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Laura Cesaretti per "Il Giornale"
Tanto che i bersaniani, impegnati pancia a terra per sbarrare la strada a Matteo Renzi, in queste ore hanno intensificato il pressing: «La crisi è inevitabile, così Enrico non può reggere noi non possiamo sostenerlo, col Pdl che ci spara contro ogni giorno.
La crisi è inevitabile, e prima si vota meglio è se non vogliamo giocarci tutto il consenso», era il refrain che molti esponenti delle varie correnti si sono sentiti ripetere ieri dagli emissari dell'ex segretario. Corollario: inutile imbarcarci nel congresso visto che da qui a poco si voterà , Renzi si accontenti di fare il candidato premier e al partito resti Epifani.
Obiettivo di questa guerriglia dei sopravvissuti bersaniani? Mantenere il controllo dell'assetto interno, e - soprattutto - della formazione delle liste elettorali. Oggi si apre, in un clima caotico e confuso e senza alcun accordo raggiunto tra le varie componenti, per l'ostruzionismo dei bersaniani, l'Assemblea nazionale Pd che dovrebbe decidere le regole e fissare la data del congresso.
E il presidente del Consiglio, alla vigilia, manda una solenne letterina per dire che lui non ci sarà . E che nello scontro interno non parteggerà per nessuno anche se si impegna «sin d'ora a relazionarmi col segretario eletto, chiunque sia, con rispetto e unità d'intenti. Una rinuncia che mi costa», assicura, ma «reputo più serio - e indispensabile all'interesse dell'Italia e anche di questo partito - concentrarmi solo sull'attività di governo. Fare per bene il mio dovere e dare risposte ai problemi del paese».
E se lo mette per iscritto la sera prima, spiegano i suoi, è perché vuole che passi bello chiaro, nell'opinione pubblica, il messaggio che «mentre nel Pd voleranno gli stracci e si farà la lotta nel fango per il potere interno, Renzi sarà lì, a sporcarsi le mani, ma Enrico, invece, no: lui vola più alto e guarda altrove».
Con il sindaco di Firenze ormai è guerra fredda: «Non ci prendo neppure un caffè insieme se continua così», raccontano dica in privato Letta. Quella battuta del sindaco di Firenze sulla «seggiola» non è stata perdonata. Ma non è che con gli altri dirigenti del Pd i rapporti siano migliori: persino con il segretario Guglielmo Epifani, «l'unico di cui Enrico si fida» assicurano a Palazzo Chigi, ieri non correva buon sangue. Colpa di quell'intemerata contro Silvio Berlusconi che Epifani ha voluto fare ma che «non gli è riuscita bene», dicono sobriamente i lettiani. Tanto che ha finito per dare l'idea che a mettere in discussione il governo fosse lui, e non il Cavaliere. «Berlusconi è il solito geniaccio - sospira il renziano Guerini - sta al governo con il Pdl e all'opposizione con Forza Italia, e ad essere nei guai siamo come al solito noi».
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