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Paolo Colonnello per "La Stampa"
à come una bomba ad orologeria innescata tre anni fa, di cui si era quasi persa memoria e che potrebbe deflagrare sui processi milanesi che interessano Silvio Berlusconi, trovando la cosiddetta «quadratura del cerchio» a proposito dello «scudo giudiziario» invocato dal Cavaliere per il nuovo corso legislativo.
Si tratta della sentenza della Corte Costituzionale che nelle prossime ore dovrà decidere sul conflitto di competenza sollevato nel marzo 2010 dalla Presidenza del Consiglio, retta all'epoca da Berlusconi, per un legittimo impedimento negato all'allora imputato Berlusconi durante il processo di primo grado sui diritti televisivi Mediaset.
Se la sentenza costituzionale, attesa per oggi, dovesse dare ragione alla Presidenza del Consiglio, il processo Mediaset arrivato ormai a un passo dalla fine del secondo grado, e sospeso poco prima delle elezioni, potrebbe addirittura ricominciare da capo bruciando così i tempi di prescrizione che ne prevedono l'estinzione nella primavera del 2014.
Si allontanerebbe in questo modo definitivamente per Berlusconi lo spettro di una condanna definitiva a 4 anni (di cui però 3 condonati) per frode fiscale che, insieme alla pena accessoria di 5 anni d'interdizione dai pubblici uffici, una volta confermata la sentenza anche in Cassazione nell'ottobre prossimo, lo vedrebbero decadere automaticamente dallo scranno di senatore e dunque dalla vita politica del Paese, così come vuole la legge varata nel dicembre scorso dal Governo Monti.
La storia è semplice: nell'udienza del 1° marzo 2010, gli avvocati dell'allora premier chiesero un rinvio dell'udienza per una concomitante riunione della presidenza del Consiglio. Questa era stata però fissata dopo il calendario processuale stabilito con le stesse difese che avevano dato come unica data disponibile proprio il 1° marzo.
Il presidente del tribunale, Edoardo D'Avossa, negò la sospensione e la Presidenza del Consiglio sollevò il conflitto davanti alla Consulta. Il processo, come si sa, andò a sentenza con una condanna. L'appello è stato sospeso poco prima delle elezioni: prima per la campagna elettorale e poi per un nuovo ricorso, questa volta in Cassazione, per legittima suspicione e relativa remissione degli atti a Brescia.
I condizionali però sono d'obbligo. La Consulta potrebbe dare ragione ai giudici, ma potrebbe anche annullare la sola udienza del 1° marzo 2010 rimandando alla Corte d'Appello, di valutarne l'impatto: annullamento del processo di primo grado, oppure ripetizione in sede d'appello dell'attività istruttoria svolta il 1° marzo 2010. Ma se così non fosse, Berlusconi avrebbe risolto la prima delle sue «incompatibilità » e gli rimarrebbe da affrontare solo il processo Ruby che però è ancora in primo grado e per il quale, a scanso di equivoci, ha già chiesto la remissione a Brescia.
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