
DAGOREPORT – QUESTA VOLTA PAPA FRANCESCO HA RISCHIATO DAVVERO DI MORIRE, ED È STATO RIPRESO PER LO…
DAGOREPORT - LA SITUAZIONE DEL GOVERNO MELONI È GRAVE. PROBABILMENTE NON SERIA, MA DISPERATA SÌ - SE L’ESCALATION DEL SALVINISMO TRUMPUTINIANO FA IMBUFALIRE TAJANI (“POPULISTI QUAQUARAQUÀ”), FA PRUDERE MANI E GOMITI A UNA DUCETTA MALCONCIA, FINITA NEL CONO D’OMBRA DI TRUMP-MUSK, CHE ASPETTA SOLO LA CONFERMA DI SALVINI A CAPO DELLA LEGA, IL 6 APRILE, POI “LA PAZIENZA FINISCE” - IL GIORNO PIÙ DOLOROSO DELLA MELONA ARRIVERÀ INFATTI QUATTRO GIORNI PRIMA: IL 2 APRILE, QUANDO TRUMP ANNUNCERÀ I FAMIGERATI DAZI USA E MELONI DOVRÀ DECIDERE SE STARE CON WASHINGTON O CON BRUXELLES - IN ATTESA DEL GIORNO DEL GIUDIZIO, SI FANNO SEMPRE PIÙ FITTE E FORTI VOCI E MUGUGNI DI UNA DE-SALVINIZZAZIONE DEL GOVERNO CHE PREFIGURANO UNA PROSSIMA CRISI E IL VOTO ANTICIPATO NEI PRIMI MESI DEL 2026 - L’APERTURA DELLE URNE DIPENDERÀ PERÒ DA ALTRI DUE FATTORI: I DATI DEI SONDAGGI E IL VOTO INCERTISSIMO, PREVISTO PER IL PROSSIMO OTTOBRE, IN CINQUE REGIONI…
DAGOREPORT
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E ANTONIO TAJANI A GENOVA
La situazione è grave. Probabilmente non seria, ma disperata sì. Lo si capisce non appena l’occhio cade sulle cronache politiche di giornata di “Repubblica” e “La Stampa”, ma lo certifica oggi anche il filo governativo “Corriere della Sera”: “La maggioranza è spaccata, in politica estera e non solo”.
L’escalation del salvinismo in politica estera infiamma gli otoliti della “Fiamma Magica” di Palazzo Chigi, sospettosissima che il novello asse Musk-Salvini ricalchi in Italia l’operazione in terra tedesca dove, grazie ai finanziamenti di Putin e dell’estrema destra Usa, i nazistelli di AFD sono volati al 20,7%, diventando il secondo partito nazionale dietro Cdu/Csu al 28,5%. Senza contare che il salvinismo trumputiniano sta diventando sgradevolissimo a livello europeo.
Tra un “matto” a Macron e un “vaffa” a Ursula, gli Europoteri, già ostili al gioco delle “due staffe” di Giorgia Meloni (sta con l’Ue o con gli Usa?), hanno messo nel mirino anche il suo alleato di governo, l’ex Truce del Papeete: “Sono preoccupato che Salvini e gli altri Patrioti ammirino Trump’’, ha avvertito Manfred Weber. Il presidente del Partito Popolare Europeo oggi è più che mai, insieme a Ursula, al fianco del cancelliere entrante Friedrich Merz: “Il presidente degli Stati Uniti ora vuole imporre i dazi contro i prodotti europei e per noi rappresenta una sfida”.
Come rispondere alle sparate trumputiniane di Salvini (ultimo esempio, la telefonata con il vicepresidente americano JD Vance), che ogni giorno scavalca a destra Giorgia Meloni, caduta nel cono d’ombra di Trump e in disgrazia con il suo amico di Atrejus, Elon Musk, a causa del mancato contrattone con Starlink?
Agli eccessi del segretario della Lega, si aggiungono le spacconate dei suoi: Claudio Durigon ha preso per il culo il ministro degli Esteri Tajani consigliandogli di farsi aiutare in politica estera da Salvini. E’ ormai chiaro: a furia di provocazioni, si sta consumando una frattura all’interno del governo Meloni.
Dentro Forza Italia e Fratelli d’Italia si fa strada la convinzione sempre più netta che occorra mettere subito guinzaglio e museruola al “cane matto” lombardo, abilissimo a tirare la corda dell’alleanza fino all’ultimo senza far cadere il governo. Uno scaltro gioco al rialzo che gli permette di ottenere posti di comando e visibilità con il chiaro obiettivo di riportare consensi alla Lega, finita alle Europee sotto il partito fondato da Berlusconi, malgrado quell’1-2% portato in dote dal generale Vannacci.
antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse
E come si “de-salvinizza” il governo? Tajani ha risposto a muso duro liquidando la Lega come “un partito populista di quaquaraquà”, al convegno voluto da Marina Berlusconi a Milano, "Forza Europa".
La Statista della s-Garbatella, invece, ha chiesto ai suoi camerati di portare “più pazienza del solito” con Salvini. “Lasciatelo fare fino al congresso della Lega”, il 6 aprile, poi “la pazienza finisce”.
