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Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Durante la campagna elettorale del 2013, l’allora candidato Bill de Blasio sospettava che la polizia di New York lo spiasse. Pensava che avessero piazzato le cimici nella sua stessa auto di servizio, e ne era così convinto che quando doveva discutere con i suoi collaboratori qualche tema delicato, scendeva in strada.
Questa rivelazione, fatta dal sito «Politico», spiega quanto sia antica e profonda la diffidenza fra l’attuale sindaco e il New York Police Department e chiarisce perché il rapporto si sia incrinato alla prima crisi, prima ancora dell’omicidio degli agenti Liu e Ramos a Brooklyn.
bratton i coniugi de blasio e il cardinale timothy dolan
Un rapporto incrinato
De Blasio viene da una tradizione liberal che è sempre stata critica delle forze dell’ordine. A questo, nel suo caso, si è aggiunta l’esperienza personale di aver sposato una donna nera e allevato figli mulatti. Come ha detto lui stesso, facendo infuriare gli agenti, ha dovuto educare in particolare il figlio Dante su come difendersi ed evitare guai.
Un punto fondamentale della sua campagna elettorale consisteva proprio nel cambiare le linee seguite dalla polizia durante i mandati di Giuliani e Bloomberg, cominciando dalla fine della pratica dello «stop-and-frisk», ossia l’abitudine della polizia di fermare e perquisire in strada soprattutto i neri, considerandoli pregiudizialmente pericolosi.
Ritorno all’era Giuliani
Per farlo aveva preso un capo del Dipartimento collaudato come Bill Bratton, che era stato il primo Police Commissioner di Giuliani. Scegliendo lui, de Blasio sperava di mantenere la fedeltà dei poliziotti e la loro efficienza nella lotta al crimine, e nello stesso tempo avviare i cambiamenti necessari a riconciliarli con le minoranze in crescita nella città.
protesters march in the street as lightning flashes in the distance in ferguson
Era una necessità demografica, ma anche politica, perché il 72% dei voti che il nuovo sindaco aveva ricevuto l’anno scorso venivano in gran parte dalla comunità nera e da quella ispanica, e quindi doveva rispondere alle loro esigenze.
Inoltre lo stesso Dipartimento di polizia stava cambiando, a causa di questo mutamento della popolazione. Gli agenti ispanici, asiatici e neri stavano aumentando, rispetto alla tradizionale maggioranza bianca di origine irlandese e italiana, e questo offriva una potenziale sponda politica interna alle riforma volute da de Blasio. Il sindaco voleva cambiare delle policy, ma non a scapito della sicurezza, altrimenti avrebbe fatto rimpiangere Giuliani e Bloomberg.
Il fiasco dopo Ferguson
L’intera operazione, però, gli è scoppiata in mano a partire da Ferguson e da tutti gli episodi successivi, come l’ultimo avvenuto a Milwaukee, dove un altro agente bianco non è stato incriminato per la morte di un nero. Le tensioni razziali esplose in Missouri infatti sono rimbalzate subito a New York, a causa della morte di Eric Garner.
BILL DE BLASIO LA FESTA DOPO LELEZIONE A SINDACO DI NEW YORK
Molti hanno rimproverato anche a de Blasio di aver scelto come consigliere Al Sharpton, il reverendo nero che ha una storia di estremismo e di contrasti con la polizia alle spalle. Il sindaco ha cercato ancora di camminare sulla fune di equilibrio, difendendo il diritto dei manifestanti a scendere in piazza, proprio per evitare il ripetersi di violenze come a Ferguson, ma evitando di condannare il comportamento degli agenti.
I poliziotti e il loro sindacato non ci hanno mai creduto. La storia personale di de Blasio ha finito per aver più peso della sue intenzioni politiche, e ora anche gli elettori bianchi gli voltano le spalle.
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