DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
Passano i giorni, ma dell' atteso recupero del presidente americano ancora non c' è traccia: anzi, i nuovi sondaggi negli Stati-chiave sono ancora più favorevoli a Biden di quelli di qualche settimana fa (il vantaggio del candidato democratico è salito al 7% in Pennsylvania e in Wisconsin).
Certo, anche quattro anni fa poco prima dal voto Hillary Clinton veniva data in netto vantaggio, ma il clima del 2020 sembra diverso: allora Trump riuscì a mandare alle urne molti conservatori che prima non votavano.
Oggi, invece, lui non ha più l' appeal della novità, mentre i democratici stanno facendo di tutto per mobilitare, presentando il voto come un referendum nel quale si gioca il futuro dell' America: si spiegano così le file di elettori che rimangono per ore in attesa davanti ai seggi dell' early vote in molti Stati contesi: Georgia, Arizona, Ohio, perfino il Texas.
Donald Trump cerca di recuperare moltiplicando i comizi ma, intanto, scava la trincea nella quale conta di resistere in caso di sconfitta: quella della contestazione dell' esito del voto davanti ai tribunali. Il presidente ha già detto più volte che i voti postali sono manipolabili e, perciò, truffaldini e ha rifiutato ogni impegno a riconoscere l' esito delle urne. È scontato che se sconfitto, anche di molto, Trump non concederà la vittoria a Biden.
Solo minacce verbali? Vari atti del presidente fanno ritenere che ci sia di più: un piano per contestare, Stato per Stato, i risultati dello scrutinio.
Ed è significativa la scelta di Rudy Giuliani - ex magistrato e sindaco di New York, oggi avvocato personale di Trump - come gestore delle battaglie legali sul voto. Giuliani, che, dagli affari russi alla Cina, ha seguito il presidente nelle operazioni più spericolate, sarà coadiuvato da Jay Sekulow: un altro avvocato di Trump che lo difese in modo efficace durante l' inchiesta per la procedura di impeachment.
Altro dato inquietante: a pochi giorni dal voto il ministro della Giustizia, Bill Barr, ha rimosso il divieto che ha fin qui impedito ai procuratori federali di indagare per il sospetto di frode elettorale prima ancora dello scrutinio delle schede. Finora la magistratura poteva aprire un' indagine solo dopo la certificazione dei risultati di un' elezione. Ora i procuratori potranno indagare, accusare, interrogare testimoni anche prima del voto. Si possono intimidire gli elettori, ma, soprattutto, potranno essere contestate una miriade di irregolarità negli scrutini, vere o presunte.
Se alcuni Stati non riusciranno a superare le dispute legali ufficializzando i loro conteggi nei 38 giorni successivi al voto (quando i 50 Stati dovranno indicare i 538 Grandi Elettori) si creerà una situazione di incertezza dagli sbocchi imprevedibili: anche con Biden ufficiosamente molto avanti, in assenza di una conferma legale, Trump potrà giocare su lacune e incongruenze di leggi che non hanno previsto un' ipotesi estrema come quella che potrebbe delinearsi .
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