SEZIONE TAFAZZI – NEL PD VOLANO GLI STRACCI: LETTA, BINDI CIVATI NON VOTANO l’ITALICUM, BERSANI RESPINGE LE ACCUSE DI ‘GOMBLOTTO’: ‘HO SALVATO IL CERVELLO PER UN PELO, NON VOGLIO CONSEGNARLO A RENZI’ IL RENZIANO GIACHETTI: ‘AL SENATO NON C’È IL VOTO SEGRETO. PER FORTUNA’

Giovanna Casadio per ‘La Repubblica'

Mai un assente è stato più presente. È l'assenza di Enrico Letta a fare discutere un Pd in tensione. L'ex premier scalzato da Renzi a Palazzo Chigi, è all'estero e non torna a votare l'Italicum alla Camera . Neppure Pippo Civati si fa vedere. Dissente. Non ci sono Rosy Bindi e Francesco Boccia, formalmente in missione, e che hanno preso le distanze da una legge elettorale che giudicano un pasticcio. Chi manca all'appello, in tutto 23 dem, è termometro del malessere nel partito.

Il Pd si nutre di sospetti. Renzi stesso sospetta «una manovra» contro di lui. In un colloquio ieri con Repubblica ha definito così il percorso minato della legge elettorale, che ha rischiato di essere impallinata dal fuoco amico. Luca Lotti, il sottosegretario all'Editoria, braccio destro del segretario-premier dai tempi della militanza politica in Toscana, è della stessa opinione: c'è chi vuole fare inciampare Matteo.

Ma la minoranza dem, il cosiddetto "correntino" non ci sta. A reagire vivacemente è Pier Luigi Bersani, l'ex segretario convalescente che però viene da Piacenza a Roma per votare l'Italicum, che invita Renzi piuttosto a ringraziare i parlamentari: «Sento parlare di complotti. Potrà apparire strano a Renzi ma c'è gente che non sa cosa vogliano dire i complotti.

I deputati e le deputate, nonostante i problemi molto seri e le obiezioni, hanno votato e vanno ringraziati». Di sé dice poi: «Io sono leale e positivo. Se ho qualcosa da dire, la dico a Renzi come la dicevo a Letta. Io ho salvato il mio cervello per un pelo, è chiaro che non voglio consegnarlo adesso. Mi si lascerà questa libertà. Ma sulla mia lealtà non mi si può discutere».

Il disagio democratico si esprime in molti modi e si annida in tutte le correnti del partito. Roberto Giachetti, renziano, va giù pesante: «Per fortuna al Senato non c'è voto segreto sulla legge elettorale - accusa - e magari speriamo che la gestione del gruppo Pd sia un po' meno approssimativa di come è stata qui alla Camera.

Improvvisamente noi siamo nella repubblica delle banane nel nostro gruppo, per cui quelli che erano maggioranza e hanno imposto la scelta di silurare la mia proposta sulla legge elettorale, oggi che sono minoranza decidono di fare come gli pare». L'affondo è rivolto ai lettiani. Maino Marchi si dimette da capogruppo dem in commissione Bilancio («Sono a disagio»), pur allineandosi nel voto.

Più che un'opposizione a Renzi c'è una frantumazione. «Direi che a questo punto non esiste un'opposizione organizzata dentro il partito », riflette Daniele Marantelli. Gianni Cuperlo, che di Renzi è stato sfidante, avverte: «Il segretario del Pd e premier dovrebbe togliersi gli occhiali che gli fanno vedere un congresso permanente.

Quel congresso è finito e lui lo ha vinto come abbiamo riconosciuto dal primo istante. I deputati della cosiddetta minoranza del Pd hanno avuto in questi giorni un comportamento lineare, trasparente e di assoluta responsabilità ». E Davide Zoggia riprende su Twitter l'hashtag #matteostaisereno: «Nessuna trama, nessun complotto».

 

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