RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Tommaso Labate per corriere.it
gaetano quagliariello foto di bacco (2)
«Ve la ricordate la Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, no? Ecco, noi siamo i Jep Gambardella dell’elezione del Quirinale». La frase che dà la misura dell’aria che si respira durante le loro riunioni continue, che è la stessa che dà la misura del tono dei contatti telefonici nelle ultime ore, l’avrebbe pronunciata uno dei personaggi più in vista del gruppo.
E cioè Gaetano Quagliariello, napoletano per nascita e per fede calcistica, proprio come il regista premio Oscar. L’altro giorno, intrattenendo alcuni colleghi del Senato sui possibili scenari della prossima elezione del presidente della Repubblica, l’ex ministro delle Riforme si è messo a fare i conti in casa propria. Concludendo con un sorriso tra le labbra, come nel parallelo tra mondanità e fallimenti reso celebre dal personaggio interpretato da Toni Servillo, «che noi non vogliamo soltanto partecipare all’elezione del presidente della Repubblica. Ma possiamo avere il potere di farla fallire…».
Noi, cioè «loro», rappresentano sulla carta trentuno elettori ufficiali della platea che eleggerà il prossimo capo dello Stato. Un’enormità, di questi tempi. Sono i parlamentari che a vario titolo fanno riferimento a Coraggio Italia, la formazione di Giovanni Toti e del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che tra Montecitorio e Palazzo Madama mostra muscoli decisamente più allenati di quanto non dicano i sondaggi.
Il calcolo, ragionano fonti interne, sarà da rivedere al rialzo già nei prossimi giorni e in prospettiva sempre di più, sempre con la freccia in alto. «Siamo ventiquattro alla Camera, sette al Senato. Altri due stanno per aggiungersi a noi a Palazzo Madama», e si arriva a trentatré; «a trentacinque elettori per il Quirinale arriviamo facilmente con due delegati regionali, uno di questi sarà Toti in persona, un altro verrà fuori dai consiglieri eletti in Liguria, Lazio, Abruzzo, Puglia, Campania e Calabria».
Per quanto il tono della frase attribuita a Quagliariello fosse improntato all’ironia, il tema delle decisioni che potrà prendere il gruppo dei centristi — al momento ascritto al centrodestra — è uno dei punti interrogativi su cui si discute di più a Palazzo. Per la forza aritmetica del gruppo, ovviamente; ma anche, ha detto uno di loro parlando con gli ambasciatori di Forza Italia che perorano la causa quirinalizia di Silvio Berlusconi, «per la capacità di espansione che abbiamo: tra i nostri banchi siedono almeno sei ex grillini, che sono amici di altri ex Cinquestelle e di molti che nei Cinquestelle ci stanno ancora, che parlano con loro, che sanno quali corde toccare… Diciamo che se il blocco renziano potrebbe finire per qualche pezzo, e non è detto che lo faccia, il nostro di pezzi può solo guadagnarne».
Ad Arcore hanno colto il senso del messaggio, se è vero che Berlusconi è tornato a parlare personalmente al telefono con alcuni di loro. Nel gruppo, d’altronde, ci sono persone che conosce da una vita: da Paolo Romani, che è stato suo ministro all’epoca di Palazzo Chigi e capogruppo forzista al Senato, a Mariarosaria Rossi, che per anni ne è stata l’assistente; senza dimenticare l’ex olimpionico di scherma Marco Marin, che insieme a Toti e Quagliariello tiene i ranghi serrati.
Ma il tema che i centristi sono sul punto di sollevare anche di fronte a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, facendo leva sui numeri del Quirinale, riguarda la cittadinanza nel centrodestra unito e va ben al di là della partita che sta giocando il Cavaliere. Il segnale arrivato dalla Calabria, dove la lista di Coraggio Italia ha sfiorato il 6 per cento (ed eletto due consiglieri) ma è rimasta fuori dalla giunta regionale varata dal neo-governatore Roberto Occhiuto, è stato visto come un affronto.
«Noi siamo disposti a seguire la linea del centrodestra anche sul Quirinale se il centrodestra ci considera parte integrante e ci convoca per determinarne una», è il refrain più gettonato in questo inizio di settimana. E dove non arrivano le parole, dice una delle veterane del gruppo, arriverà il peso dei numeri del pallottoliere del Colle. «Siamo il centro del centrodestra. A diventare il centrodestra del centro ci mettiamo pochissimo». Il centro è il luogo dove si gioca un pezzo di partita. E nel centrocampo ideale del Palazzo, loro, ci sono. Per partecipare o far fallire, come Jep Gambardella.
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