DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
Lorenzo Lamperti per "La Stampa"
Da una parte Quad e Aukus, dall'altra Cina e Russia. Si delineano sempre di più gli opposti «schieramenti» nelle acque dell'Indo-Pacifico. Ieri un gruppo di dieci navi da guerra di Pechino e Mosca ha attraversato lo stretto di Tsugaru, che divide Honshu, il corpo principale dell'arcipelago giapponese, e Hokkaido, l'isola più vicina al territorio continentale russo.
Una lingua di mare che separa il mar del Giappone e l'oceano Pacifico già utilizzata in passato da unità navali straniere, ma mai in maniera congiunta da componenti di due diverse flotte militari.
VLADIMIR PUTIN XI JINPING BY EDOARDO BARALDI
Il transito non ha violato le acque territoriali giapponesi, che qui si estendono per sole 3 miglia nautiche invece delle tradizionali 12. Una scelta compiuta da Tokyo dopo la Seconda Guerra Mondiale, per consentire agli Usa di trasportare armi nucleari lungo lo stretto senza violare l'impegno giapponese alla non proliferazione.
Anche per questo, dopo il lancio del missile ipersonico da parte di Pechino, la mossa delle marine di Cina e Russia manda un altro messaggio simbolico a Washington e ai partner regionali, sottolineando una comunione di intenti strategica che mancava invece durante la Guerra fredda.
Un segnale anche per il Giappone, che dall'arrivo di Joe Biden sta progressivamente abbandonando i tradizionali toni felpati per assumere una postura più assertiva nei confronti di Pechino.
Tokyo ha dispute territoriali irrisolte con entrambi i vicini, sulle isole Senkaku/Diaoyu nel caso della Cina e sulle isole Curili nel caso della Russia. Soprattutto nel primo caso, gli incroci pericolosi sono in aumento, tanto che il Giappone ha da poco approvato un budget difensivo da record per il 2022.
Fonti del ministero della Difesa giapponese citate dal «South China Morning Post» temono che il passaggio nello stretto di Tsugaru possa essere solo il primo di una serie, in una sorta di nuova normalità che Pechino sta cercando di imporre già su altri teatri, per esempio con l'estensione della cosiddetta zona grigia militare intorno a Taiwan.
I rapporti tra Cina e Russia continuano a rafforzarsi, con la partnership marittima che sta sempre più accompagnando quella più tradizionale sul fronte eurasiatico. Nei giorni scorsi è stata condotta un'esercitazione militare congiunta nel mar del Giappone. Ad agosto era stato compiuto un test su larga scala nella regione autonoma cinese dello Ningxia, con diecimila truppe di terra e forze aeree.
Anche l'allineamento diplomatico appare di vasta portata. Nei giorni scorsi sia il ministro degli Esteri Sergej Lavrov sia Putin hanno appoggiato le rivendicazioni cinesi su Taiwan.
Si sta svolgendo a Mosca un summit sull'Afghanistan alla presenza di inviati di Cina, Pakistan, Iran, India, taleban e paesi dell'Asia centrale. Ma non degli Stati Uniti, che saltano anche l'appuntamento della "troika" allargata con Mosca, Pechino e Islamabad.
Dopo l'assenza di Putin e Xi Jinping al G20 straordinario sulla crisi afghana, un altro segnale che Cina e Russia si considerano i veri "kingmakers" della regione, senza bisogno di consultazioni coi paesi occidentali.
Il tutto mentre sul fronte commerciale Pechino continua ad aumentare le importazioni di carbone da Mosca per sopperire a quello australiano: +43% nei primi otto mesi del 2021, già prima della crisi energetica. La partnership tra Cina e Russia assomiglia sempre di più a un'alleanza, o almeno questo è il messaggio che Xi e Putin vogliono dare.
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