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1. DOPO TANTE PAROLE MANCANO I NUMERI
Alessandro Sallusti per âIl Giornale'
Silvio Berlusconi ieri è tornato in campo. à apparso in forma, alla faccia di chi lo descriveva affranto e provato. Ha aperto la campagna elettorale per le europee e c'è da pensare che si sia trattato solo di un antipasto. Non altrettanto si può dire di Renzi che, sempre ieri, ha ingoiato un grosso rospo.
Il suo governo non aveva la maggioranza per fare approvare il Def, orribile acronimo che identifica il documento più importante in materia economica. Per evitare di cadere in aula e chiudere anticipatamente la sua avventura, Renzi ha dovuto elemosinare i voti di due grillini dissidenti, di un paio di leghisti, di un gruppetto di vendoliani. In tutto una decina di voti coi quali ha superato di un soffio (156 sì) il quorum.
à la prova che questa maggioranza è simile alla gioiosa macchina da guerra di Occhetto: formidabile a parole, inconsistente nei fatti. La politica economica è in mano agli umori e al prezzo, di due scarti di Grillo e dei comunisti duri e puri ma non quando si tratta di salvare poltrona e stipendio. Umiliante. E illuminante su cosa ci sia dietro la vetrina sberluccicante del renzismo: un negozio vuoto.
Se non fosse per il patto riformista con Forza Italia, Renzi non durerebbe un giorno in più. Il premier lo sa bene. Sono i suoi compagni di partito che ancora non hanno capito e si dilettano a sputare nel piatto che li tiene in vita. Qualcuno li avvisi, prima che sia troppo tardi.
2. PAREGGIO DI BILANCIO - SEL SALVA IL GOVERNO MA IL PARTITO SI SPACCA
Tommaso Ciriaco per âLa Repubblica'
Sinistra e libertà è a un passo dalla frattura. Il partito di Nichi Vendola, finito nel mirino del premier, vive infatti ore travagliate. Una fetta rilevante della pattuglia parlamentare di Sel, delusa dalla "svolta greca" e dal matrimonio con la lista Tsipras, attende solo le Europee per mollare gli ormeggi. E nel quartier generale renziano non si fa più mistero di lavorare all'allargamento della maggioranza. In fondo, è quanto sostiene in privato anche l'ex sindaco di Firenze: «Il cantiere è aperto».
Contano soprattutto i numeri. E a Palazzo Madama Sel può contare su sette senatori. Vitali, in un contesto così fluido. Le prove generali si sono avute ieri, in occasione di alcune votazioni sul Def. La risoluzione che rinvia il pareggio di bilancio al 2016 su cui serviva la maggioranza assoluta di 161 voti - passa con 170 sì. Otto senatori dell'opposizione - tra i quali cinque di Sel e due ex grillini - votano a favore. Il Def, invece, ottiene il via libera con 156 voti favorevoli, con il no dei vendoliani.
Ufficialmente nulla di strano, visto che il partito di Vendola sostiene compattamente la risoluzione.
Nichi Vendola, governatore pugliese e leader di Sel, partito a un passo da una frattura
In realtà , però, è proprio il leader pugliese a salvare in extremis l'unità della pattuglia. I malpancisti, infatti, avrebbero comunque sostenuto il rinvio del pareggio di bilancio, sancendo la frattura del gruppo.
La verità è che i contatti tra l'ala renziana di Sel e il quartier generale del Pd sono ormai molto avanzati. A Palazzo Madama almeno quattro senatori vendoliani sono pronti a reclamare un progressivo ingresso in maggioranza. E a Montecitorio i "dissidenti toccano addirittura quota quindici deputati. Sono gli stessi che un paio di mesi fa votarono un documento molto duro verso Vendola.
Tutto si consumerà dopo le Europee, perché i renziani di Sel sono convinti - anche a causa di recenti sondaggi della lista Tsipras inferiori alla fatidica soglia del 4% - che l'esperimento greco sia destinato a fallire. I rapporti umani, poi, sono ormai consumati. Anche per questa ragione non è escluso che un gruppetto di malpancisti possa decidere di lasciare il partito anche prima delle Europee. Con loro potrebbero schierarsi anche alcuni ex grillini, primo passo di quel progetto di Nuovo centrosinistra osservato con attenzione anche dalla minoranza Dem.
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