DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
giuseppe conte alfonso bonafede
Alessandro Barbera per “la Stampa”
Kick the can down the road, dicono gli americani. Se c' è un problema da risolvere e non sai come fare, spostalo un po' più in là. Doveva essere conclave di maggioranza con il premier, ma la crisi iraniana avrebbe avuto il sopravvento.
Doveva essere (oggi) vertice di governo per discutere di come uscire dal blocco della prescrizione, ma è stato rinviato a giovedì. Riusciranno a prendere una decisione nelle prossime 48 ore o - come dicono in molti - ci sarà un altro rinvio?
Fatta eccezione per i Cinque Stelle, la riforma Bonafede che sospende i termini dopo la sentenza di primo grado non la vuole nessuno. Non il Pd, non Forza Italia, non i renziani, la disconosce persino Matteo Salvini, che pure l' aveva votata. Eppure è legge ed è entrata in vigore il primo gennaio.
Ora il partito di Zingaretti promette di presentare un suo disegno di legge, Italia Viva minaccia di votare la proposta del forzista Enrico Costa. Se non bastasse, stamattina Più Europa, Azione, Energie per l' Italia e Radicali faranno un presidio davanti a Montecitorio per chiederne l' immediata cancellazione.
giuseppe conte luigi di maio alfonso bonafede
La vicenda della prescrizione è la rappresentazione plastica di una maggioranza che - chiusa con difficoltà la Finanziaria - non sembra più in grado di decidere nulla, quasi in attesa degli eventi. Il primo: il 12 gennaio verranno presentate in Cassazione le firme dei 64 senatori che chiedono un referendum sulla riforma che taglia il numero dei parlamentari. Tre giorni dopo, il 15, la Corte Costituzionale entrerà in camera di Consiglio per decidere l' ammissibilità del referendum chiesto dalla Lega per cancellare la quota proporzionale e trasformare l' attuale sistema elettorale in un maggioritario puro.
Ciò avviene mentre la maggioranza discute una riforma che dovrebbe andare nella direzione esattamente opposta, ovvero verso un sistema più proporzionale dell' attuale: lo vogliono Pd e Cinque Stelle per evitare in futuro una maggioranza schiacciante Salvini-Meloni, lo invocano per ragioni di sopravvivenza Liberi e Uguali (o meglio lo spezzone che non ha nessuna intenzione di tornare nel Pd), Forza Italia e Italia Viva. Per chiarirsi le idee Zingaretti riunirà tutto il gruppo dirigente Pd in convento il 13 e 14 gennaio, nell' Abbazia San Marco Pastore a Contigliano, provincia di Rieti.
Il 26 gennaio sarà in ogni caso il momento della verità per la maggioranza giallorossa: il voto in Emilia- Romagna e Calabria. A quel punto si capirà se l' esperimento Zingaretti-Di Maio-Renzi abbia ancora motivo di esistere o se soccomberà all' eventuale urto del voto. Dopo di allora ci sarebbero comunque ottime ragioni per andare avanti: a primavera scadono centinaia di posti chiave nelle aziende pubbliche. Il potere concentrato in quattro di loro vale più di molti ministeri e un bel pezzo di politica estera: Eni, Enel, Poste, Leonardo.
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