1- LA SGOMMATA, DISTINTA MA CONVERGENTE, DI BERLUSCA E BERSANI VERSO LE ELEZIONI FA LA PRIMA VITTIMA ILLUSTRE: PIERFURBY è ARRIVATO ALL’ULTIMO GIRO DI BOA 2- A CONTI FATTI SOLO TRENTA POSTI DI PARLAMENTARE NEL CENTRO CHE STA EVAPORANDO, MENTRE I PRETENDENTI SONO ALMENO 150. E BERSANI SI STA TROVANDO I “SUOI” MODERATI DA ALLEARE PER UNA LISTA CHE PRENDA VOTI AL SUD 3- ALTRE CHIODATE: IL VETO DI MONTEZEMOLO A FINI E CESA, LA PRESA DI DISTANZA DELLE GERARCHIE ECCLESIASTICHE (TUTTE) E IL DISTACCO PREOCCUPATO DI CALTA-SUOCERO 4- L’UDC SI è LEGATO AL CAPPIO DEL GOVERNO MONTI, ORMAI IMPOPOLARE. LA BASE è FURENTE

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DAGOREPORT

La sgommata distinta ma convergente di Silvio B. da una parte e Bersani Pierluigi dall'altra (il primo non sa che fare, distrugge tutto e riappare come se vent'anni non fossero stati perduti per il Paese; il secondo vuole approfittare della volata innescata dalle primarie per prendersi tutto il piatto, lasciando anche la legge elettorale così com'è) deve incanalarsi nelle prossime ore in un percorso istituzionale. Ma il senso è chiaro: è finita per Rigor Montis, anche se ovviamente il suo governo si trascinerà per gli affari correnti sino alle elezioni. E Re Giorgio dall'alto del Supremo Colle si sta acconciando a seguire e non più a dettare l'agenda politica dei prossimi cinque mesi.

La prima e più grave mazzata politica dell'accelerazione della crisi impressa contemporaneamente, anche se per motivi totalmente diversa, dalle due maggiori forze che appoggiano il governo (è stato il Pdl ad astenersi cioè a votare contro in senato alla legge di stabilità, ma è stata Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd ad esortare Monti a recarsi al Quirinale) cala direttamente sulla testa dei centristi che stavano facendo di Rigor Montis la propria ragion politica e bandiera elettorale.

Improvvisamente , salvo appelli interessati sul rischio spread, Rigor Montis scompare dai radar politici perché i giochi principali sul governo e l'opposizione si sono di fatto compiuti: bersani vuol passare all'incasso quanto prima e Silvio B. punta al voto dei tartasssati da Monti, premier impopolare per motivi di forza maggiore e anche per tanta buona volontà propria e dei suoi principali ministri.

Il primo a farne le spese è Pierferdinando Casini.
Dopo 30 anni di onorata vita parlamentare anche per il furbissimo Pierfurby i nodi stanno per arrivare al pettine. I sondaggi continuano a dare in picchiata il suo partito malgrado l'incessante lavoro di Cesa con il quale i contrasti non mancano di certo; le gerarchie ecclesiastiche che non hanno mai investito su di lui continuano a diffidarne considerandolo poco affidabile, spesso saccente oltre che inconsistente da un punto di vista culturale e non riescono a capirne la visione strategica nell'interesse del Paese, ammesso che ne abbia una. Bertone, Bagnasco, Ruini, Re, Fisichella, Vallini così diversi fra di loro, talvolta anche distanti, su Pier condividono lo stesso giudizio, nessuna benedizione, troppo cinismo.

Per di più, per finta o per davvero, è assalito da una sindrome di giovanilismo piacione, e sta prendendo sempre più coscienza che il suo tatticismo lo ha praticamente trascinato in un cul de sac.

E' ormai da tanto tempo molto insofferente del suo partito. Ha cercato in tutti i modi di disfarsene, ha fatto finta di azzerare gli organi, ha cambiato il simbolo, lo voleva sciogliere, tutto perché ormai o diventa Presidente della Repubblica, o diventa almeno Presidente del Senato o anch'egli è a forte rischio rottamazione.

Deputati, senatori, consiglieri regionali distribuiti fra centrosinistra e centrodestra, segretari regionali e provinciali sono inquieti e sul sentiero di guerra tanto che da mesi e mesi Casini evita accuratamente di riunire qualunque organo dell'UDC - cosa che fanno nel Pd che è stato rilanciato anche e soprattutto dalle primarie, e persino nel PDL di Silvio B c'è qualche parvenza di riunione - per evitare che la protesta e l'indignazione lo facciano in qualche misura soccombere.

