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Diego Gabutti per “Italia Oggi” - Estratti
silvio berlusconi brindisi alla figa
Come i tycoon della Silicon Valley – che fanno conto sulla «singolarità», quando potranno disincarnarsi (e al contempo reincarnarsi) con un tuffo a scapicollo nell’iperspazio dei computer – anche Berlusconi (o «il Caimano», «Papi», «il Cav», «Sua Emittenza», «lo Psiconano») puntava all’immortalità. Naturalmente non l’ha raggiunta.
(...)
Dei reati immaginari, da dossier tarocco e da fattismo quotidiano incorreggibile, dei quali fu accusato (l’evasione fiscale, il concorso interno oltre che esterno, le corna, i cucù, gl’inguacchi con le Olgettine, tra cui «una nipote di Mubarak») si è persa proprio la memoria. A metà di queste accuse non ha mai creduto nessuno, compresi gli stessi accusatori; e l’altra metà non ha mai destato alcuno scandalo, ma giusto un po’ d’imbarazzo: quel vecchio reprobo – lui e il suo ridicolo «burlesque» del dopocena.
Eppure, qualcosa d’imperdonabile rimane, come racconta Andrea Minuz in C’eravamo tanto odiati, allegro e ficcante pamphlet arcitaliano. C’è infatti un lato irriducibilmente oscuro della stagione berlusconiana: l’antiberlusconismo à la mode.
Era l’epoca in cui mezz’Italia (e quasi tutt’intere le sue gazzette) straparlavano di fascismo risorgente, l’epoca in cui la sinistra era santificata e gli asini volavano. Mancando di proprie virtù riconoscibili, e convinta di potersi definire almeno in negativo, attribuendo un’identità fantastica (e di comodo) al proprio nemico, la sinistra finì per perdersi nel bosco, dove ancora oggi vaga smemorata e piagnucolante, sempre sul punto di finire nel pentolone (vedi Schlein, vedi Conte) del primo cannibale che passa.
Se non ci fosse stato Berlusconi a chiamarli «comunisti», per quanto poco lo fossero, gli esponenti della «società civile», del «ceto medio riflessivo», dell’Italia «antropologicamente superiore» sarebbero svaniti nell’aria come cattivi pensieri.
Minuz racconta che «[il regista] Ettore Scola diceva: “Berlusconi chiama comunista tutto quello che non gli piace” (avendo anche ragione, a patto di ricordare che [a sinistra usavano] fascista allo stesso modo, e con più disinvoltura)». Proprio in quanto «comunisti» (cosa che loro naturalmente negavano, ma schernendosi, come si fa con i complimenti forse immeritati ma graditi, e persino un po’ dovuti) gli elettori di sinistra erano misericordiosamente tenuti in gara dal Cav. Invece di ringraziarlo, lo volevano in galera, e gli davano del cafone, del vandeano, del plebeo (a sinistra, ammainata la bandiera rossa dalle cupole d’oro di Mosca, «plebeo» era diventato il peggiore degl’insulti).
silvio berlusconi e bettino craxi
Dicevano d’odiarlo perché non se lo sapevano spiegare. «Berluskaz» era un bel mysterium, infatti. Era incomprensibile persino agli occhi di Bettino Craxi, un suo amicone, che da esule in Tunisia, dopo le elezioni del 1994, una volta disse: «Noialtri ci siamo fatti per 40 anni un mazzo così per prendere il 10%, poi arriva questo e bum bum bum!».
Forse lo capì meglio d’ogni altro il fan dadaista che un giorno l’apostrofò con un sonoro: «Silvio, sei una bella figa!» Berlusconi sorrise – un sorriso da «Squalo» contento.
Andrea Minuz, C’eravamo tanto odiati. Breve storia dell’antiberlusconismo, Il Mulino 2024, pp. 130, 11,00 euro, eBook 7,99 euro.
CRAXI BERLUSCONIsilvio berlusconi ricorda bettino craxibettino craxi silvio berlusconi primi anni 80silvio berlusconi e bettino craxi 1984bettino craxi silvio berlusconi primi anni 80 (3)berlusconi craxibettino craxi silvio berlusconi primi anni 80bettino craxi silvio berlusconisilvio berlusconi vagina
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