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Gaia Terzulli per https://www.open.online
«Mi dispiace che i sardi si siano offesi. Non ho nulla contro la Barbagia. Ma le reazioni alla mia proposta di mettere i clandestini in una zona sotto abitata dimostrano comunque che i clandestini non li vuole nessuno». Così ha parlato all’Ansa il sindaco di Como Alessandro Rapinese, tentando di ricalibrare il tiro di un’affermazione che gli è costata una valanga di critiche: «Se io fossi il legislatore – aveva detto – non consentirei la libera circolazione a chi non ha i documenti in regola. E mentre si attende che vengano rimpatriati, ci sono ampie zone deserte della Barbagia che potrebbero ospitarli».
Il putiferio non aveva tardato a scatenarsi, con una sfilza di strigliate pervenute, per la maggior parte, da deputati, consiglieri e sindaci sardi. Ma quella incautamente utilizzata da Rapinese sarebbe stata solo «un’iperbole per far capire che, nelle zone densamente abitate, queste persone (i clandestini, ndr) fanno disastri», ha spiegato il sindaco.
La difesa del sindaco
Che non ha però rinunciato a lamentare la mala gestione di un problema non solo italiano, l’immigrazione. «Va controllata e gestita, il parlamento ne prenda atto – ha esortato – il mio territorio ha pagato prezzi altissimi, essendo terra di frontiera. Qui da noi sono noti i fatti, la cronaca purtroppo racconta spesso episodi di estrema violenza. Ci ricordiamo tutti cosa è successo con don Roberto Malgesini», ucciso da un immigrato a cui forniva aiuto a Como nel 2020.
«Il mio Comune non ne può più, spendiamo quattro milioni e mezzo per l’accoglienza dei minori non accompagnati – ha proseguito il sindaco, eletto alle ultime Comunali con una lista civica contro l’avversaria di centrosinistra – nessuno paga quanto Como. Siamo massacrati dalla gestione allegra dell’immigrazione: lo capiscano a Roma. Sono tutti a bravi a parlare di accoglienza», ma il Comune di Como «dovrà reperire altri soldi per coprire un fenomeno sul quale Roma fa finta di niente». Poi, la stoccata finale: «La prossima volta proporrò di trasferirli su qualche vetta di montagna a tremila metri. O a Capalbio, località dove saranno accolti con tutti gli onori».
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