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Vera Schiavazzi per âLa Repubblica'
«Ora non dir più nulla». Anche quando intima il silenzio alle sue vittime, il professor Walter Giordano non riesce a non essere forbito, e perfino un po' antiquato, nonostante le faccine di cui riempie i suoi sms. Ma il "patto di sangue" c'è, chiaramente, e infatti le due ragazze vittime dello scandalo lo reclamano, come le consulenze richieste e depositate oggi dalla Procura di Cuneo e dalle parti rendono evidente: «Gli sms devono essere più "neutri"», chiede Giordano il 29 maggio 2013. Il 24 dello stesso mese la vittima più giovane gliel'aveva ricordato: «Ora continua il ssss ... e poi si farà sentire per finalmente spezzare il patto dei 3 anni».
Perché, dopo, doveva esserci, nell'ingenuità della ragazzina, un amore pubblico: sotto gli occhi di tutti. «Dimenticherò presto tutto», promette la stessa studentessa quando si sente tradita, quattro giorni più tardi. E ancora, l'11 giugno: «Io non telefono. Se però non mantiene il patto...». E seguono minacce. à proprio in quel "patto di sangue" che vincolava al segreto le sue allieve del liceo Soleri, minorenni quando cominciarono le relazioni, la chiave dell'inchiesta di Saluzzo. Patto che anche le presunte vittime riconoscono: la sigla-chiave è "ssss", quella che il prof e le due ragazze si scambiano in molti messaggi. Sta per "silenzio". Ed entrambe sono pronte a dirgli via sms che «se non rispetta il patto» commetteranno follie, lo denunceranno o comunque si arrabbieranno con lui.
Un'inchiesta che oggi, con la consegna della consulenza sulle personalità di Giordano affidata dalla Procura allo psichiatra torinese Elvezio Pirfo, si avvicina alle sue conclusioni. Giordano è agli arresti domiciliari in una comunità religiosa dove ha scelto di passare anche il Natale senza chiedere permessi («Voglio restare con le persone che mi sono state vicine in questi mesi, qui mi sento accolto», ha spiegato a familiari e avvocati). Sono 4 i professionisti incaricati di dare un parere scientifico sulla vicenda: oltre a Pirfo, Francesco Nivoli (psichiatra di Sassari già autore di una perizia su Annamaria Franzoni nel processo di Cogne), nominato dai difensori di Giordano (Gaveglio e Portera), Patrizia De Rosa, che ha redatto un parere sulle due vittime, e Renzo Gozzi, nominato da Francesca Violante, il legale che rappresenta le due ragazze.
Tra Giordano, insegnante che a Saluzzo declamava Dante con le lacrime agli occhi, e le sue vittime e partner in relazioni che duravano anni, c'erano 38, 39 anni di differenza. Consapevolmente o meno, l'uomo - separato con un figlio, un passato di studi in seminario e una famiglia difficile - si era scelto almeno due "prede perfette", come spiegano i pareri depositati ai magistrati: ragazze timide, depresse, con poche frequentazioni sociali. Ragazze che individuavano nella relazione col professore, e nei bei voti che lui avrebbe potuto annotare (e annotava, vantandosene via sms) sul registro, il segreto di cui essere orgogliose, privilegio nella comunità del liceo, aiuto in una carriera scolastica altrimenti difficile.
«Voglio essere ben preparata su Leopardi», scrive una delle due mentre si danno appuntamento e lui la provoca sulle pratiche sessuali che seguiranno. Per le ragazze, una più giovane e ingenua, l'altra più grande e però più succube nella relazione - tanto che la manterrà anche dopo aver lasciato il liceo, mettendo Giordano nella difficile situazione di sostenere entrambi i rapporti, insieme a quelli con la fidanzata "ufficiale" e con un'altra donna, adulta e sposata - l'inferiorità "psicofisica" è ora messa nero su bianco, come il danno biologico che potrebbe derivarne durante la loro vita.
Prima in auto, poi a casa del professore che vedevano ogni giorno al liceo, di nascosto e con la paura di gravidanze indesiderate, sono state "iniziate" a una sessualità perversa. Toccherà a Giordano e ai suoi avvocati, se e quando si arriverà al processo, risarcire questo danno.
Perché Giordano non è né un pazzo né un pedofilo, e non soffre di "parafilie" particolari. à soltanto un adulto (oggi ha 57 anni) che soffre di "disturbo narcisistico della personalità ". Un adulto che conosceva il "disvalore" del suo comportamento, e infatti imponeva alle vittime il silenzio totale, anche quando a una di loro, con l'ingenuità dei 17 anni, sarebbe piaciuto esibire quella storia d'amore agli occhi di tutti. Un adulto che voleva fare sesso con due ragazzine, e che raccontava loro bugie per giustificare i suoi impegni con le altre.
Se il perito della Procura gli riconoscerà una "parziale incapacità di mente" (forse uno stimato professore di liceo di una piccola cittadina dovrebbe capire che non è il caso di scambiare centinaia di sms a sfondo sessuale con due allieve, né di ospitarle nel suo letto) il docente sarà anche ritenuto "socialmente pericoloso": potrà partecipare al processo, ma non tornare a insegnare, e magari ottenere nel rito abbreviato quello sconto di un terzo della pena che la legge gli riconosce. Se invece, come suggerisce la parte civile, sarà giudicato totalmente capace di intendere non avrà sconti sulla possibile pena.
Mentre la difesa è tentata dal giocare la carta dell'incapacità , almeno parziale: come il professore ha già detto nel suo unico interrogatorio: «Ero stato provocato» e «ho commesso un grave errore». Le stesse cose che ha raccontato alla fidanzata e alla ex moglie che erano andate a trovarlo in ospedale dopo un tentativo di suicidio, all'inizio
dell'agosto 2013.
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