Il giorno più difficile e doloroso della Melona arriverà, infatti, quattro giorni prima della conferma di Salvini: il 2 aprile Trump annuncerà i famigerati dazi Usa sui prodotti europei. Già angosciata per l’indifferenza di Washington alle sue suppliche di un incontro entro marzo col ‘’Dazista”, il 2 aprile Meloni dovrà decidere se stare con le tariffe di Washington, che rischiano di mandare a gambe in aria l’economia italiana, o con le contromisure che prenderà Bruxelles (che lei chiama “rappresaglie”).
E’ chiaro che una contrazione dell’export italiano in Usa non potrà non avere serie conseguenze anche sul piano politico del consenso per FdI (già il mondo dell’agricoltura e della produzione di pasta e vini della meloniana Coldiretti è sul piede di guerra, pronta ad abbandonare la Meloni delle “due staffe” per l’europeismo senza tentennamenti di Forza Italia).
In attesa del giorno del giudizio sui dazi, quando i nodi del camaleontismo meloniano arriveranno al pettine, e di fronte alle sportellate continue di Salvini agli alleati di governo, in Fratelli d’Italia e Forza Italia si fanno sempre più fitte le voci che prefigurano una crisi di governo con voto anticipato nei primi mesi del 2026.
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
Un segnale arriva dallo stesso Tajani, come riporta il “Corriere” oggi: “Raccontano fonti di Forza Italia che il segretario, i cui rapporti con la leader di FdI sono in questa fase ‘’molto buoni’’, ha scandito parole che hanno il sapore di un ultimatum: ‘Giorgia, sai che noi saremo sempre leali, difendiamo l’esecutivo e lavoriamo per la stabilità. Ma se dal 6 aprile Salvini continuerà ad attaccarci, saremo costretti a chiedere una verifica di governo…’”.
Ed è ben noto a tutti che nella storia della Repubblica italiana “una verifica di governo” si sa come inizia ma non si sa mai come finisce. Una volta sbattuto Salvini alle corde e picchiato a due mani (Meloni e Tajani) mandandolo ko, magari con un rimpasto dell’esecutivo che spenga le sue “esondazioni”, il probabilissimo esito è l’uscita dalla maggioranza del Carroccio, voto di sfiducia in Parlamento ed elezioni anticipate all’inizio del 2026
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
Attenzione, però: la fine anticipata del governo Meloni dipenderà anche da altri due fattori, che vanno al di là delle escandescenze di Trump e di Salvini. Il primo è legato ovviamente ai sondaggi: una decrescita infelice di Fratelli d’Italia in conseguenza del dazismo americano metterebbe il turbo al voto anticipato.
Il secondo punto che potrebbe far saltare il banco sarà il voto, previsto per il prossimo autunno (ottobre?), di cinque Regioni. Toscana, Campania, Marche, Puglia e Veneto chiameranno oltre 17 milioni di cittadini alle urne e diventano un banco di prova importantissimo per la tenuta del governo Meloni.
JORDAN BARDELLA VIKTOR ORBAN MATTEO SALVINI MARINE LE PEN
Tranne la Toscana guidata da Eugenio Giani, da sempre “rossa”, le altre quattro regioni sono tutte contendibili dai due schieramenti. In Puglia, la vittoria del Pd sarebbe certa solo nel caso in cui si candidasse l’europarlamentare Decaro. In Campania, la sinistra sta affannosamente cercando un accordo con l’uscente Vincenzo De Luca per proporre un candidato che possa attrarre il bacino vincente di voti in mano allo “Sceriffo di Salerno”.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
In bilico sono anche le Marche, dove l’attuale presidente Francesco Acquaroli, sostenuto da Fratelli d’Italia, ha combinato ben poco e dovrà vedersela probabilmente con Matteo Ricci, già applaudito sindaco Pd a Pesaro.
In Veneto, visto che non può candidarsi per la terza volta Zaia, molti elettori leghisti sarebbero propensi ad astenersi o a votare a sinistra (Padova e Verona sono già in mano al Pd), anziché Luca De Carlo, candidato sostenuto da Fratelli d’Italia.
MATTEO SALVINI - LUCA ZAIA - FOTO LAPRESSE
Se la destra-centro a ottobre subisse uno smacco, si spalancherebbero le porte alla crisi e al voto nel 2026. Ma una volta ‘’estirpato’’ dal governo, dove andrà Salvini? Dato il nostro attuale e disgraziato sistema elettorale, la Lega con chi si coalizza per sopravvivere? La perdita di potere, cioè posti e prebende, sarebbe tossica, ed è probabile che l’irrequieto leader leghista sarà costretto a piegare il capino, nell’intervallo tra crisi e urne, a Meloni e Tajani.
VINCENZO DE LUCA VS ELLY SCHLEIN - ILLUSTRAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO
luca zaia salvini
matteo ricci goffredo bettini
giorgia meloni francesco acquaroli
DECARO SCHLEIN
orban salvini le pen
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