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UN SERPENTONE DI MIGRANTI – RIVOLTA CONTRO IL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI CONA (VENEZIA): “E’ UNA PRIGIONE” – LA MARCIA DI PROTESTA SI FERMA SUL BRENTA, IL PREFETTO NON SA PIU’ DOVE METTERLI E IL PATRIARCA APRE LE CHIESE
Andrea Priante per “il Corriere della Sera”
«Il campo profughi di Cona è una prigione». L' ivoriano Camarà Alasane sa di cosa parla. Laureato in Economia, figlio di un politico musulmano ucciso dall' opposizione, prima di fuggire in Italia nell' estate del 2016 era stato rinchiuso nel carcere di Tripoli. «Un amico ha pagato alle guardie una specie di riscatto per evitare che fossi venduto come schiavo per lavorare i campi», racconta.
Ora è uno dei leader della Marcia dei Migranti che martedì ha lasciato l' ex base missilistica del Veneziano per chiederne la chiusura. «Nel campo siamo oltre mille richiedenti asilo, costretti a vivere in condizioni disumane, a dormire in tendoni da 150 posti letto, a mangiare sempre le stesse cose, senza alcuna possibilità di integrazione», spiega Camarà in un perfetto italiano. In 240 hanno deciso di ribellarsi, dando vita al lungo serpentone di esseri umani malvestiti (alcuni marciavano in infradito) che ieri si trascinavano al freddo, carichi di borsoni e valigie.
Un corteo pacifico con l' obiettivo di raggiungere Venezia per incontrare il prefetto, e che mercoledì sera ha dovuto fare i conti con la morte dell' ivoriano Salif Traoré, 34 anni, investito e ucciso mentre con la sua bicicletta cercava di raggiungere i compagni per unirsi a loro. «Era un bravo ragazzo, aveva due mogli e sei figli», racconta un amico mostrando le foto che ha scattato al cadavere subito dopo l' incidente. «Questa marcia è anche per lui».
Ieri - trascorsa la notte all' interno della chiesa di Codevigo (Padova) - dopo una decina di chilometri l' avanzata si è interrotta a Campolongo Maggiore, il paese di Felice Maniero, di fronte a un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa. «Di qui non si passa, dovete tornare indietro». È iniziata una trattativa durata cinque ore, con i richiedenti asilo che giuravano di preferire una notte sulle rive del fiume Brenta all' idea di tornare nel Centro di accoglienza. Nel pomeriggio è arrivato il prefetto Carlo Boffi che da anni tenta di alleggerire Cona «ma non ci sono altre strutture disponibili».
Alla fine, a sbloccare la situazione è stato il patriarca di Venezia Francesco Moraglia che ha messo a disposizione dei migranti le strutture parrocchiali. «Per questa notte rimarrete lì - ha spiegato il prefetto - poi faremo il possibile per trovare delle soluzioni e non farvi tornare a Cona». I richiedenti asilo, ormai stremati dal freddo, hanno applaudito scandendo «Viva l' Italia!». Ma intanto gira voce che altri profughi avrebbero già lasciato l' ex base missilistica per raggiungere i manifestanti. «Spero non sia vero - ha commentato il prefetto - perché posti letto non ce ne sono più».
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