DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Monica Guerzoni per il "Corriere della Sera"
Alle quattro e un quarto del pomeriggio Mario Draghi esce dalla zona off-limits riservata ai capi di Stato e di governo e per una volta, sotto le immense vetrate del nuovo quartier generale della Nato, rallenta il passo per rispondere fuori protocollo a un giornalista.
«Com'è andata? Bene, molto bene. Incontro importante, in cui tutti i leader hanno riaffermato la centralità dell'Alleanza Atlantica alla luce delle nuove sfide globali. La Nato si sta rafforzando dopo il periodo di debolezza dell'era Trump».
Per Draghi, reduce dal vertice del G7 in Cornovaglia, il summit dell'Alleanza Atlantica è un altro debutto. Il segretario generale Jens Stoltenberg lo accoglie con calore: «Mario è la tua prima volta qui, sono sicuro che tutti ti ascolteranno con molto interesse».
L'ex presidente della Bce parla tre minuti esatti, attento a non sforare. Parte dalla crisi globale innescata dal Covid, «una delle più gravi della storia contemporanea». Sottolinea come la sicurezza sia un «presupposto necessario» per rafforzare le democrazie e conferma il pieno sostegno dell'Italia al processo «Nato 2030», che punta a rendere sempre più centrale «l'Alleanza più potente e vincente della storia».
E la Cina, filo rosso del summit? Nelle conclusioni del vertice sarà scritto che la crescente influenza e le ambizioni del Dragone presentano «sfide sistemiche all'ordine internazionale».
E il premier sprona gli alleati «ad essere pronti ad affrontare coloro che non rispettano le regole» dell'ordine internazionale e «sono una minaccia per le nostre democrazie». Una formula sfumata, che autorizzerà qualche commentatore a pensare che Joe Biden non abbia ottenuto da Roma, Parigi e Berlino quella union sacrée contro le autocrazie di Pechino e Mosca che era tra gli obiettivi del suo tour.
Per l'Italia il rafforzamento della cooperazione tra Nato e Ue ha «importanza cruciale», il che però nulla deve togliere alla «autonomia strategica della Ue». Sottolineatura importante quella del premier, che parlando di «complementarietà» dell'architrave europeo per rafforzare la Nato cerca di cucire assieme la linea di Merkel e Macron con quella di Biden, il qualche non può guardare con favore alla suggestione di una difesa militare europea.
Quanto alla difesa della Nato, Draghi spinge perché si attui con una strategia «ad ampio spettro», dalla regione indo-pacifica a un «focus costante sull'instabilità della regione mediterranea».
E qui, in asse con Macron, il capo del governo italiano chiede agli alleati di concentrare l'attenzione sui territori e i dossier che allarmano l'Europa, a cominciare dalla Libia e dal dramma dei migranti. Il problema ha un nome che il capo dell'esecutivo italiano però non pronuncia: Recep Tayyip Erdogan.
mario draghi joe biden al g7 6
Non solo tra gli alleati non c'è accordo sulla linea da tenere con la Turchia, ma resta il gelo con Draghi, che l'8 aprile in conferenza stampa lo aveva chiamato «dittatore». Il giudizio innescò un incidente diplomatico, non ancora risolto: Erdogan ha avuto bilaterali con Biden, Macron, Merkel, Sánchez, Johnson e Mitsotakis, ma con Draghi no, con lui si è fatto solo la foto di famiglia.
mario draghi joe biden al g7 1
E chissà che il mancato incontro non sia una delle ragioni che hanno convinto lo staff di Palazzo Chigi ad annullare la conferenza stampa programmata per le 16.15. La spiegazione ufficiale è stata che «questo summit è la continuazione del G7» e che non c'era dunque molto altro da dire, dopo che Draghi a Carbis Bay aveva risposto a ogni curiosità della stampa: dalla Via della Seta di Giuseppe Conte al caos vaccinale, questione cruciale che sta creando non pochi imbarazzi al governo.
mario draghi joe biden al g7 2
Arrivando in tarda mattinata al quartier generale, Draghi aveva concesso a sorpresa una breve dichiarazione informale: «Pensate che la prima visita del presidente americano è in Europa. Provate a ricordarvi quale fu la prima visita di Trump».
Maggio 2017, Arabia Saudita. Un modo per rilevare l'importanza della mission europea di Biden, al quale Draghi ha rinnovato «l'impegno incrollabile» dell'Italia a contribuire alle missioni Nato: «Una Ue più forte significa una Nato più forte».
I capi di Stato e di governo hanno parlato (sottovoce) anche di chi sarà, dopo Stoltenberg, il prossimo segretario generale della Nato. La candidatura forte di Theresa May riduce le speranze italiane, ma il pressing di Draghi per un impegno sul fronte Sud autorizza a pensare che Palazzo Chigi non rinuncerà a giocare la partita.
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