomma «un'occasione».

 

Il tema clou dei burrascosi rapporti tra le due sponde dell'Atlantico sono le spese militari, il contributo dei partner europei alla Nato. «C'è un prezzo da pagare, la difesa ha un costo economico e produce una libertà politica», è la tesi di Meloni. Che però non annuncia cambi di rotta sul piano che ha più a cuore Washington: il Purl, il meccanismo per finanziare l'Ucraina tramite armi americane.

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Per Roma se ne riparlerà l'anno prossimo, nonostante il pressing martellante dell'Alleanza atlantica guidata da Mark Rutte, mentre il Pentagono annuncia che è stata autorizzata la vendita potenziale all'Italia di missili a lunga gittata per 301 milioni di dollari.

 

Su Kiev però, dice Meloni, «la linea del governo non cambia». Le sortite di Salvini sempre più ostili al sostegno all'Ucraina, da rinnovare entro capodanno? «Io ascolto sempre quello che dicono i miei alleati. Questo non è un dibattito tra filo-russi, filo-americani, filo-europei, noi siamo tutti filo-italiani. I fili ce li hanno i burattini». Qualche frecciata al capo leghista arriva: «Il tema vero è come si difende meglio l'interesse nazionale. Quello che accade in Ucraina ci riguarda».

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E ancora: la pace «non si costruisce con le buone intenzioni, ma con la deterrenza, che serve anche oggi». Non mandando aiuti «rischiamo di pagare un prezzo molto più alto».

Salvini comunque insiste. Anzi, alza ulteriormente il tiro. Ieri sosteneva che in Russia ci fossero «meno corrotti» che in Ucraina. Mosca, ha aggiunto, ha già sconfitto Hitler, «che era un attimino più attrezzato di Zelensky». E a domanda sul decreto per l'Ucraina, che il governo deve varare entro fine anno, ha messo a verbale: «È più prudente fermarsi, come dice il Santo Padre. L'invio di altre armi avvicina la pace o la allontana? La risposta mi sembra evidente».

 

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Anche sugli asset russi che l'Ue vuole scongelare per finanziare Kiev, il segretario della Lega si mette di traverso: «Non si possono sequestrare i beni della Russia, è illegale». […] Il Carroccio, visto anche il nuovo corso a Washington, ha preso coraggio. Non solo non ha dichiarato come voterà nel cdm che, tra due-tre settimane, dovrà varare il nuovo decreto per le forniture militari a Zelensky.

 

Ma si prepara a dare battaglia già tra una decina di giorni: il 16 e 17 dicembre Camera e Senato devono votare una risoluzione di maggioranza in vista del Consiglio europeo. […] Pure FdI ha i suoi patemi. […] Fratelli hanno deciso di smarcarsi seccamente (allineandosi alla Lega) dalla posizione espressa dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha suggerito di utilizzare il Mes come garanzia per gli asset di Mosca. […]

 

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2 - MELONI: L’EUROPA SI DIFENDA DA SOLA SUGLI AIUTI A KIEV LA LINEA NON CAMBIA

Estratto dell’articolo di Adriana Logroscino per il “Corriere della Sera”

 

Non la giornata più semplice possibile, ammesso che ce ne siano, quella in cui Giorgia Meloni si trova a dover rispondere alla raffica di domande che Enrico Mentana le rivolge durante il Tg di La7. Il giorno in cui la Casa Bianca diffonde la «nuova strategia di sicurezza interna» che contiene critiche severissime nei confronti dell’Europa.

 

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«Non parlerei di un rapporto che si incrina — smussa Meloni, che vuole tenersi equidistante —. L’Europa deve capire che se vuole essere grande deve essere capace di difendersi da sola. Io ce l’ho chiaro da molto prima che me lo dicessero gli Usa».

 

Getta acqua sul fuoco, Meloni, anche riguardo alla strategia italiana sulla guerra in Ucraina, nonostante gli scossoni nella maggioranza. […] La posizione resta la stessa anche sulla «fragile tregua, occasione da non perdere» a Gaza, senza «timidezze» verso Israele: «Non ha il diritto di impedire la nascita dello stato di Palestina, l’abbiamo detto».

 

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L’intervista alla presidente del Consiglio va in onda 24 ore dopo quella a Elly Schlein, nella stessa collocazione. Meloni fa mostra di sicurezza, ribadisce di non avere difficoltà a confrontarsi con il leader dell’opposizione, «quando mi diranno chi è», o con i giornalisti: «È un falso storico che non risponda alle domande», dice.

 

Difende la Manovra «tutta concentrata sui salari», il premierato «mai messo in un cassetto», la riforma della Giustizia. In chiusura, dopo 20 minuti filati, alleggerisce rivolgendosi ironicamente a Lilli Gruber — spesso critica nei confronti della premier per gli inviti reiterati e mai accolti — e al suo Otto e mezzo , che segue in palinsesto: «Vado ad ascoltare il commento all’intervista».

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[…]  Sul fronte interno, Meloni si spende per le due riforme costituzionali. «Mi auguro che al referendum gli elettori guardino al merito delle norme perché con la nostra riforma la giustizia può funzionare meglio». Sconsiglia di farsi guidare da ragioni politiche: «Tanto, tranquilli, noi restiamo al governo». Del premierato non esclude di chiudere l’iter entro la legislatura: «Dipendesse da me, vorrei il referendum prima del 2027, ma il Parlamento ha i suoi tempi».

 

[…] Neppure il rapporto Istat sulla perdita del potere d’acquisto sembra turbare Meloni: «I salari crescono, la realtà è diversa dalle statistiche. Istat calcola il salario sul lordo, le nostre misure incidono sul netto». […]

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