La stessa idea di proporre "dopo Monti, solo Monti" è assolutamente rispondente ad una esigenza opportunistica di tenere libero Quirinale e Presidenza del Senato, ma Rigor Montis alla fine lo ha capito e si è sottratto dall'abbraccio. La collocazione politica diventa sempre più difficile e stretta fra due fuochi e si è molto infastidito che il Presidente della ACLI Olivero per chiarezza ha proposto un accordo con il PD prima delle elezioni. Meglio dopo, pensa l'ineffabile Pier!

Ma ormai i tempi stringono, le scelte vanno fatto e le candidature devono cominciare a prendere le sembianze con nomi e cognomi. E qui cominciano i dolori! L'UDC, com'è noto, è strettamente alleato del FLI di Gianfranco Fini ed insieme stanno lavorando alla Lista per l'Italia. L'UDC ha 37 deputati uscenti cui si aggiungono 26 del FLI totale 63 deputati senza contare i senatori.

Per gli errori commessi, ormai, Bersani non lo insegue più ed anche D'Alema che lo ha sempre difeso e cercato di aiutare lo ha definitivamente mollato, mentre dall'altro lato Berlusconi non ne vuole neppure sentir parlare. Sta inseguendo così una trattativa con quel che resta di Montezemolo dopo che, tutti i distretti regionali di Italia Futura si stanno sempre più rendendo conto che sono relegati ad essere semplici portatori d'acqua senza alcun respiro politico e senza propri rappresentanti ma solo per consentire di sedere al tavolo della trattativa Calenda e Romano (che hanno tirato un bel sospiro di sollievo dopo l'uscita di Vecchioni) con i Cesa, i Bocchino e quant'altro. Trattativa che è aperta .

Italia Futura ha prima chiesto 50% per sé e 50% da dividere fra Udc, FLI e quel che resterà del variegato mondo ACLI, CISL, Sant'Egidio che però sono ormai tutti avviati sempre più utilmente sulla via di Bersani. Proposta respinta con nettezza e nuova riformulazione 60% UDC, 30% IF, 10% FLI. Ma sono ancora nel pantano democristiano.

Scendiamo ancor più nei dettagli: attualmente tutti i sondaggi dicono che la somma di UDC, FLI e Italia Futura viaggia fra l'8 e il 9%. Diciamo il 10%. Il 10% del totale dei seggi che andrà suddiviso fra tutte le forze di minoranza, cioè 290 seggi stiamo parlando quindi al massimo di 30 seggi più o meno reali da suddividere fra tutti a fronte di 63 uscenti e di una cinquantina di aspiranti entranti: da Passera a Marcegaglia, da Olivero a Dellai, ecc.ecc. Per aprire spazio ai suoi, Montezemolo rilancia con il veto a Fini e a Cesa, Cosa giusta, soprattutto riguardo a Fini, inviso sia agli elettori pdl sia a quelli che moriranno democristiani.

Un vero e proprio Vietnam. Casini vorrebbe portarsi dietro 7/8 giovani promesse ma ormai la base del partito è alla vigilia di iniziative anche clamorose tanto che si appresterebbero a rivendicare primarie ovunque per tutti i candidati di Camera e Senato, una situazione sempre più incontrollabile e imprevedibile accentuata da altri due elementi:

1. Casini vuole disfarsi completamente del simbolo e si è impegnato a regalarlo a Paolo Cirino Pomicino, che sta ricostituendo per l'occasione la Democrazia Cristiana;

2. Più saranno i deputati e senatori uscenti a non essere candidati, più questi inviteranno i propri elettori a votare per altri partiti e dunque le percentuali finali sono destinate ad essere molto inferiori rispetto alle stime dei sondaggi.

E con chi viene sostituito questo personale politico? Con gente alla Nicola Rossi che nel suo paese ha presentato di recente una lista alle elezioni comunali "Canosa Futura" ed ha preso 0 seggi?

Infastidito, distaccato, lontano, il Calta-suocero si interroga ormai se tutte queste giravolte del genero non pesino ormai molto negativamente sui suoi affari.

 

 

berlusconi_casinicasini berlusconiALFANO BERLUSCONI CASINI BERSANI PIERFERDINANDO CASINI E PIERLUIGI BERSANI bersani casini PIERFERDINANDO CASINI E LUCA DI MONTEZEMOLO PIERFERDINANDO CASINI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO Andrea Riccardi Casini e FiniCORRADO PASSERA PIERFERDINANDO CASINI LORENZO CESA