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“SE CI AVESSERO CHIAMATO UN’ORA E MEZZA PRIMA NOI LI AVREMMO POTUTI SALVARE”. L’ACCUSA DELL’EX COMANDANTE DELLA CAPITANERIA DI PORTO DI CROTONE SULLA STRAGE DI CUTRO, A DUE ANNI DAL NAUFRAGIO DEL CAICCO DI MIGRANTI CHE CAUSÒ 94 MORTI – L’ACCUSA: “NON È PRASSI ORDINARIA CHE LA GUARDIA DI FINANZA CHIAMI I CARABINIERI, COSA CHE È SUCCESSA QUELLA NOTTE. DEVE CHIAMARE NOI. SAREMMO USCITI” - LA PRIMA UDIENZA CONTRO I MANCATI SOCCORSI AL VIA IL 5 MARZO...

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Alessandra Ziniti per repubblica.it - Estratti

 

 

naufragio di Cutro

Due anni dopo, arrestati e condannati a pene severe tutti gli scafisti che portarono il caicco a sbattere sulla secca di Cutro, è l’ora delle responsabilità istituzionali. Potevano essere salvate quelle cento e passa vite inghiottite dal mare a poche decine di metri dalla spiaggia se la navigazione di quell’imbarcazione avvistata il giorno prima da un aereo di Frontex fosse stata monitorata soprattutto con l’aggravarsi delle condizioni meteo? O se i soccorsi fossero partiti in tempo utile prima a mare e poi a terra?

 

 

«Se ci avessero chiamato un’ora e mezza prima noi li salvavamo. Perché? Perché riuscivamo ad intercettarli. Noi sappiamo che poi ti spiaggi o ti sfracelli sopra gli scogli, li fermavamo e li portavamo via. Purtroppo quando siamo arrivati non c’era più modo di fare niente se non salvare qualcuno».

 

naufragio di Cutro

A parlare, con parole inequivocabili, è il capitano di vascello Nicola Aloi, già comandante della Capitaneria di porto di Crotone al momento del naufragio. La sua testimonianza, inedita, è adesso agli atti del corposo fascicolo che il 5 marzo approderà davanti al gip di Crotone chiamato a decidere il processo sollecitato dalla Procura per sei tra ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza e della Guardia costiera accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

 

 

Fu Aloi, nel frattempo trasfeirito a Livorno, nei giorni immediatamente successivi al naufragio, a tirare in ballo le ormai famose regole di ingaggio di cui, a febbraio 2023, si sapeva poco o nulla.

 

ELICOTTERO DELLA GUARDIA COSTIERA

«Perché non siamo usciti? Dovreste conoscere gli accordi a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono una ricostruzione molto complessa. Le procedure promanano spesso dal Viminale», disse con parole accorate davanti ad una selva di microfoni con i corpi di donne, bambini, uomini ancora allineati nella palestra di Cutro.

 

E un anno dopo, a maggio 2024, davanti al sostituto procuratore di Crotone Pasquale Festa, titolare dell’inchiesta bis sui ritardi nei soccorsi, Aloi ha ribadito che se quella notte gli uomini della Guardia costiera che avrebbero potuto trarre in salvo i circa 180 migranti a bordo del caicco, non uscirono in mare fu perché le nuove regole di ingaggio qualificavano come operazione di polizia i soccorsi alle imbarcazioni di migranti assegnandone la competenza alla Guardia di finanza e prevedendo il coinvolgimento della Guardia costiera solo al momento della dichiarazione di caso Sar (ricerca e soccorso) che per il caicco di Cutro non venne mai dichiarato.

IL DOCUMENTO DI FRONTEX SUL NAUFRAGIO DI CUTRO

 

«Per quanto riguarda gli scenari migratori — spiega Aloi al pm — esiste una direttiva interministeriale che risale al 2005 che deroga alla materia del soccorso per accordo tra il ministero dell’Interno e quello dei Trasporti. E in questa direttiva è chiaramente stabilito che l’operazione che riguarda i migranti rimane un’operazione di Law enforcement finché non si presentano i caratteri del Sar. La figura del comandante della Finanza (dal 2016 unica forza di polizia del mare) viene investita della funzione di On scene commander, comandante della scena».

