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Una rete di 150 fra amici e conoscenti di Steven Sotloff, il giornalista americano decapitato dai miliziani dello Stato Islamico, era al lavoro dal momento del suo sequestro - nell’agosto 2013 - per mantenere il segreto sulla sua origine ebraica e la cittadinanza israeliana.
Lo ha rivelato ieri il quotidiano Yediot Ahronot . I membri del gruppo, che parlano 20 lingue diverse, si sono impegnati per eliminare dal web ogni possibile collegamento fra Sotloff, gli ebrei e Israele, esaminando con attenzione tweet e post su pagine facebook.
Anche i giornali israeliani con i quali aveva lavorato hanno tolto dal web gli articoli che portavano la sua firma e il New York Times ha accettato subito di cancellare dal sito un articolo in cui si rivelava che il giornalista era nipote di sopravvissuti dell’Olocausto. In questo modo il dipartimento di Stato Usa sperava di aumentare le sue possibilità di sopravvivenza.
Apparentemente, i miliziani dell’Isis lo hanno ucciso perché americano. Sotloff nello Stato ebraico aveva vissuto e studiato fra il 2005 e il 2008 ma non rivelava mai, sul campo, le sue origini. Per spiegare la provenienza del suo cognome, Steven, che parlava anche arabo, spiegava di essere cresciuto in una famiglia musulmana non praticante
cecena. E per rispettare il digiuno a Yom Kippur, fingeva di essere troppo malato per mangiare.
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