DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Dall'articolo di Dexter Filkins per il ''New Yorker''
https://www.newyorker.com/magazine/2018/04/09/a-saudi-princes-quest-to-remake-the-middle-east
Traduzione di Almerico Bartoli per Dagospia
Qualche giorno dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, Jared Kushner, il suo senior advisor, si è messo subito al lavoro per rimodellare l’intero Medio Oriente.
Durante la campagna elettorale, Trump infatti aveva promesso una trasformazione radicale della regione. Steve Bannon ha spiegato di recente che il piano era quello di annientare fisicamente il califfato dell’Isis in Siria e in Iraq, – “non logorarlo, distruggerlo” – di ridimensionare l’influenza persiana nella scacchiera mediorientale, e costringere i paesi del Golfo a smettere di finanziare l’Islam radicale.”
L’iniziativa in Medio Oriente, sostiene Bannon, era uno dei pochi punti d’accordo dentro una Casa Bianca altrimenti molto divisa: “Io e Jared non avevamo la stessa opinione su diversi temi ma non su questo.”
mohammed bin salman al saud principe ereditario
Kushner, genero-consigliere di Trump, sebbene fosse stato messo a capo delle politiche della regione, non aveva alcuna esperienza diplomatica e tantomeno di Medio Oriente; a 36 anni, aveva passato la vita a occuparsi di immobili tra New York e il New Jersey, e da editore del ‘New York Observer’, una testata in declino. Ciononostante, un ex ufficiale della difesa che lavorò al suo fianco sostiene che avesse trovato il tempo per studiarsi la situazione: “Non ha una conoscenza scolastica di questi argomenti, quello che sa proviene quasi interamente dagli scambi avuti con alcune tra le persone più influenti in quella zona del mondo. Si possono leggere tutti i libri del mondo ma non sarà mai come il tipo di educazione che si può ricevere parlando ai Kissinger e ai Petraeus”
In una sala conferenza della Casa Bianca, Kushner si era incontrato con alcuni membri del Consiglio di Sicurezza. “Abbiamo preso la mappa e soppesato la situazione,” ha dichiarato l’ex ufficiale. Analizzando la regione, eravamo giunti alla conclusione che la parte settentrionale del Medio Oriente era ormai finita nelle mani dell’Iran. In Libano Hezbollah, cresciuto grazie al supporto iraniano, controlla il governo. In Siria, l’Iran ha aiutato a salvare il presidente Bashar al-Assad dalla disfatta militare e lo sta aiutando a ricostruirsi un futuro politico. In Iraq il governo, nominalmente pro-americano, si trova ugualmente sotto la forte influenza di Teheran. “Fatte queste considerazioni ci siamo chiesti: ‘Come procediamo?’ Con i nostri agganci in Israele e in Arabia Saudita. Non potremo mai avere successo nel Golfo senza i sauditi.”
re salman e mohammed bin salman
Ciò significava dunque invertire l’approccio sostenuto da Barack Obama, che, a differenza degli altri presidenti americani, ha tenuto i sauditi a distanza, accusandoli per la loro politica interna oppressiva - il trattamento delle donne - e il loro atteggiamento aggressivo verso l’Iran. Obama, in effetti, aveva sperato di creare una sorta di equilibrio tra Riyad e Teheran.
Nel marzo 2016, parlando al giornalista Jeffrey Goldberg, aveva detto che la condizione instabile del Medio Oriente “ci richiede di dire ai nostri amici, così come agli iraniani, di trovare un metodo efficace di condividere la regione e istituire qualche sorta di pace fredda.” Trump e Kushner però non volevano affatto questa distensione. “Avremmo fatto tutto il possibile pur di rafforzare le nostre relazioni con i sauditi,” ha detto l’ufficiale della difesa. In sintesi, ciò significava formare nuove alleanze col futuro erede alla corona dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman – noto alla Casa Bianca e al mondo mediorientale con l’acronimo MBS.
Bin Salman, nonostante i suoi 32 anni, è già una delle persone più potenti del Regno. Figlio dell’attuale monarca, è stato ministro della Difesa, presidente del Consiglio di Amministrazione che gestisce le casse del Regno, e secondo nella linea di successione al trono. In un paese governato a lungo da re anziani, MBS è un uomo giovane, alto e sfrenatamente ambizioso. Vuole svezzare il Regno dalla sua dipendenza insostenibile per il petrolio e diversificare l’economia.
Ha promesso che avrebbe posto fine all’accordo storico sulle politiche nazionali dell’Arabia Saudita, dove la famiglia reale - e la sua miriade di principi - si compravano l’opposizione permettendo agli estremisti islamici non solo di diffondere il loro credo, ma di esportare i loro atti terroristici anche all’estero. MBS è per una politica estera senza compromessi, e descrive senza mezzi termini i vari mullah che hanno presidiato sull’Iran come dei “nazisti”. Ma la domanda che molti analisti nel mondo si sono chiesti è: vuole farsi carico di un cambiamento genuino del suo paese o sta solo utilizzando il linguaggio riformista per consolidare il proprio potere?
Man mano che Kushner veniva a conoscenza delle complessità del mondo mediorientale, lui e MBS iniziarono a conversare per telefono e via e-mail. “Hanno stretto velocemente un rapporto,” riferisce un ufficiale americano che si incontra regolarmente con MBS: “Vedono il mondo alla stessa maniera e si sentono due miliardari smart e innovatori.”
Quando Kushner andò a fargli visita a Riyad – sarebbe stato il primo di tre successivi appuntamenti – i due sono rimasti in piedi quasi fino all’alba parlando del futuro dei loro rispettivi paesi. Come Kushner già sapeva, MBS era coinvolto in una lotta complessa per la successione al trono che diversi esperti di sicurezza americani temevano potesse destabilizzare il Regno. MBS ha sempre avuto le idee molto chiare su come vorrebbe ricostruire il Medio Oriente. Ma, sostiene Bannon, il messaggio che lui e Kushner volevano che Trump veicolasse ai leader della regione era che lo ‘status quo’ doveva cambiare.
Nessuno sembrava più ansioso di sentire pronunciare questo messaggio del principe ereditario: “Eravamo giunti alla conclusione che bisognava trovare un agente del cambiamento,” ha raccontato l’ex ufficiale della difesa: “È lì che è entrato in gioco MBS, era lui il nostro agente del cambiamento.”
Mohammed bin Salman è cresciuto a Riyad in un ampio complesso di edifici recintato e condivideva le ville con i fratelli e sua madre, Fahda, una delle quattro mogli del padre (ciascuna moglie aveva una villa per sé). Per la maggior parte dell’infanzia suo padre, Salman, era stato il governatore di Riyad e veniva visto da tutti come il futuro re. La casa di famiglia, nel quartiere di Madher, aveva una cinquantina di persone di servizio, tra cui camerieri, giardinieri, domestiche, cuochi e autisti.
Ogni giorno della settimana, uno dei servitori portava il giovane principe a scuola, presso un’accademia prestigiosa chiamata al-Riyad. Nei fine settimana, lui e suoi compagni di classe venivano portati nel deserto, dove si piantavano delle enormi tende e si faceva il fuoco sotto le stelle. I suoi compagni di classe si raggruppavano intorno a lui recitandogli poesie e rivolgendosi a lui come Karim il generoso per ringraziarlo di quelle feste sfarzose.
Il giovane MBS sorrideva con grazia a ogni encomio, specialmente se proveniva da un membro giovane di una delle famiglie di maggior spicco di Riyad. “Trattava tutti bene, ma anche allora era perfettamente consapevole dello status sociale di ognuno,” ha riferito Mahboob Mohammed, un pachistano che ha lavorato nello staff di uno dei cugini di MBS: “Il principe Salman ha sempre saputo di essere una persona speciale.”
Tuttavia, il futuro del giovane Salman non era affatto al sicuro a causa delle incertezze nella linea di successione reale nella Casa dei Saud. Dal 1953, il Regno dell’Arabia Saudita, una delle ultime monarchie assolute sopravvissute al mondo, è stato governato da sei fratelli, tutti figli del re Abdul-Aziz al Saud. Abdul-Aziz è divenuto una figura centrale nell’Arabia Saudita moderna dopo aver unito il Regno nel 1932 dopo una lunga serie di battaglie.
Negli anni ’40, decise di aprire il paese alle società occidentali per la produzione del petrolio su larga scala e, dopo essersi incontrato col presidente Franklin Roosevelt su un torpediniere nel Mar Rosso, siglò un’alleanza con gli Stati Uniti che dura da allora. I sauditi garantiscono l’accesso al petrolio; gli americani, in cambio, garantiscono all’Arabia Saudita protezione dai nemici esterni.
Abdul-Aziz fu un padre prolifico – si vantava di aver sposato “non meno di 130 vergini” e di aver avuto almeno 42 maschi e 55 femmine. Dalla sua morte, nel 1953, la successione reale fu determinata sul principio agnatico, dove viene preferito il fratello più giovane del re ai figli. Nel 2015, quando morì re Abdullah, salì al trono suo fratello Salman e un altro fratello più giovane, Muqrin, divenne principe ereditario. Muqrin, figlio di una concubina yemenita, era l’ultimo figlio sopravvissuto della prole di Abdul-Aziz.
il re salman al saud dell arabia saudita
Esauritasi la generazione di figli di Abdul-Aziz, iniziavano a crescere tensioni su chi dovesse essere il primo membro della generazione successiva a diventare re. I re sauditi, pur avendo autorità assoluta, hanno tradizionalmente regnato attraverso il consenso tra fratelli; ai loro figli, in cambio, vengono assegnate posizioni governative strategiche. Chiunque, tra il centinaio di nipoti di Abdul Aziz, poteva avere diritto al trono.
