DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Bei per la Repubblica - Estratti
Sarà, come dice il padrone di casa, il cardinale Mauro Gambetti, che «questo è il tempo della nostalgia politica», ma è tornata una gran voglia di centro cattolico. Con le loro antenne nelle parrocchie e nell’associazioni, i preti l’hanno capito prima di tutti. E proprio alla politica, anzi alla “carità politica” come dicono loro, è dedicata l’ultima giornata di studio della fondazione “Fratelli tutti” in Vaticano. Ospite d’onore Romano Prodi. Invitato ma non pervenuto il nuovo protagonista del centro, Ernesto Maria Ruffini, che morettianamente ha preferito farsi notare con una vistosa assenza.
Comunque sempre lì si torna, a un fantomatico nuovo soggetto politico che riunisca i moderati di centrosinistra, ora che alla segreteria del Pd è salita Elly Schlein. In questi saloni, a cento metri da Santa Marta, si vola altissimo tra scenari globali e sfide geopolitiche.
Nella pausa caffè, il fondatore dell’Ulivo accetta però qualche domanda sul progetto di una Margherita 2.0, a patto che non gli si chieda della discesa in campo di Mr Fisco: «Di Ruffini non parlo».
Però di una cosa Prodi è convinto, il Pd non basta più, il partito-tenda che poteva ospitare insieme centristi e sinistra è un sogno del passato: «Per la verità io ho sempre pensato che fosse meglio una coalizione per tenere insieme culture diverse. Il ritorno a un “mono- partito” che punti da solo alla maggioranza degli elettori potrebbe anche essere un pio desiderio, ma ormai non esiste in nessuna parte d’Europa. Come fai a pensarlo? ».
Fine quindi della vocazione maggioritaria, via libera alla creazione di qualcosa di nuovo, per un centro-sinistra che torna a essere diviso da un trattino. «Le nostre società sono sempre più diseguali, più sfilacciate, divise tra colti e incolti, tra ricchi e poveri — aggiunge il Professore — e sempre più frammentate. L’unità del paese la potrebbe ottenere solo un dittatore ormai e nemmeno basterebbe».
E dunque si torna lì, alle fonti, alle antiche sorgenti. Come accade in Francia, dove per uscire dal caos parlamentare sono stati costretti ad affidarsi al vecchio democristiano François Bayrou. Prodi se la ride: «Io conosco personalmente solo tre francesi e ora due su tre sono diventati primo ministro: prima Michel Barnier e ora Bayrou. Ma Bayrou ce la farà, ne sono convinto, lui non si schianta.
Dopotutto è il prodotto migliore di una cultura precedente, quella democristiana». Eccola, la nostalgia della politica. «Un tempo — racconta Prodi — c’erano tra dc questi rapporti personali di amicizia, aveva un ruolo anche la Conferenza episcopale europea presieduta dal cardinal Martini, il mondo cattolico internazionale contava e le appartenenze si sentivano. Faccio un esempio: la prima volta che incontrai Helmut Kohl c’era un po’ di freddezza, io di centrosinistra, lui di centrodestra. Poi tutto si è sciolto quando abbiamo iniziato a parlare del teologo tedesco Romano Guardini, che entrambi avevamo letto da ragazzi».
E che ci sia bisogno di un ritorno a una cultura politica che si fondava sul «dialogo », lo dimostra il momento di crisi che sta vivendo l’Ue, schiacciata tra guerre e irrilevanza: «La democrazia europea — spiega Prodi davanti a circa trecento uditori — si sta suicidando perché si mostra come una casta chiusa. Se non si dà una vera struttura, a partire dalla fine del diritto di veto, rischia davvero di non avere più risposte».
Le ore scorrono, i partecipanti si dividono in gruppi di lavoro sotto la guida del gesuita padre Francesco Occhetta. Il cardinal Gambetti, presidente della fondazione Fratelli tutti e arciprete di San Pietro, mette le cose in chiaro.
Non si tratta di rifare la Dc. «Oggi non è tempo di politica nostalgica che permette di restare in una comfort zone, non serve costruire monumenti ai nostri padri, bisogna guardare avanti». I cattolici si devono dare una mossa, sembra esortare il cardinale, è passato il tempo di Ruini, della delega passiva ai teocon della destra per difendere i “valori non negoziabili”.
«Non si può stare a guardare cosa fanno ora i cosiddetti politici. Semmai è il tempo della nostalgia della politica, del ritorno allo spirito originario della politica democratica. È il tempo di occuparci l’uno degli altri, quello che proponiamo vuole essere il passaggio all’amore politico».
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