 

Ma se voi aveste avuto la piena consapevolezza che su quella barca vi erano 180 persone, di cui due terzi donne e bambini, qualche neonato, tenuto conto delle condizioni meteo di quella sera e della rotta seguita, sarebbe cambiato qualcosa si o no?, incalza il pm.

 

MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI - VIGNETTA BY ALTAN

E Aloi non si sottrae: «Probabilmente sì, li avremmo aspettati in prossimità della costa. Il problema è che noi non abbiamo avuto il tempo di uscire dal porto, perché quando siamo stati chiamati la barca era già spiaggiata». Di più. Aloi punta l’indice contro i colleghi della Guardia di finanza: «E non è prassi ordinaria che la guardia di finanza chiama i carabinieri, cosa che è successa quella notte. Deve chiamare noi. Saremmo usciti e saremmo andati incontro al target, li avremmo contattati, avremmo ovviamente appurato qual era la situazione e da lì l’avremmo seguita pronti ad intervenire».

 

(…)

 

 

 

SCHLEIN E SAVINO

Estratti da repubblica.it

 

 

(...) In cerchio, davanti al sacrario delle suppellettili restituite dalla risacca – due minuscole felpe, la targa sbrecciata del caicco, tanti peluche, persino un biberon - si recita prima la prece musulmana, quindi tocca a monsignor Francesco Savino intonare l’orazione cristiana. “In questo luogo abbiamo tutti bisogno di silenzio, di fare memoria per non diventare complici di chi pensa di affrontare la questione migratoria con un approccio securitario, convinti che queste persone siano un problema anziché una risorsa”, tuona il vicepresidente della Cei.

 

i resti del barcone del naufragio di cutro

“La diversità di culture, di religioni, è sempre una ricchezza, mai un ostacolo. Quando oggi sento parlare di deportazioni, quando vedo fratelli e sorelle in catene, mi dico: ma dove siamo arrivati? La soluzione non sono i muri e i fili spinati. Non ci ha insegnato niente la banalità del male? Ciò che mi preoccupa è il male della banalità”. Il padre nostro recitato come una nenia che accompagna il lutto e prova a consolare gli afflitti.

 

Le testimonianze dei sopravvissuti

Elly Schlein è proprio lì accanto, unica figura istituzionale a partecipare alla cerimonia, insieme a un piccolo gruppo di esponenti pd: i parlamentari calabresi Nico Stumpo e Nicola Irto, Paolo Ciani e Sandro Ruotolo. Si commuove, la segretaria, ad ascoltare il grido di dolore dei sopravvissuti. “La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ci aveva promesso che avrebbe fatto venire qua le nostre famiglie, dopo due anni siamo ancora in attesa”, denuncia Assad, che nel naufragio ha perso un fratellino di 7 anni e lo zio. Anche Layla, una pakistana che non sa più niente della sorella, è delusa: “Abbiamo sentito tante parole, ma dei ricongiungimenti non si sa più nulla. Ora vivo in Germania, ma così è dura”.

 

giorgia meloni a cutro

Raccontano tre profughi bengalesi, una ventina d’anni a testa: “Quindici giorni dopo il naufragio, dalla prefettura di Crotone ci hanno chiamato per farsi dare i nomi dei nostri familiari da far arrivare in Italia. Nessuno ci ha più ricontatati da allora”. Schlein è turbata: “Per noi”, replica stringendosi a loro, “è fondamentale essere qui, anche quest’anno, a commemorare i 94 morti, più di 30 bambini, e non si sa quanti dispersi. Siamo qui, insieme ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime per chiedere con loro verità e giustizia.

 

monsignor Francesco Savino

Come due anni fa, siamo ancora qui a fare la stessa domanda: perché non sono partiti mezzi adeguati, né la Guardia costiera? La magistratura sta facendo il suo lavoro, i processi sono in corso, quelli non ci competono, ma c’è un interrogativo politico che ancora aspetta risposta. E noi continueremo a insistere perché il governo la dia. E attivi subito i corridoi umanitari che erano stati promessi”.

BARE FUORI - MEME SUL GOVERNO E I MIGRANTI BY CARLI

 

 

 

ELLY SCHLEIN ALLA CAMERA TRA I CARTELLI DEL PD CONTRO GIORGIA MELONI