Salman, durante i suoi 48 anni di governatorato a Riyad, si era guadagnato una
reputazione come dirigente, inflessibile ed efficiente. Un professore di storia alla
Columbia, Rashid Khalidi, sostiene fosse “quello che faceva rispettare le regole in
famiglia, sapeva tenere le persone in riga e aveva uno schedario su tutti.”
Dopo nemmeno un anno dalla sua incoronazione però, depennò suo fratello dall’eredità
mandandolo in pensione; iniziò invece a crescere suo nipote Mohammed bin Nayef come
principe ereditario affinché gli succedesse, e rese suo figlio, Mohammed bin
Salman, secondo erede alla corona.
Rimpiazzare un principe ereditario fu una mossa senza precedenti, ma sotto molti versi bin Nayef finì per essere una scelta azzeccata. Aveva servito per anni come primo ministro e dopo gli attacchi dell’11 settembre, aveva preso parte a una lotta furibonda con Al Qaeda, in cui le sue guardie di sicurezza torturarono e uccisero numerosi potenziali ribelli.
NeI 2009 il gruppo terroristico si vendicò mandando un attentatore suicida per uccidere bin Nayef, che fu ferito a una mano e da allora soffre di dolori cronici. Bin Nayef aveva formato legami stretti con diversi ufficiali americani: “Era la persona giusta da cui andare per prendere delle misure antiterrorismo,” ha riferito un ex agente che ha lavorato nella squadra antiterrorismo per Obama. La scelta di re Salman insediare bin Nayef fu una mossa politicamente astuta anche per un’altra ragione: la sua prole era composta da due figlie femmine e ciò significava che la sua ascesa sarebbe stata meno minacciosa, poiché nessuno avrebbe potuto succedergli.
mohammed bin salman al saud con donald trump
La scelta di MBS come vice principe ereditario invece offriva molta meno stabilità. A 29 anni, era più giovane di molti suoi rivali ma chiaramente il favorito da re Salman. Joseph Westphal, ambasciatore in Arabia Saudita dal 2013 al 2017 racconta che quando Salman presentava MBS a qualcuno ne andava visibilmente fiero, “Questo è mio figlio,” diceva.
Westphal aveva visto un video in cui Salman andava a visitare un impianto industriale coi suoi due figli: Faisal e MBS. Faisal di quindici anni più grande, camminava passivamente, mentre MBS faceva molte domande e prendeva sempre appunti; ogni volta che Salman lo guardava gli si illuminavano gli occhi: “Era sempre presente agli incontri chiave e non interferiva mai. Prendeva solo appunti, ma era sempre proattivo. Capii subito che quel ragazzo sarebbe diventato qualcosa di più che il consigliere silenzioso del re.”
MBS dà l'impressione di sentirsi a proprio agio con i costumi occidentali. Negli incontri con le donne americane stringe loro le mani e le guarda negli occhi, cosa che nessun altro funzionario saudita oserebbe mai fare. Una volta, durante una riunione a casa del Segretario di Stato John Kerry, MBS intravide un pianoforte a coda, si avvicinò e iniziò a suonare la Sonata "Chiaro di luna". Il suo passatempo preferito è il videogioco Call of Duty ma il suo inglese è altalenante e tra i suoi fratelli - ne ha nove - è quello più insolitamente legato all'Arabia Saudita.
“MBS è diverso dai suoi fratelli, molti dei quali sono stati istruiti in Occidente e di cui uno ha un dottorato da Oxford," racconta un amico di lunga data di MBS. "Se li guardi e parli con loro, sono fondamentalmente persone gentili. MBS ha questa qualità ma non è uno tenero, ha molto carisma. È molto simile a Bill Clinton, ti fa sentire super importante quando parli con lui, ha davvero un fascino inconfondibile."
Crescendo, MBS ha sfruttato il suo status senza remore per arricchirsi. Secondo i suoi amici, quando era adolescente faceva spesso visita a ricchi uomini d'affari per raccogliere investimenti per il suo fondo personale: in poche settimane, raccolse trenta milioni di dollari: "È il figlio di Salman", dice un amico di MBS: "Non potevi certo dirgli di no." Secondo una storia che circola a Riyad, MBS una volta chiese a un funzionario del registro dei terreni di aiutarlo a ottenere una proprietà. Dopo essersi rifiutato, il funzionario ricevette una busta contenente una pallottola.
L'episodio valse a MBS il soprannome di strada “Abu Rasasa,” o "padre del proiettile". "La storia è vera," sostiene il suo amico. "Penso che MBS si renda conto di essersi spinto un po’ troppo in là con alcune persone da giovane e ha cercato di fare ammenda." (Un portavoce dell'ambasciata saudita ha smentito la notizia, ma si è rifiutato di collaborare a un fact-checking per l’articolo, descrivendo l’episodio come pieno di "vecchie dicerie."
Oltre a essere il vice principe ereditario, a MBS vennero assegnate alcune posizioni che gli offrirono ampi poteri sulla politica estera e interna del suo paese. Fu nominato ministro della Difesa, capo del Consiglio per la pianificazione economica del Regno, e capo della “Saudi Aramco”, la compagnia petrolifera nazionale e pilastro centrale dell'economia del paese.
Nei settant’anni in cui l'Arabia Saudita ha esportato petrolio su larga scala, è diventata la più grande economia del Medio Oriente, con uno stato assistenziale i cui benefici includono l'istruzione gratuita e l'assistenza sanitaria, insieme a sussidi alimentari, elettricità e alloggi. Ma l'economia si basa in modo schiacciante sul petrolio; il paese non esporta quasi nient'altro e importa quasi tutto il resto, dal cibo all'acqua potabile. Lo stato sociale era costruito sull'aspettativa che il prezzo del petrolio sarebbe rimasto ai livelli storici di almeno cento dollari al barile.
Adesso è di circa sessantadue dollari e le previsioni sostengono che il prezzo continuerà a scendere. "Se sei la persona alla guida dell'autobus saudita, il mio consiglio è quello di scendere al più presto," dice Jan Stuart, un economista di New York. Un ex funzionario della Difesa ha espresso un parere ancora più deciso: "In sette anni, seguendo le tendenze attuali, si troveranno al verde".
Le pressioni economiche sullo Stato Saudita potrebbero tuttavia peggiorare. Quasi il 70% della popolazione ha meno di trent’anni. Ogni anno, il governo paga almeno settantamila giovani per andare a studiare negli Stati Uniti. Questi studenti tornano a casa in cerca di un lavoro e – come spesso accade – delle libertà di cui hanno goduto in Occidente.
Per affrontare questi problemi, MBS ha ideato un piano chiamato Vision 2030, una trasformazione su vasta scala dell'economia e della società saudita. Lavorando con i consulenti di McKinsey & Co., ha definito alcuni obiettivi quantificabili da raggiungere entro il prossimo decennio. Il nuovo ordine incoraggerebbe l'imprenditorialità e gli investimenti esteri privatizzando le industrie in mano allo Stato, comprese le attività petrolifere. Il programma prevede un aumento della forza lavoro con un numero crescente di donne, insieme al numero di organizzazioni indipendenti e di volontari civili.
Per pubblicizzare il piano, MBS ha viaggiato in Cina, Russia e negli Stati Uniti, dove si è incontrato con molti tecnici dirigenti, tra cui Mark Zuckerberg. Durante una riunione al Fairmont Hotel di San Francisco, dov’erano presenti molti investitori di spicco, MBS ha parlato senza mezzi termini delle sue prospettive sull'Arabia Saudita. Secondo un partecipante, avrebbe detto: "In vent'anni il petrolio sarà a zero e le energie rinnovabili prenderanno il sopravvento. Ho vent’anni per riorientare il mio paese e lanciarlo nel futuro." Un altro partecipante ha riferito: "Ci ha lasciato a bocca aperta. Sembrava di assistere a un incontro di startup tecnologiche. Sta lanciando l'arpione. "
I numerosi appuntamenti internazionali di MBS gli hanno anche consentito di dare sfoggio alla sua irrefrenabile ambizione. Nell'aprile 2016, quando il presidente Obama si recò in visita in Arabia Saudita, lui e re Salman si sederono uno di fronte all'altro, con i loro aiutanti raggruppati intorno. I consiglieri di Obama notarono che ogni volta che il Presidente parlava, Salman, che aveva ottant'anni, si fermava prima di rispondere, mentre MBS - diversi posti alla sua sinistra - batteva velocemente degli appunti su un iPad. Quando MBS rialzava lo sguardo, il re leggeva da un suo iPad personale e poi rispondeva a Obama. "Le probabilità che si trattasse di una coincidenza sono piuttosto basse", sostiene un ex funzionario della sicurezza nazionale presente all’incontro.
