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Mattia Feltri per "La Stampa"
Qui a Siena - dicevano ieri sera - abbiamo grandi problemi. Un grande problema è la cultura che è importante e dà pure da mangiare. Un problema ancora più grande, dicevano, è l'occupazione giovanile senza la quale non c'è futuro. Il problema peggiore è però lo sviluppo e insomma si è andati avanti così, come in Johnny Stecchino di Roberto Benigni: là non si pronunciava la parola mafia come qui non si pronunciavano le tre paroline magiche: Monte dei Paschi.
Giusto un accenno del segretario provinciale del Pd, uno col nome ambizioso: Niccolò Guicciardini. Un riferimento agile del candidato sindaco Bruno Valentini (già alla guida del comune di Monteriggioni). Ma c'è voluta un'ora abbondante perché qualcuno si prendesse la responsabilità di mettere bocca alla questione unica della campagna elettorale: il controllo della banca. E costui è stato Guglielmo Epifani.
Davanti a trecentocinquanta, forse quattrocento persone, praticamente un'assemblea di partito allargata e radunata nell'aula magna dell'Università per stranieri, il neosegretario nazionale ha enunciato un concetto accolto in un silenzio forse rassegnato: «La nostra responsabilità , non quella penale di cui si occupano i magistrati, ma quella politica, è stata di non aver capito, quando fu presa Antonveneta, che se cresci e diventi una banca di rilievo internazionale non puoi conservare una forma di governo che avevi quando la banca era tua. Questo non è stato capito anche perché voleva dire mettere quote sul mercato e perdere parte del controllo della banca stessa».
Un passo indietro. La campagna elettorale, qui come nel resto d'Italia e del mondo, si disputa attorno al controllo del termine catartico «cambiamento».
«E' ora di cambiare», dice il candidato di centrodestra Eugenio Neri. Siccome il cambiamento non basta, serve quello vero: «Il coraggio del vero cambiamento», ribatte Alessandro Corsini alla testa della Lista 53100, che raduna un po' di sinistra Vip e si chiama così, temerariamente, perché 53100 è il Cap di Siena e «individua lo spazio urbano della città ». Se «vero» pare poco, «Siena cambi davvero», secondo lo slogan del vincitore del primarie del Pd, il già citato Valentini. E però a Siena il concetto di cambiamento avrebbe anche risvolti meno fumosi se applicato alla questione della banca.
Il cuore della campagna elettorale è una piccola percentuale: 4 per cento. A tanto si limita il diritto di voto dei soci che partecipano (con qualsiasi quota) alla proprietà del Monte dei Paschi. E' stato il sistema perfetto per mantenere la senesità dell'istituto nonostante andasse alla conquista dei mercati planetari. E tuttavia tanto desiderio di cambiamento non si coniuga con l'atto concreto. Neri (il candidato di centrodestra che però non ha il Pdl fra i sostenitori perché qui il Pdl non si presenta: tanto è un marchio che non funziona) lo ha detto senza girarci attorno: «E' il modo per desenesizzare la banca».
Valentini sin qui si era tenuto sul vago: forse sì, forse no, non subito (il Movimento cinque stelle non partecipa al dibattito, tanto vuole nazionalizzare il Montepaschi e non se ne parli più), finché ieri sera non ha lasciato a Epifani il disbrigo della faccenda. «Siena non avrà più della banca i ritorni che ha avuto per decenni. Il rapporto fra banca e territorio è cambiato per sempre». Cambiato. Il cambiamento arriva anche da solo.
Basta conoscere un poco la città per comprendere come mai un renziano come Valentini vada così d'accordo con Epifani. Qui i vincoli sono complicati, di struttura medievale, governati da alleanze improvvise e improvvisamente salde, o altrettanto improvvisamente volatili.
Valentini, per esempio, ha vinto le primarie anche grazie ai voti di Alberto Monaci, democristiano, deputato nella legislatura 1987-92 pre Tangentopoli, potentissimo capoccia locale e ora presidente del consiglio regionale toscano: è lui che ha impedito a Matteo Renzi di presentarsi in Parlamento come grande elettore del presidente della Repubblica. Monaci ha uno storico rivale: Franco Ceccuzzi, deputato dal 2006 (governo Prodi) sino allo scorso febbraio.
Ecco: anche Ceccuzzi si è schierato con Valentini. L'improvvisa convergenza di tutte le fazioni del Pd senese coincidono col momento peggiore della storia della sinistra, padrona da sempre della città : alle ultime Politiche, il Pd ha preso il 36 per cento, una percentuale che oggi gli garantirebbe giusto il ballottaggio. Ed è al ballottaggio che ci si prepara. Sarà col centrodestra oppure col M5S. L'importante ora è vincere e tenersi la banca, per quanta ne resti.
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