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Tommaso Labate per “il Corriere della Sera”
INCONTRO BERLUSCONI DE MAGISTRIS
«Dobbiamo intervenire sulla legge Severino prima che si pronunci la Consulta». La prima mossa la fanno i tecnici di Palazzo Chigi, dopo che il Tar della Campania ha rimesso alla Consulta il giudizio di legittimità sulla sospensione di Luigi de Magistris. Il rischio che la Corte dichiari incostituzionale una parte della legge che aveva portato alla decadenza di Silvio Berlusconi, è la riflessione che fanno gli sherpa del governo, è troppo alto. E soprattutto, è la subordinata «politica», un’eventuale bocciatura della norma avrebbe una portata tale da scombinare tutti i rapporti di forza, a cominciare da quelli su cui si basa il patto del Nazareno.
La pratica (anticipata ieri da Repubblica) passa da Palazzo Chigi ai tecnici dei ministeri degli Interni e della Funzione pubblica. Non da quello della Giustizia, visto che i decreti attuativi della norma — al tramonto del governo Monti — erano passati per gli uffici allora guidati da Annamaria Cancellieri e da Filippo Patroni Griffi.
L’obiettivo è uno solo: modificare la parte della legge Severino che riguarda gli amministratori, eliminando per alcuni tipi di reato (come l’abuso d’ufficio del caso de Magistris) la sospensione dall’incarico. E i tempi? Strettissimi, visto che le modifiche potrebbero essere inserite in un ddl ad hoc o in uno di quei provvedimenti sulla giustizia che ancora aspettano «la bollinatura».
Sembra una partita agevole, da condurre in porto a colpi di maggioranza e — visto che l’aspetto della retroattività che ha colpito Berlusconi è fuori dalle modifiche — senza i voti di Forza Italia. E invece, un po’ a sorpresa, proprio gli azzurri aprono al dialogo. E lo fanno con la senatrice Mariarosaria Rossi, braccio destro dell’ex Cavaliere.
«Il caso de Magistris dimostra come la legge Severino non funzioni affatto. Non è possibile lasciare l’amministrazione di una città come Napoli, e a maggior ragione il governo del Paese, nelle mani di interpretazioni, ricorsi, sentenze contraddittorie», scrive la senatrice in una nota.
E soprattutto aggiunge: «Il dialogo sulle riforme istituzionali deve comprendere anche questo tema. Delle piccole modifiche sarebbero sufficienti per mettere riparo a delle grandi ingiustizie. Come quella che ha purtroppo avuto come vittima il presidente Berlusconi».
In poche righe, insomma, non solo i vertici di Forza Italia propongono l’estensione del patto del Nazareno anche alla legge Severino. Ma, seppur nella cornice di «piccole modifiche», provano a inserire nella trattativa virtuale anche il tema della retroattività della legge. Lo stesso che aveva portato alla decadenza di Berlusconi, lo stesso che il governo prova a tenere fuori dai nuovi interventi.
L’accelerazione di Forza Italia fa breccia anche in alcuni settori della maggioranza. Basta sentire quel che dice l’alfaniano Enrico Costa, viceministro della Giustizia: «Sono d’accordo a intervenire sulla parte che riguarda gli amministratori colpiti da una sentenza di primo grado. Ma una volta che tocchiamo la legge Severino, dobbiamo intervenire su tutto quel che non va. E anche la retroattività è un tema».
Donatella Ferranti, capogruppo pd in commissione Giustizia, ovviamente non è di questo avviso. «Sia chiaro che qualsiasi modifica non può utilizzare l’ordinanza del Tar per rivedere la disciplina della decadenza per le condanne definitive per gravi reati. D’altro canto, il tema è solo la ragionevolezza della sospensione che segue a una condanna di primo grado per i soli amministratori. Chi confonde le due cose non ha chiari i principi che lo stesso Tar ha ribadito». La miccia è innescata, il tempo è poco e il rischio di uno scontro — a questo punto — diventa alto.
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