A un altro incontro, Obama rimproverava a re Salman di aver arrestato dei blogger dissidenti e aver processato alcuni manifestanti sciiti, lamentando il fatto che queste pratiche gli impedivano di difendere il Regno Saudita negli Stati Uniti. Stando a quanto riportato da diversi ex funzionari americani, MBS si alzò bruscamente dalla sedia per esprimere il suo disappunto a Obama. "All'improvviso, si alzò in piedi e disse: ‘Vede, lei non comprende il nostro sistema giudiziario - possiamo farle un briefing’. "Fu parecchio strano," secondo l'ex funzionario della sicurezza.
Quando re Salman nominò bin Nayef principe ereditario, molti sauditi pensarono che il re lo avesse messo a guardia del governo per tenerlo sotto controllo finché non si sarebbe insediato MBS: "Non credo che Salman abbia mai avuto intenzione di fare bin Nayef re," spiega un analista saudita. "Penso stesse solo aspettando il momento in cui MBS fosse pronto. "Ma bin Nayef era un personaggio popolare, e scavalcarlo avrebbe suscitato troppe tensioni nella famiglia reale.
Da fuori sembrava che MBS e bin Nayef lavorassero bene insieme. MBS stava attento ad aderire attentamente al protocollo reale; durante le riunioni con i leader stranieri chiedeva spesso il permesso a bin Nayef per parlare. Nel 2016, Joseph Westphal chiese a MBS chi pensava sarebbe stato il successore di re Salman e la risposta fu: "Abbiamo un principe ereditario, e storicamente il principe ereditario diventa sempre il re.”
villa a versailles comprata da mohammed bin salman
Sotto la superficie, tuttavia, le tensioni interne crescevano. MBS compieva le sue manovre per ridurre il potere in mano al suo rivale e il suo posto alla guida dell'economia e dei militari gli permisero di sollevare bin Nayef da buona parte dei suoi incarichi quotidiani. Nel nome dell’efficienza burocratica, eliminò il consiglio di consulenti che rispondeva direttamente a bin Nayef, privandolo così della maggior parte del suo staff personale. Un funzionario americano che mantiene ancora contatti nella regione sostiene che "MBS stava letteralmente firmando ordini a nome del re."
L'Arabia Saudita si considera il centro del mondo islamico: il re è abitualmente conosciuto come il "custode delle due sacre moschee", la Mecca e la Medina. Ma nel suo avanzamento al potere, MBS è stato aiutato da un alleato fuori dal Regno: Mohammed bin Zayed, degli Emirati Arabi Uniti (EAU). Bin Zayed, o MBZ, è il principe ereditario di Abu Dhabi, il paese politicamente più importante dei sette emirati. Inondato dai ricavi del petrolio e della fiorente città-stato di Dubai, MBZ, il leader de facto del paese, ha contribuito a fare degli Emirati una sorta di Singapore centro-orientale: ricca, efficiente e autoritaria.
mohammed bin salman dell arabia saudita e mohammed bin zayed degli emirati arabi uniti
MBZ, quarantasette anni, è un ex pilota di elicotteri militari, con un portamento modesto che smentisce la sua influenza su tutto il Medio Oriente. "Se ti siedi a parlare con MBZ, bisbiglierà, e sarà molto rispettoso e molto educato", dice Richard Clarke, consulente antiterrorismo dei presidenti Obama e George W. Bush: "Devi davvero entrare nel suo campo visivo per molti anni prima che possa alzare la voce. E poi litigherà con te. È sfacciatamente filo-americano in una regione brulicante di sentimenti anti-americani; ha acquistato miliardi di dollari di armi americane ed è stato chiamato spesso a far avanzare le prerogative degli Stati Uniti.” Nel 2003, gli EAU si sono offerti volontari per inviare un piccolo contingente di truppe ad assistere in Afghanistan, il primo paese arabo a farlo; quindici anni dopo, sono ancora lì.
L'Arabia Saudita e gli EAU, che condividono un confine, sono entrambe monarchie ereditarie dominate dai sunniti e i loro interessi sono spesso allineati. Negli affari esteri, i sauditi preferiscono vedere gli EAU come un partner minore, Ma sotto molti aspetti, è MBZ chi guida la linea politica. Fin dall'inizio, si oppose all'ascesa di bin Nayef, in parte a causa di una controversia irrisolvibile tra i due uomini. In un dispaccio diplomatico degli Stati Uniti del 2003, pubblicato da WikiLeaks, MBZ paragonava il padre di bin Nayef a uno scimmione, aggiungendo che fosse la prova vivente del fatto che "Darwin aveva ragione". Dopo quest’episodio, non ci fu più alcuna possibilità che di ristabilire una relazione tra MBZ e bin Nayef."
Soprattutto, MBZ vede in MBS una versione più giovane di sé stesso: intelligente, energico e desideroso di affrontare i nemici. Mentre MBS veniva addestrato al potere, gli stati del Golfo si sentivano sempre più vulnerabili. Quando scoppiò la Primavera araba, nel 2011, i dittatori di Tunisia, Egitto e altri paesi furono costretti a fuggire e i leader in Arabia Saudita e negli Emirati erano preoccupati che le loro monarchie avrebbero presto seguito. L’ISIS non faceva che allarmarli ulteriormente e i due paesi hanno finanziato i combattimenti contro le sue incursioni in Siria e in Libia.
mohammed bin salman al saud principe ereditario
Ma il loro intervento più decisivo fu in Egitto, il paese più popoloso del mondo arabo, dove l'uomo forte di lunga data Hosni Mubarak era stato estromesso da una rivolta popolare. A giugno 2012, gli elettori egiziani consegnarono la presidenza a Mohamed Morsi, membro dei Fratelli Musulmani. Per i sauditi e gli Emirati era un incubo divenuto realtà.
La Fratellanza, fondata nel 1928, è il più grande movimento islamista del mondo, con centinaia di milioni di seguaci. Ha ispirato partiti politici islamici in tutto il mondo musulmano sunnita, comprese le minoranze in Giordania, Siria e Bahrein. In Egitto, i servizi di sicurezza avevano represso la confraternita con l’uso della violenza per decenni. Dopo la Primavera araba, tuttavia, riuscì lo stesso a emergere come la forza politica più organizzata del paese.
"Quando fu eletto Morsi, i sauditi e gli Emirati sono andati fuori di testa," sostiene un ex diplomatico americano. Secondo diversi funzionari americani, MBZ e Bandar bin Sultan, il direttore dell'intelligence saudita, iniziarono a complottare insieme ad altri membri dei loro governi per rimuovere Morsi dal potere. Anche i generali egiziani si stavano già organizzando contro di lui. Bandar e MBZ contattarono il ministro della Difesa egiziano, il generale Abdel Fattah Al-Sisi, promettendogli venti miliardi di dollari in aiuti economici se Morsi fosse stato deposto. (L'Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti non ha risposto alle richieste di commento). Iniziarono a offrire fondi pure a un movimento antigovernativo al Cairo, costruito intorno a un gruppo di giovani apparentemente indipendenti chiamato il Tamàrrud. Quando il golpe iniziò a prendere forma, Bandar e Sisi usarono Mohammed Dahlan, un parlamentare palestinese, per portare messaggi e denaro ai collaboratori dell'esercito egiziano. L'ex diplomatico ha detto che il sostegno straniero è stato cruciale per il colpo di stato: "Per muoversi in quel modo, Sisi aveva bisogno di una promessa di successo al termine dell’operazione." Nel luglio 2013, l'esercito egiziano depose Morsi dal potere e poco dopo orchestrò un giro di vite sui presunti sostenitori della Fratellanza, mettendo in carcere almeno quarantamila persone. "Fu terribile, terribile", racconta l’ex diplomatico. "Quello che fecero i sauditi e gli emirati in Egitto fu imperdonabile."
Mentre MBS diventava sempre più influente nel Regno, lui e MBZ stabilirono una stretta relazione: "Parlavano al telefono tutto il giorno," sostiene Clarke. I due reali hanno una visione geopolitica molto simile. MBS ha fatto riferimento alla Fratellanza Musulmana e ai suoi alleati come le "forze del male" e, come MBZ, considera l’Iran come il grande nemico del suo paese. Questa rivalità risale fino all'Impero Safavide, che nel XV° sec travolse la Persia e governò su gran parte del mondo arabo per due secoli. Negli ultimi anni, i funzionari sauditi e degli Emirati hanno guardato con allarme alla presenza sempre più dominante in tutta la regione del regime sciita.
I nazisti e il regime iraniano sono ideologicamente molto simili," sostiene Thamer al-Sabhan, il ministro di Stato Saudita per gli Affari del Golfo. Gli iraniani stavano riunendo "un nuovo esercito islamico fondato sul caos e sull'aggressione. Non vogliono indebolire solo l'Arabia Saudita, vogliono impadronirsi dell’intera regione. Il loro unico intoppo è il regno saudita. "
Nel 2009, la Casa Bianca di Obama avviò le negoziazioni con gli iraniani per limitarne il programma nucleare. I leader sauditi e degli Emirati Arabi hanno sempre considerato qualunque distensione verso l'Iran come delle mosse pericolose e fuorvianti. Un funzionario della sicurezza americana ricorda di aver visitato gli Emirati nel 2011 per incontrare MBZ e disse che gli fu ordinato di aspettare su un bacino del Golfo Persico; alla fine, MBZ arrivò su un motoscafo, indossando pantaloncini, infradito e un cappello da baseball. "Ci disse che ci stavamo comportando ingenuamente con gli iraniani e che gli stavamo regalando l'intera regione. Era quello che dicevano sempre gli Emirati e i sauditi: che eravamo ingenui."
