RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera - Estratti
«Tacere era viltà». Gaetano Silvestri, presidente emerito della Corte costituzionale, è uno degli oltre 180 giuristi che hanno firmato l’appello contro la riforma del premierato, proposto da Articolo 21 sulla scia delle preoccupazioni espresse in Aula da Liliana Segre, «affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli».
Ma perché tanta preoccupazione? Spiega Silvestri: «Il problema di fondo non sono i tecnicismi, ma il fatto che si prefigura o un dualismo paralizzante tra presidente del Consiglio e Parlamento, muniti della stessa legittimazione del voto popolare, oppure il fatto che si va verso l’autoritarismo del presidente del Consiglio che con la legge elettorale mette al guinzaglio il Parlamento creando artificiosamente la maggioranza con un premio.
giorgia meloni conferenza stampa finale del g7 di borgo egnazia 2
Si crea così l’equilibrio del terrore: il Parlamento non osa mettersi contro il presidente del Consiglio che può mandarlo a casa, senza che il presidente della Repubblica, divenuto una figura sfocata, ci possa fare niente».
Da lì, l’idea di Silvestri di mettersi a fianco di Segre, che «memore della sua esperienza vede ricomparire fantasmi». Per Silvestri la stabilità «dipende da fattori politici, non istituzionali. E in mancanza di una personalità politica in grado di federare la stabilità non c’è. Si tenta di introdurre in maniera artificiosa un’omogeneità politica che nei fatti non esiste». Né tiene, dice, il parallelo con gli Usa: «Lì esiste uno spirito pragmatico che impedisce portare i conflitti fino in fondo. Da noi i segnali vanno in altra direzione».
Fulco Lanchester, professore emerito di Diritto costituzionale e comparato alla Sapienza, va al punto: «Il progetto del premierato è uno scivolamento verso soluzioni da democrazia illiberale. Lo disse già Gaetano Mosca nel ‘25 al Senato contro la legge Mussolini sul primo ministro e segretario di Stato cui si collegò la legge elettorale plebiscitaria del ‘28».
Il rischio, secondo Lanchester, è che si violi il principio della separazione dei poteri: «Si dà la possibilità alla maggioranza del presidente del Consiglio di incidere sul legislativo, a sua discrezione, e mettere in pericolo gli organi di garanzia costituzionale: il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. In più il ddl viola il divieto di mandato imperativo (art. 67) perché i parlamentari non hanno lo possibilità di mutare posizione.
L’unico esempio comparabile con il progetto di elezione diretta del presidente del Consiglio del resto è quello adottato negli anni ‘90 in Israele, ma fallì».
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