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Adelaide Pierucci per "Il Messaggero"
Aveva definito la canzone Pettirosso di Gino Paoli «un'istigazione alla pedofilia». Alessandra Mussolini, in un'intervista rilasciata all'Unità nel 2009, si era spinta anche oltre: «Quello è un testo pedofilo, sembra scritto da uno che conosce bene l'argomento».
Accusa alla quale il cantautore aveva risposto con una denuncia che non avrà nessun seguito. Ieri, infatti, il tribunale di Roma non ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio sollecitata dal pm Clara De Cecilia, e ha disposto per la nipote del Duce, il non luogo a procedere in virtù dell'insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare durante le sue funzioni. Alessandra Mussolini, secondo le conclusioni del tribunale, parlò in veste di presidente della Commissione Infanzia e quindi non può essere censurata.
«Impugneremo la sentenza», ha tagliato corto Daria Pesce, avvocato dell'artista. Dall'inchiesta sono uscite, perché il fatto non sussiste, anche Concita De Gregorio, allora direttore dell'Unità e la giornalista che ha redatto l'intervista. «Ha vinto la nostra linea. Non c'era condivisione su quei messaggi», ha detto l'avvocato Fabio Pili.
GINO PAOLI
MUSSOLINI ALESSANDRA
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