Dopo essere stato nominato ministro della Difesa, la tensione dei rapporti tra MBS e l'Amministrazione Obama si intensificò, in particolare a causa di un altro conflitto con l'Iran, questa volta in Yemen, che confina a sud con l'Arabia Saudita. Lo Yemen è un paese povero e perennemente assediato dalle violenze interne. Per trent'anni, l'Arabia Saudita ha speso milioni di dollari ogni anno per sovvenzionare i leader tribali e comprare un po' di pace. Negli ultimi anni, il paese era precipitato in una guerra civile e, dopo una cessazione del rapporto con i sauditi, un gruppo ribelle dominato dagli sciiti, noto come gli Huthi, era penetrato nella capitale e aveva costretto il presidente a prendere una posizione. I leader sauditi erano molto sospettosi nei confronti degli Huthi, che ricevevano periodicamente rifornimenti d’armi dagli iraniani.
Nel marzo 2015, i sauditi e gli Emirati informarono la Casa Bianca che si stavano preparando all’intervento militare nello Yemen. “MBS disse che ci voleva con loro, ma che sarebbero andati comunque," riferisce un ex funzionario del dipartimento di Stato USA. Per anni, l'amministrazione Obama aveva detto ai sauditi che dovevano avere un peso maggiore nella regione; adesso, sembrava che MBS volesse scoprire le carte.
L'Amministrazione si rifiutò di aderire direttamente alla campagna, ma, poco dopo l'inizio della guerra, Tony Blinken, il vicesegretario di Stato, andò a Riyad per parlare con MBS. "Il suo obiettivo era quello di sradicare tutte le forze iraniane dallo Yemen," sostiene Blinken. “Fui colto alla sprovvista; eliminare i simpatizzanti dell'Iran da tutto il paese richiederebbe un bagno di sangue. Gli dissi che si potevano fare molte cose per minimizzare o ridurre l'influenza iraniana. Ma eliminarla del tutto?” Dopo aver inviato le forze saudite nello Yemen, gli Emirati diffusero online diversi fotomontaggi celebrativi in cui lo sguardo severo di MBS dominava sopra a dei leoni e jet da guerra che intimidivano i loro nemici.
Obama incontra Mubarak in Egitto
Mentre la guerra proseguiva l’influenza di MBS in Arabia Saudita aumentava di pari passo e iniziò a insistere per ricevere la nomina di principe ereditario. Nell'estate del 2015, Adel al-Jubeir, il ministro degli Esteri saudita fu inviato a Nantucket per vedere il Segretario di Stato Kerry, che si trovava in vacanza nella sua casa. Secondo un funzionario americano informato sull'incontro, Jubeir voleva sapere se Kerry avrebbe sostenuto MBS nel caso bin Nayef fosse stato messo da parte,: “MBS stava cercando il consenso Kerry, ci voleva dalla sua parte." Kerry però rispose che l'Amministrazione non si sarebbe schierata. All'incirca nello stesso periodo, sostiene il funzionario, bin Nayef si era messo in contatto con John Brennan, allora capo della C.I.A., per cercare il suo sostegno contro MBS.
All'interno della Casa Bianca di Obama cresceva il timore che la lotta per la successione divenisse violenta. Come ministro della Difesa, MBS controllava l'esercito; come ministro degli Interni, Bin Nayef controllava le vaste forze di sicurezza del paese. "C’era la possibilità che i principi entrassero in guerra l'uno con l'altro, con i carri armati per le strade."
john kerry barack obama john phillips
MBZ si è dato molto da fare a Washington per favorire l’insediamento di MBS come re saudita. "I sauditi e gli Emirati conducono le operazioni di lobbying più efficaci di Washington", sostiene Ben Rhodes, vice consigliere per la sicurezza nazionale con Obama. "Sono i principali responsabili della buona immagine che Obama si è costruito in Medio Oriente.” Rhodes descrive Yousef Al Otaiba, l'ambasciatore degli Emirati negli Stati Uniti, come un uomo particolarmente capace. Otaiba, un uomo di città con la testa rasata e un guardaroba pieno di abiti sartoriali, si incontrava spesso con le élites finanziarie e politiche americane, arrivando sempre col suo jet privato. Otaiba ha esaltato le qualità di MBS con diversi ex-ufficiali potenti, tra cui l'ex generale David Petraeus - che ora lavora per la società finanziaria Kohlberg Kravis Roberts – e Tom Donilon, che ha servito come consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Obama. Nelle discussioni con i membri dell'Amministrazione Obama, ha descritto il suo cliente in termini profetici: “MBS diverrà re per quarant'anni."
Otaiba ha anche contribuito alla pubblicazione di una serie di editoriali che promuovevano MBS, dimostrando di avere un’influenza inusuale su alcune figure prominenti di Washington. Frances Townsend, consigliere antiterrorismo dell'ex presidente George W. Bush, una volta scrisse a Otaiba: "So che hai un’agenzia di pubbliche relazioni, fammi sapere se c'è qualcuno con cui dovrei lavorare per fornire una bozza da cui iniziare." L'ex funzionario americano, con diversi contatti nel golfo, sostiene che il suo lavoro con Otaiba era parte di un disegno più grande, dove gli Emirati avevano assunto diversi lobbisti per conto di MBS. (Otaiba ha poi negato tutto ciò.) "Tutte queste relazioni pubbliche che promuovevano MBS negli Stati Uniti sono state finanziate da Abu Dhabi," ha detto il funzionario.
Bin Nayef, allarmato da ciò che vedeva come un’interferenza straniera, scrisse a re Salman per avvertirlo: "Siamo di fronte a una pericolosa cospirazione degli Emirati Arabi per inasprire le divergenze all’interno della corte reale," aggiungendo: "Bin Zayed sta utilizzando le sue relazioni strette col Presidente degli Stati Uniti per raggiungere i suoi scopi".
Nel dicembre 2016, MBZ si recò a New York per incontrare il presidente eletto Trump, Kushner, Bannon e Michael T. Flynn, che era appena stato nominato consulente per la sicurezza nazionale. È consuetudine che i leader stranieri informino il governo americano quando viaggiano negli Stati Uniti, ma MBZ non lo fece. Quell'incontro catturò l'interesse di Robert Mueller, il consigliere speciale che ha indagato sulle interferenze della Russia nelle elezioni del 2016, che prese in esame delle accuse secondo le quali i lobbisti degli Emirati avevano donato diversi milioni di dollari a sostegno della campagna Trump.
Quando MBZ arrivò all'incontro nell'attico della Trump Tower, con un entourage di una trentina di persone, portava degli stivali da combattimento e dei jeans, mentre alcuni dei suoi uomini erano armati. Durante la prima ora dell’incontro, lui e gli aiutanti di Trump affrontarono una discussione relativamente convenzionale sulla politica nel Medio Oriente, ma il discorso si animò quando le due parti si resero conto di condividere le stesse opinioni sull'Iran. L'incontro si evolse in una successione di pianificazioni su come la Casa Bianca di Trump avrebbe affrontato il regime iraniano nel Golfo.
Poche settimane dopo Kushner iniziò a sostenere una nuova iniziativa in Arabia Saudita. Nel suo piano, Trump avrebbe dovuto visitare Riyad durante un summit di cinquanta paesi a maggioranza musulmana. "Jared è stato il motore di tutto questo," ha detto l'ex funzionario della difesa. In un singolo incontro, Trump si sarebbe presentato al mondo musulmano, avrebbe ristabilito le relazioni dell'America con l'Arabia Saudita, e messo in guardia l'Iran comunicando a tutti i presenti quali fossero i sentimenti dell’Amministrazione verso MBS. "L'intero establishment si oppose - Stato, Difesa, Tesoro, tutti", ha riferito l'ex funzionario della difesa. C'era molta preoccupazione intorno all'approvazione di MBS e la rottura delle relazioni con bin Nayef. "Il timore era che impegnarsi con MBS avrebbe sconvolto gli equilibri. C’era già un partner. Meglio mantenere la stabilità. "
ERDOGAN CON L AYATOLLAH KHAMENEI
Durante una riunione, molti assistenti sollevarono le loro perplessità sul vertice. "Ci rimbalzammo la palla così per circa un'ora," ha detto il funzionario. "A un certo punto Jared si alzò e disse: ‘Va bene, capisco che sia ambizioso. Ma non sapremo se i sauditi manterranno la promessa a meno che non li mettiamo alla prova."
