DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Stefano Folli per “la Repubblica”
C'è un aspetto della politica italiana che è ancora più preoccupante della crisi energetica e della recessione incombente. È lo squilibrio evidente tra maggioranza e opposizione. Certo, anche la prima è tutt' altro che compatta, come pretende di apparire; ma sull'altro versante si apre il vuoto. Il che determina un'anomalia del sistema, con drammatiche conseguenze per la salute della democrazia.
Nonostante la fase di riflessione che il segretario dimissionario intende garantire, o forse proprio per questo, il vuoto riguarda soprattutto il Pd: ossia quello che fino a poco tempo fa si presentava come il partito-asse, il garante appunto dell'equilibrio democratico. Viceversa, non tanto la sconfitta del 25 settembre quanto soprattutto il "dopo", l'incerta transizione, rivela un buco nero in cui tanti già si sono infilati con successo. Il risultato è una stagione nuova, sì, ma anche crescenti incognite accanto alla deformazione del rapporto fra maggioranza e opposizione.
La prima tende ad assumere posizioni radicali, quando non estremiste, ma la seconda supplisce alla debolezza della propria proposta politica attraverso un populismo confuso e quasi ostentato. E ovviamente non è la stessa cosa se la forza trainante dell'opposizione è un Partito Democratico che si considera figlio della vecchia "cultura della mediazione" - come si usa dire con espressione un po' per iniziati - che fu tipica della Prima Repubblica; o se al contrario quel fronte viene egemonizzato da una formazione priva di radici e indifferente alle ragioni della coerenza come è il M5S di Conte.
Non è un caso se il partito "contiano" rinasce ogni giorno come se il passato non esistesse. Il successo della manifestazione di Roma lo spinge ad esasperare questa caratteristica. Infatti non ottiene alcun risultato chi pensa di mettere in imbarazzo Conte ricordandogli che il suo gruppo ha votato in Parlamento per l'invio di armi all'Ucraina, vale a dire la misura che oggi contesta.
L'obiezione scivola come l'acqua sulla pietra perché il dialogo dell'ex premier è con la folla, non con i giornalisti. Quanto all'altra verità scomoda - i decreti anti-migranti firmati con Salvini al tempo del governo giallo-verde - , si preferisce sorvolare: ma in sostanza Conte e chi lo consiglia non sono troppo favorevoli a una politica di ingressi incontrollati. In questo dimostrano astuzia, perché non rinunciano ad ammiccare a un segmento dell'elettorato di destra.
ROMANO PRODI ENRICO LETTA - FESTA DELL UNITA BOLOGNA
E in fondo sanno che anche a sinistra c'è chi gradisce maggiore severità verso i nuovi arrivati. In definitiva, un'opposizione guidata dai 5S, magari in sintonia con un Pd che ha abbracciato con convinzione l'alleanza, lascerebbe a Giorgia Meloni la ragionevole speranza di governare a lungo. Il prezzo in tal caso sarebbe la scomparsa o la trasformazione del Pd e del centrosinistra come li abbiamo conosciuti in questi anni, a cominciare dall'Ulivo di Romano Prodi.
D'altra parte, a una rapida resurrezione del partito non crede quasi nessuno. Si avverte una sorta di rassegnazione e per misurarla basta vedere le reazioni bland e e poco convinte al caso Moratti a Milano ovvero alle grandi manovre che si delineano a Roma (vedi anche la nostra intervista ieri a Letizia Moratti e il relativo editoriale).
La capitale politica e la capitale economica: è chiaro che se il Pd riuscisse a guidare la riscossa in entrambe le città, avrebbe superato la crisi e si porrebbe di fronte al governo di destra come un'alternativa possibile. Altrimenti lo psicodramma è destinato ad avvitarsi in forme inarrestabili. La tenaglia Roma-Milano equivale per il Pd alla tenaglia Nord-Sud. La Dc e i partiti storici del passato avevano saputo gestire queste situazioni. Oggi tutti i dubbi sono legittimi.
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