Il summit del maggio 2017 fu il primo viaggio all'estero di Trump come presidente. I sauditi lo trattarono come un monarca, spendendo circa sessantotto milioni di dollari in festività, inclusa una cerimonia in cui Trump e un gruppo di reali danzarono con le spade in mano e intonando un canto tradizionale. Durante le riunioni, sostiene Bannon, Trump fu piuttosto brusco riguardo ai suoi obiettivi: "Per prima cosa, dovete smettere di finanziare il terrorismo islamico. Niente più giochi del cazzo." Al vertice, i sauditi, i qatarioti e altri si impegnarono a combattere l'estremismo e i sauditi accettarono di sovvenzionare un’agenzia di controterrorismo gestita congiuntamente. Gli Stati Uniti in cambio avrebbero venduto armi ai sauditi per circa centodieci miliardi di dollari. Un funzionario del Pentagono in seguito disse: "Una volta completato, sarà il più grande accordo di armi nella storia americana." Come l'impegno a combattere il terrorismo, questi accordi non erano vincolanti, ma Bannon sostenne che Trump era riuscito a produrre un cambiamento decisivo nella politica saudita.
Nella stampa americana, il summit fu notato in gran parte per il suo sfarzo, che culminò con l'apertura del centro antiterrorismo, dove Trump, re Salman e Sisi posarono in una stretta di mano intorno a un globo luminoso. Ma nei mesi successivi, una serie di eventi fece trasparire che i partecipanti avevano preso una serie di decisioni importanti in quei giorni. Trump dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero trasferito la propria ambasciata israeliana da Tel Aviv a Gerusalemme Est, cosa che nessun presidente americano aveva mai osato fare da quando Israele ha occupato la Cisgiordania, nel 1967. MBS era sempre più vicino a diventare principe ereditario e le monarchie del Golfo, guidate dall'Arabia Saudita, entrarono in aperto scontro con il Qatar.
Il primo segno del conflitto arrivò la sera del 23 maggio, quando una serie di dichiarazioni insolite iniziarono a scorrere sul fondo degli schermi televisivi dell'agenzia di stampa ufficiale del Qatar, un minuscolo emirato a forma di pollice nel Golfo Persico. "L'Iran è un potere islamico che non può essere ignorato nella regione. Hamas è il rappresentante legittimo del popolo palestinese." Queste dichiarazioni sarebbero state irrilevanti, se solo non fossero state attribuite a Tamim bin Hamad al-Thani, l'emiro del Qatar. Per un reale nel Golfo, qualsiasi forma di approvazione pubblica verso l'Iran ha carattere esplosivo.
ERDOGAN TAMIM AL THANI EMIRO QATAR
Thani ha affermato che le osservazioni erano false ed erano state fatte apparire sugli schermi da alcuni hacker che lavoravano per i nemici del Qatar, ma suscitarono una reazione severa. La più importante rete di notizie dell'Arabia Saudita iniziò a mandare in onda diversi servizi - che pare siano stati supervisionati personalmente da MBS – dove veniva attaccata la leadership del Qatar. ("Doha ha perso la testa", disse un importante funzionario dell'intelligence). In una dichiarazione del 5 giugno, il governo saudita accusò il Qatar di "aver diviso le fila interne saudite, istigato contro lo stato, violato la sua sovranità, pagato terroristi e gruppi di ribelli che miravano a destabilizzare la regione." Lo stesso giorno, l'Arabia Saudita e gli Emirati, insieme al Bahrain, annunciarono che avrebbero interrotto le relazioni diplomatiche col Qatar. Queste mosse erano a tutti gli effetti delle azioni belliche.
I paesi del Golfo che aderirono al blocco avevano accusato a lungo il Qatar di aver finanziato il terrorismo e le rivoluzioni in tutto il Medio Oriente, oltre a essere troppo allineato all'Iran. Anche la crisi egiziana del 2013 aveva diviso i paesi, con il Qatar che forniva sostegno finanziario al governo di Morsi mentre i sauditi e gli Emirati sostenevano l'esercito. I leader sauditi e degli Emirati Arabi protestano contro i finanziamenti del Qatar ai Fratelli Musulmani e ad Hamas, il gruppo palestinese che governa Gaza che ha le sue radici sono nella Fratellanza; inoltre nutrono molto risentimento per la popolarità della rete televisiva finanziata dallo stato, Al Jazeera, che spesso è fortemente critica nei confronti delle monarchie del Golfo. MBS ha parlato sprezzantemente del Qatar come di un problema fastidioso che però, con sufficiente determinazione, può essere facilmente risolto. "Il comportamento dei qatarioti verso i paesi arabi è motivato da problemi psicologici", ha affermato. "Basterebbe un ministro saudita per risolvere l'intera crisi del Qatar."
Il governo degli Stati Uniti ha una relazione complessa con il Qatar, che si è messo a disposizione diverse volte per facilitare alcune difficili manovre diplomatiche. Anche se Hamas compare nell’elenco delle organizzazioni terroristiche negli Stati Uniti, un ex diplomatico americano ha riferito che dopo la fuga di Khaled Meshal (il leader del gruppo) dal regime di Assad nel 2012, furono i diplomatici americani a chiedere al Qatar di accoglierlo. Da allora vive in un edificio a due passi dalla residenza dell'ambasciatore degli Stati Uniti. Il Qatar ospita di fatto anche un'ambasciata per i talebani, dove i diplomatici degli Stati Uniti possono parlare con i funzionari talebani; Bo Bergdahl, un soldato americano catturato dai talebani in Afghanistan, fu rilasciato attraverso i negoziati condotti proprio lì. Ma cosa forse più importante è che il Qatar è il luogo dove si trova la base aerea di Al Udeid - la principale base militare dell'esercito statunitense nella Regione - che ospita circa undicimila militari e centinaia di aerei da combattimento. Il Qatar ne ha peraltro finanziato la costruzione e continua a sostenere la maggior parte dei suoi costi operativi. "Tutte queste cose, le abbiamo fatte su richiesta degli americani o in accordo con loro," ha detto il ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman.
IL RE DELL ARABIA SAUDITA CON TAMIM AL THANI EMIRO DEL QATAR
Tuttavia, dall'inizio del blocco il presidente Trump ha twittato in suo favore, scrivendo: "Durante il mio recente viaggio in Medio Oriente ho affermato che non avremmo più tollerato finanziamenti alle ideologie radicali. Tutti i leader hanno indicato il Qatar!" (L'ex diplomatico americano suggerisce tuttavia che il suo entusiasmo fosse dettato, almeno in parte, dall'ignoranza: "Sono convinto che Trump non sapesse che abbiamo una base militare in Qatar, non ne aveva idea.") Diversi alti funzionari americani rimasero di sasso di fronte a quelle dichiarazioni.
Il Segretario di Stato Rex Tillerson e il segretario alla Difesa James Mattis erano in viaggio in Australia quando scoppiò la crisi e furono colti alla sprovvista. "Tillerson era molto turbato. Non poteva credere che i sauditi e gli altri avrebbero tentato un’impresa del genere," sostiene un funzionario del dipartimento di Stato. Tillerson iniziò a lavorare per allentare le tensioni. Mattis chiamò i sauditi e li esortò a smettere, dicendo a MBS: "Non è il momento per fare una guerra.” Quella telefonata non andò molto bene. I funzionari americani erano talmente preoccupati dalla possibilità di uno scontro militare che inviarono addirittura un drone per monitorare il confine.
Nei giorni seguenti, i sauditi e i loro alleati imposero alcune condizioni che sembravano ideate per ridurre il Qatar a uno stato vassallo; affinché il blocco venisse revocato, il paese, tra le altre richieste, avrebbe dovuto chiudere il canale di Al Jazeera oltre alle sue relazioni con l'Iran. I funzionari americani conclusero che MBS e MBZ si stavano preparando a rovesciare il governo qatariota. "Hanno messo in chiaro, in privato e in pubblico, che la loro intenzione è quella di sostituire l'Emiro," sostiene l'ex diplomatico americano. "Credo fossero pronti per l’invasione". Il Qatar rappresenta un obiettivo quasi irresistibile: sebbene la sua popolazione sia di appena trecentomila persone, controlla uno dei più grandi giacimenti di gas naturale al mondo e ha un fondo sovrano di circa trecento miliardi di dollari." Se lo si guarda da un punto di vista finanziario, invadere il Qatar ha molto senso," dice il diplomatico americano. Il governo della Turchia, che aveva una base militare nella capitale, non ci pensò due volte a inviare un nuovo distaccamento di soldati.
Molti indizi suggerivano che il piano fosse stato approvato proprio al summit di Riyad. All'inizio del blocco, un alto funzionario americano aveva ricevuto una telefonata poco prima della mezzanotte da Yousef Al Otaiba (l'ambasciatore degli Emirati), che gli raccontò quanto stava accadendo. "Ero infuriato, tentai di dissuaderlo." Il funzionario protestava per il fatto che il dipartimento di Stato non era stato avvisato, mentre Otaiba sosteneva di averlo già annunciato all'Amministrazione: "La Casa Bianca ne è al corrente," disse. Un ex funzionario dell'intelligence americana sostiene che sarebbe stato inconcepibile per i sauditi o gli Emirati agire senza l'approvazione degli Stati Uniti: "Penso sia piuttosto evidente che la Casa Bianca aveva già dato il via libera," (un alto funzionario dell'Amministrazione ha negato quest’affermazione).
Gli emiri del Qatar ricevono la Coppa del Mondo da Blatter
I diplomatici americani non sapevano quasi nulla di ciò che stava accadendo tra la Casa Bianca e le monarchie del Golfo. Dopo oltre un anno di mandato, Trump non aveva ancora nominato un ambasciatore in Arabia Saudita. "Nessuno sapeva cosa fosse successo a Riyad, perché nella stanza non c'erano diplomatici," sostiene l'ex diplomatico americano. A un discorso tenuto diversi mesi dopo l'esplosione della crisi del Qatar, parlando a un pubblico americano Bannon disse: "Non penso che si tratti solo di un caso se ad appena due settimane dal summit abbiamo assistito al blocco."
Alcuni qatarioti ipotizzano che Kushner abbia appoggiato il blocco per un accordo fallito su una proprietà famigliare. Ad aprile, un mese prima del summit, il ministro delle Finanze del Qatar, Ali Sharif al-Emadi, aveva fatto visita a New York per esaminare delle nuove opportunità di investimento. Lui e il suo entourage affittarono una suite al St. Regis Hotel e lì ricevettero una lunga fila di uomini d'affari americani in cerca di finanziamenti. Secondo un analista finanziario, tra questi c'era anche il padre di Kushner, Charles, e sua sorella Nicole. Erano venuti in cerca di denaro per salvare una proprietà della famiglia al 666 della Fifth Avenue; un grattacielo di quarantuno piani nel centro di Manhattan, che genera rendimenti incredibilmente bassi e ha un mutuo di 1,2 miliardi di dollari.
Charles Kushner ha sostenuto che fosse stato il Qatar a richiedere l'incontro e che lui vi abbia partecipato per pura cortesia ma temeva ci fossero troppi conflitti di interesse per accettare i finanziamenti. L'analista finanziario, invece, sostiene che Kushner ha proposto un’enorme operazione di rinnovamento sulla proprietà, che includeva l’apertura di negozi e la conversione degli uffici in residenze. "Ha chiesto poco meno di un miliardo di dollari." I qatarioti hanno rifiutato, sospettando una dubbia logica di affari. "Potrebbero aver comprato l'edificio, i soldi non gli mancano. Semplicemente pensarono che non avrebbe mai ripagato." Il rifiuto dell'affare, però, ebbe un costo politico. “Se avessero dato i soldi a Kushner, ci sarebbe stato il blocco? Io non la penso così."
Mentre il conflitto proseguiva, diversi articoli e post sui social media continuavano ad attaccare il Qatar. Molti di loro provenivano da una fonte interessante: la SCL Group, azienda madre della Cambridge Analytica (prima delle elezioni, Bannon era vicepresidente di Cambridge Analytica, che era finanziata da Robert Mercer, investitore miliardario e sostenitore di Trump). La SCL era a sua volta finanziata dal governo degli Emirati; questo non era noto ai tempi, perché la società non dichiarò al governo degli Stati Uniti che era in affari con l'EAU fino al mese successivo.
Alla fine gli analisti dell'intelligence statunitense stabilirono che il Qatar era stato sincero: le dichiarazioni televisive attribuite all’Emiro Thani erano state fabbricate da alcuni hacker degli Emirati Arabi Uniti. "L'hackeraggio è stato solo un pretesto per attaccarci", sostiene bin Abdulrahman, il ministro degli Esteri del Qatar. Altre indicazioni emerse in seguito indicarono che la crisi era stata premeditata. L'estate scorsa, le e-mail di Otaiba erano state violate. I documenti finanziari ritrovati tra di esse dimostrarono che i funzionari degli Emirati avevano - attraverso una banca del Lussemburgo – messo in atto una vera e propria guerra finanziaria per far precipitare la valuta del Qatar.
Il blocco del Qatar da parte dei paesi alleati nel Golfo comportò profonde perdite per l'economia e costrinse i leader a trovare fonti alternative per il cibo e i beni di consumo. Ma i qatarioti, abbastanza ricchi da poter sopportare questi pesi senza troppe difficoltà, sono emersi dalla crisi come quelli oppressi. A giugno, Mattis ha approvato un accordo per vendere al Qatar dodici miliardi di dollari di jet da combattimento F-15 di fabbricazione americana. In un incontro successivo, Tillerson ha rassicurato ai funzionari regionali che il Qatar era un "partner forte e amico di lunga data degli Stati Uniti."
la quota di produzione di petrolio dell opec
La sera del 21 giugno, gli spettatori di Al Arabiya, il notiziario tv dello Stato Saudita, hanno assistito a una scena surreale: MBS, con la faccia avvolta in una keffiah rossa e bianca, si è avvicinato al suo rivale bin Nayef baciandogli teatralmente la mano e inchinandosi alle sue ginocchia. Prima che MBS avesse il tempo di spiegare il gesto, bin Nayef prende la parola e dichiara al cugino: "Ti assicuro fedeltà, nel bene e nel male." MBS si alza in piedi e, agitando vigorosamente la mano di Bin Nayef, dice: "Cercheremo sempre la tua guida". Il filmato, lungo ventiquattro secondi, aveva lo scopo di annunciare che MBS sarebbe succeduto pacificamente a bin Nayef come futuro re dell'Arabia Saudita.
In realtà il trasferimento di potere era stato tutt'altro che amichevole. La sera prima, secondo fonti saudite e americane, bin Nayef era stato convocato per un incontro con re Salman. Giunto al palazzo, le guardie lo circondarono, gli confiscarono il telefono e gli ordinarono di abdicare. Bin Nayef si rifiutò. Secondo l'ex funzionario americano, fu costretto a rimanere in piedi per diverse ore, il che, a causa delle ferite persistenti causate dall'attacco suicida, gli causò dei dolori lancinanti. Una fonte ha riferito che le guardie avevano minacciato di annunciare che bin Nayef era dipendente agli antidolorifici, un'affermazione che l'ex ufficiale americano avrebbe smentito: "Dubito davvero che avrebbero fatto qualcosa del genere".
Con l’arrivo dell'alba, bin Nayef accettò la resa. MBS nominò come nuovo ministro degli Interni un suo parente fedele. Bin Nayef fu rinchiuso nella sua abitazione, dove perfino alcuni dei suoi amici americani più potenti, tra cui i due ex direttori della C.I.A. George Tenet e John Brennan, non riuscirono a raggiungerlo. La strada di MBS verso il trono era stata finalmente aperta.
Nei mesi successivi, MBS avviò un vasto programma di riforme, decretando, tra le altre cose, maggiori libertà civili alle donne (permesso di guida) e alcune limitazioni ai poteri della polizia religiosa (divieto d’arresto). Lo Stato Saudita ha governato a lungo grazie alla sua alleanza con i wahabiti, i quali, legittimando il governo in cambio della loro lealtà, hanno sempre avuto il permesso di diffondere le loro dottrine restrittive e antiquate. MBS ha ridimensionato drasticamente i finanziamenti per la diffusione del wahabismo all'estero, che molti esperti ritengono essere i principali responsabili dell’incoraggiamento al terrorismo globale e della circolazione di idee radicali e antioccidentali. "Tutto ciò che stiamo facendo è tornare a quello che eravamo: un Islam moderato aperto a tutte le religioni e al mondo", ha dichiarato MBS durante un incontro al Ritz-Carlton di Riyad a ottobre: "Non sprecheremo altri trent'anni delle nostre vite per trattare con idee estremiste. Li distruggeremo oggi."
Queste mosse hanno sollevato elogi unanimi dell’Occidente. Thomas Friedman, editorialista degli affari esteri per il Times, ha iontervistato MBS e è convinto che le sue riforme, se saranno implementate, "non solo cambieranno il volto dell'Arabia Saudita ma anche il tono e il tenore dell'Islam in tutto il mondo." Friedman ha scritto che il giovane principe ereditario lo ha tenuto in piedi fino all'una e trenta del mattino discutendo del rinnovamento nazionale fino a quando il giornalista è stato costretto a dichiararsi esausto. "È passato molto tempo da quando un leader arabo mi ha trattenuto così a lungo per parlarmi di nuove idee per trasformare il suo paese". L’editoriale ha suscitato a sua volta indignazione tra i critici dell'Arabia Saudita. Il giornalista di Al Jazeera Mehdi Hasan l'ha definito "imbarazzante". Qualche giorno dopo, all’evento della Brookings Institution, Friedman ha risposto seccatamente: "Ho una notizia per te: l'intero mondo arabo è disfunzionale in questo momento. Perciò se vedo qualcuno che ha le palle di farsi carico della componente religiosa, economica e politica del suo paese, con tutti i problemi che ne derivano… Io voglio alzare la testa e dire: 'Dio, spero che tu ci riesca.' E se qualcuno lo dice si scatena l’inferno. Bene, la mia opinione è ‘chissenefrega,’ ok?"
E mentre i media occidentali bilanciavano i loro giudizi su MBS, lui aveva già iniziato a eliminare sistematicamente tutti i suoi potenziali rivali politici. Nei mesi successivi, la polizia saudita impose un giro di vite su ciò che restava della stampa indipendente del paese e dei gruppi pro-riformisti, arrestando attivisti per i diritti umani, organizzatori pro-democratici e giornalisti importanti. "La maggior parte degli ecclesiasti che sta arrestando non sono religiosi fondamentalisti, ma riformatori, per questo sono popolari," ha detto Jamal Khashoggi, un giornalista saudita residente da poco negli Stati Uniti.
Poco dopo essere diventato principe ereditario, MBS aveva chiesto alle banche occidentali e saudite di contribuire a ricostruire il quadro finanziario degli uomini più ricchi del Regno. Il 4 novembre, inviò la polizia in tutto il paese per arrestare decine di persone, tra cui oltre una dozzina di membri della famiglia reale, accusandoli di corruzione. Fu un assalto senza precedenti alla classe dominante saudita che si era arricchita attraverso tangenti e ricatti grazie ai loro legami con la famiglia reale. MBS aveva avvertito: "Chiunque sia coinvolto in atti di corruzione non verrà risparmiato, principe, ministro o chiunque egli sia. Se ci sono prove sufficienti contro di lui, sarà ritenuto responsabile."
Circa duecento detenuti furono scortati al Ritz-Carlton di Riyad. Tra questi c'erano i principali plutocrati del paese, tra cui una dozzina di principi anziani, il proprietario di una delle principali reti televisive del paese, il capo della Guardia nazionale, e Al-Waleed bin Talal, azionista di maggioranza di Citibank, 21st Century Fox, Apple e Twitter, che ha un patrimonio netto di diciassette miliardi di dollari. Molti erano scossi dal loro primo incontro con una forma di restrizione sulla loro vita. Ali Shihabi, che gestisce un gruppo di esperti filo-sauditi a Washington, ha parlato con diversi detenuti e mi ha detto che tutti hanno subito lo stesso protocollo: gli è stato detto di togliersi i vestiti e hanno ricevuto un'uniforme e un esame medico, durante il quale gli era stato chiesto se stessero assumendo farmaci sotto prescrizione. Furono portati in delle camere sorvegliate, da cui erano state rimosse porte, specchi e qualsiasi altra cosa che avrebbero potuto usare per autolesionarsi. "Potevano guardare la TV e ordinare il servizio in camera," dice Shihabi, "ma non potevano andare via."
Poi sono iniziati gli interrogatori. Poliziotti e investigatori presentarono ai sauditi detenuti le presunte prove dei loro misfatti. Di solito si arrivava a una cifra coercitiva e una volta che i detenuti avevano sborsato e firmato un accordo di non divulgazione, erano liberi di andarsene: "Non c'erano procedimenti di alcun genere, né tribunali, né giudici, né mandati, niente di tutto questo," ha riferito un diplomatico occidentale. Molti sauditi ricchi che non erano ancora stati presi di mira spostarono precipitosamente i loro soldi fuori dal paese, con una fuga di capitale che ammontava a milioni di dollari al mese.
Mentre MBS predicava l’austerità ai suoi compatrioti, non sembrava particolarmente incline ad applicarla a sé. Nel 2015, mentre si trovava in vacanza nel Sud della Francia, acquistò uno yacht, la Serena, da un magnate della vodka russa per centocinquanta milioni di dollari. Comprò anche un castello a ovest di Parigi, con un cinema e un fossato dotato di una stanza vetrata sommersa per poter osservare le carpe. E lo scorso novembre, secondo quanto riferito, ha speso quattrocentocinquanta milioni di dollari per il "Salvator Mundi", il ritratto di Leonardo da Vinci di Gesù Cristo. Un portavoce della famiglia reale ha negato l’accaduto, sostenendo fosse stato un lontano parente di MBS ad aver comprato il dipinto, che doveva essere appeso al Louvre di Abu Dhabi - aperto di recente - dove l'amico del principe MBZ ha accolto i primi visitatori.
Nei media sauditi e occidentali, MBS ha descritto gli arresti come un giro di vite sulla corruzione, grazie ai quali, sostiene, ha potuto recuperare più di cento miliardi di dollari per lo Stato. "Stava mandando un messaggio per dire che la vecchia vita era finita, che la corruzione non sarebbe stata più tollerata", ha detto Bernard Haykel, un professore di studi del Medio Oriente a Princeton, che si è incontrato spesso col principe ereditario. MBS sembra felice che il suo messaggio sia passato, pur attraverso degli interrogatori brutali, durante i quali almeno un saudita sarebbe morto in circostanze poco chiare. Secondo una persona informata degli eventi, Ali al-Qahtani, un generale dell'esercito in pensione, morì d’infarto dopo essere stato sottoposto a un interrogatorio al Ritz. (Il governo saudita ha negato gli abusi). Un detenuto ha anche riferito che Amr al-Dabbagh, ex alto funzionario dell'Autorità per gli investimenti saudita, è stato sottoposto a delle scosse elettriche in albergo. Alcuni di coloro che erano stati all'interno del Ritz-Carlton hanno riferito inoltre che i rapitori parlavano l'un l'altro in inglese, sollevando il dubbio che MBS abbia reclutato degli stranieri per aiutarlo.
Haykel ha difeso le detenzioni, dicendo che senza di loro l'Arabia Saudita avrebbe proseguito sul suo percorso insostenibile. “MBS sa che il sistema non è in grado di riformarsi da solo," ha affermato. "Perché? Il sistema esistente ha molti Reali e uomini d'affari che si arricchiscono grazie alla depressione e non accetteranno mai di privarsi dei loro privilegi. "Ma la campagna di MBS è servita quantomeno a colpire coloro chi potrebbe costituire una minaccia alla sua regola. Molti degli arrestati erano parenti dei re precedenti - giovani che si consideravano eredi al trono, aspiranti al potere del Regno. L'arresto più significativo è stato quello del principe Miteb bin Abdullah, capo della Guardia Nazionale e figlio del defunto re Abdullah. Rimuovendo Miteb, MBS ha ottenuto il controllo effettivo di tutti e tre i rami della sicurezza del paese: esercito, ministero degli Interni e Guardia Nazionale. "Può fare tutto ciò che vuole ora", ha detto Khashoggi, il giornalista saudita: "Tutte le forme di controllo e gli equilibri preesistenti sono spariti."
Alla fine di ottobre, Kushner ha effettuato una visita non annunciata a MBS. Era il suo terzo viaggio nel Regno dalle elezioni. Sebbene Kushner dovesse concentrarsi sul piano per la pace tra Israele e Palestina, evidentemente aveva stabilito che l'obiettivo più urgente era quello di unire la regione contro l'Iran.
Poco dopo la partenza di Kushner, MBS ha incontrato Mahmoud Abbas, il leader dell'Autorità Palestinese, per discutere sulle prospettive di pace in Medio Oriente. Secondo un ex funzionario dell'Amministrazione Obama, i sauditi hanno presentato un piano troppo favorevole a Israele, riconoscendogli Gerusalemme e ratificando quasi tutti i suoi insediamenti in Cisgiordania, offrendo ai palestinesi solo un'autonomia limitata nelle aree sotto il loro controllo. Un alto funzionario palestinese ha detto che i leader arabi hanno esercitato forti pressioni su Abbas, apparentemente in collaborazione con l'amministrazione Trump: "L'idea è di risolvere anzitutto la questione di Gerusalemme, così la Casa Bianca può costruire un fronte unito contro l'Iran." Ma, ha detto, "finché Gerusalemme è sul tavolo, non lo faremo mai".
Più o meno nello stesso periodo, MBS convocò Saad Hariri, primo ministro libanese, a Riyad. Hariri ricevette la telefonata mentre si stava preparando a un pranzo con Françoise Nyssen, ministro della cultura francese, ma non poteva permettersi il lusso di ignorare MBS. Hariri è un cittadino saudita, e la sua società di costruzioni, la Saudi Oger, profondamente in debito, aveva fatto progetti da milioni di dollari per lo Stato Saudita. La relazione di MBS con Hariri si era deteriorata a causa della guerra per procura in corso con l'Iran. Da quando i sauditi e gli Emirati erano intervenuti nello Yemen, quasi tre anni prima, le cose erano andate disastrosamente male. Gli Huthi avevano occupato la capitale, mentre i commando e le truppe d’élite iraniane stavano addestrando nuovi guerriglieri. Fatto ancor più allarmante, gli iraniani avevano iniziato a contrabbandare missili, che i ribelli utilizzavano per bombardare l'Arabia Saudita. Nel tentativo di fermare i missili, i sauditi e gli Emirati avevano bloccato i porti yemeniti, intensificando ulteriormente il disastro umanitario, dove sono morte più di diecimila persone e centinaia di migliaia di altre stavano affrontando la carestia e le epidemie di colera.
Ad aggiungersi all'ansia di MBS c’era la posizione di Hezbollah in Libano. Dalla fine della guerra civile libanese, nel 1990, l'Arabia Saudita aveva offerto miliardi di dollari al paese per la sua ricostruzione, solo per vedere Hezbollah diventare il partito principale e la forza militare dominante. Per diversi anni, il governo americano e quello saudita si sono uniti per costruire un esercito libanese come contrappeso. Nel 2016, un anno dopo che MBS era diventato ministro della difesa, annullò tre miliardi di dollari di aiuti militari, concludendo che si trattava di uno spreco di denaro. "Sentiva che ogni dollaro inviato in Libano finiva nelle mani di Hezbollah", ha dettto l'ex ufficiale americano che si incontra periodicamente con MBS.
I sauditi speravano che Hariri sarebbe stato in grado di affrontare Hezbollah. Era un sunnita, e un politico esperto, che aveva servito come primo ministro dal 2009 al 2011, quando scappò a Parigi, temendo che Hezbollah si stesse preparando a ucciderlo. (Le sue paure non erano infondate. Nel 2005, suo padre, Rafik, un altro primo ministro sostenuto dai sauditi, fu ucciso in un attentato con un'autobomba per il quale un tribunale delle Nazioni Unite ha incriminato quattro membri di Hezbollah.) Nel 2016, dopo due anni di stallo parlamentare, in cui il paese si era trovato senza alcun capo di stato, è tornato ed è entrato in carica.
Ma Hariri non fu in grado di contrastare Hezbollah, anche se MBS lo spinse a prendere posizioni più rigide. Il punto di rottura arrivò all'inizio di novembre. Mentre i ribelli continuavano a lanciare missili oltre il confine, Ali Velayati, un alto leader iraniano, volò in Libano e si incontrò con Hariri. Secondo l'ex funzionario americano, Velayati affermò che l'Iran intendeva continuare ad imporre la sua linea nella regione. In seguito, Hariri posò, sorridendo, per una foto insieme a lui. Quando la voce raggiunse MBS, si infuriò. "Sentiva di dover fare qualcosa", ha detto il funzionario.
Quando Hariri fu convocato per incontrare MBS, si aspettava un caloroso ricevimento dalla famiglia reale. "Saad pensava che tutti i suoi problemi con MBS si sarebbero risolti," disse un aiutante di Hariri. Invece, appena arrivato a Riyad, venne preso in custodia dalla polizia. Secondo due ex funzionari americani attivi nella regione, venne trattenuto per undici ore. "I sauditi lo hanno messo su una sedia e lo hanno schiaffeggiato ripetutamente", ha detto uno dei funzionari. (Il portavoce di Hariri ha negato l’accaduto.) Alla fine, in un video surreale mandato in onda dslla televisione saudita, Hariri, apparentemente esausto e sconfitto, lesse un discorso di dimissioni, sostenendo di essere fuggito dal Libano per sottrarsi a un complotto iraniano per ucciderlo. Hariri, che di solito ha un tono tenero, ha dichiarato che "le mani dell'Iran sulla regione saranno mozzate", una dichiarazione che ha convinto molti libanesi che il discorso fosse stato scritto da qualcun altro.
Non era chiaro chi sarebbe diventato il nuovo Primo Ministro libanese; secondo i funzionari libanesi e occidentali con cui ho parlato, MBS aveva cercato di arruolare il fratello di Hariri, Bahaa – che passa gran parte del suo tempo a Monaco – per occupare la sua posizione. Un alto funzionario americano in Medio Oriente ha detto che il piano era "la cosa più stupida che abbia mai visto". Ma c'erano indizi che MBS avesse coordinato le sue mosse con l'amministrazione Trump, possibilmente durante il summit di Riyad. Un ex funzionario dell'intelligence che è vicino alla Casa Bianca ha riferito che MBS aveva ricevuto la "luce verde" per rimuovere Hariri. (Un altro funzionario dell'Amministrazione ha negato). "È un’azione dirompente", secondo il funzionario dell'intelligence. "Lo status quo in Medio Oriente non funziona, e vogliono distruggerlo."
I funzionari occidentali, colti alla sprovvista dalla detenzione di Hariri, accorsero per salvarlo. Tillerson rilasciò una dichiarazione, dicendo: "Gli Stati Uniti sostengono la stabilità del Libano e si oppongono a qualsiasi azione che possa minacciare quella stabilità." Emmanuel Macron, il presidente francese, fece visita a MBS esortandolo a rilasciare Hariri. Secondo un diplomatico occidentale a conoscenza dello scambio avvenuto, MBS avrebbe aperto la conversazione minacciando di interrompere gli scambi con la Francia, a meno che Macron non smettesse di fare affari con l'Iran. Macron rispose gentilmente che un paese come la Francia era libero di commerciare con chiunque volesse. Macron lo ha gestito molto bene e MBS ha dovuto fare un passo indietro.
Alla fine il piano fallì, quando la maggior parte dell'establishment politico libanese protestò duramente contro la prigionia di Hariri. Due settimane dopo il suo arrivo, Hariri fu rimesso su un aereo. Per prima cosa incontrò alcuni funzionari a Parigi e al Cairo, poi si diresse a Beirut dove poté crogiolarsi nell’accoglienza. "L'intero paese si stringe intorno a lui," disse un leader di Hezbollah.
Diversi giorni dopo il suo ritorno, andai a visitare Hariri a Beirut. Vive nel quartiere di Beit al-Wasat, all'interno di un complesso di ville elegantemente restaurate con vista sul Mediterraneo; poche porte più in là si trova la sinagoga Maghen Abraham, distrutta durante la guerra civile e ricostruita con l'aiuto della stessa famiglia di Hariri. Nonosatante la sfarzosità dei dintorni però, sembrava più un prigioniero esausto che un eroe al suo ritorno: "Non voglio parlare di quello che è appena accaduto", ha detto accasciato dietro alla scrivania. “MBS aveva ragione, ok? Quello che sta cercando di fare è giusto. Chiuso il discorso.”
A marzo, MBS ha iniziato un tour di due settimane negli Stati Uniti, in cui ha viaggiato a New York, Boston, Houston e Los Angeles, alla ricerca di investimenti. Avevano già cominciato a diffondersi le notizie sulle sue relazioni con la Casa Bianca, inclusa quella secondo cui aveva Jared Kushner "in tasca". Eppure, durante un incontro alla Camera dei Gabinetti della Casa Bianca, Trump e Kushner lo hanno ricevuto calorosamente. "L'Arabia Saudita è una nazione molto ricca," ha dichiarato Trump nel Rose Garden, "e daranno agli Stati Uniti un po 'di quella ricchezza, si spera, sotto forma di posti di lavoro e acquisto delle migliori attrezzature militari ovunque nel mondo" (il giorno stesso il Senato ha bloccato una risoluzione che limitava il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra in Yemen).
Anche in Arabia Saudita, MBS sta incontrando poche resistenze. "Lavorare per MBS è una benedizione" per Mohammad al-Shaikh, un ministro saudita. "Ha solo talento da offrire." Shaikh parla delle ambiziose imprese in tutto il paese: 177 km di binari della metropolitana scavati sotto Riyad; una megalopoli del futuro, chiamata Neom, che sorgerà sulla costa del Mar Rosso. “Il costo è strabiliante,” - 500 miliardi di dollari - ha ammesso, “ma sarebbe compensato dall'efficienza governativa, grazie a una nuova agenzia chiamata Bureau of Capital e Operational Spending Rationalization.” Ha descritto i cambiamenti come una sorta di rivoluzione illuminata. "Si tratta di scelte. Questa non è la Primavera araba. Questa è una leadership che ha deciso di sbloccare un potenziale enorme."
Per quanto possano essere innovative le sue riforme economiche e culturali, MBS non sembra esprimere alcun interesse nel liberalizzare il sistema politico del paese. Il modello che sembra attagliarsi meglio alla sua visione è la Cina, con la sua economia dinamica, la popolazione alfabetizzata e il dominio autoritario. Gli esperti del sistema saudita, compresi quelli che ammirano MBS, affermano che i suoi sforzi sono stati portati avanti con un unico obiettivo: preservare la Casa del Saud.
Mentre MBS si appresta a concludere il suo primo anno da principe ereditario, la sua posizione sembra ormai essere assicurata. Ha eliminato o messo a tacere quasi ogni potenziale opposizione. Ha sostituito i generali responsabili della guerra in Yemen e ha proseguito con i suoi piani di privatizzazione dell'industria petrolifera dell'Arabia Saudita.
Allo stesso tempo, le ondate di arresti hanno creato un clima di paura in cui persino le critiche più tiepide al governo vengono severamente etichettate come sleali. L’epurazione dei rivali e la creazione di ciò che equivale a un culto della personalità sembrano essere pensate apposta per far ricadere su MBS tutte le responsabilità del governo, lasciando le istituzioni del paese indebolite. La rapida modernizzazione e le iniziative anti-corruzione, qualunque siano le motivazioni, avrebbero dovuto ispirare legioni di nemici. Tuttavia, i suoi sostenitori sia a Washington che a Riyad sentono che a prescindere dai difetti di MBS, l'alternativa sarebbe ben peggiore.
Nel frattempo alla Casa Bianca il potere di Kushner è sceso, dal momento che il suo nullaosta di sicurezza è stato declassato per una serie di scandali. Ma le nomine di Mike Pompeo come Segretario di Stato e John Bolton come Consigliere per la Sicurezza nazionale fanno presagire l’arrivo di una fase nuova ancora più aggressiva, dove ci saranno sempre meno vincoli da parte degli USA alle ambizioni di MBS. "Nessuno avrebbemai pensato che il leader saudita sarebbe riuscito a sottomettere la famiglia reale, l'establishment clericale e gli uomini d'affari più potenti del paese, ma ce l’ha fatta," dice un ex ufficiale americano che conosce bene MBS. "Ma il suo successo a casa lo ha convinto che la farà franca anche con quello che ha fatto all'estero. MBS è sempre stato una combinazione di visione, tracotanza e arroganza che ora si stanno mostrando. La cosa che più mi preoccupa di MBS è che sa imparare dai suoi successi, ma non dai suoi fallimenti. Questo è il pericolo."
L’articolo originale appare nell'edizione cartacea del numero del 9 aprile 2018, con il titolo "The Ascent" [“L’Ascesa”].
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