DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Paolo Baroni per “La Stampa”
Il problema è che alla fine paga Pantalone. Per cui da un lato i proprietari degli immobili non si preoccupano più di tanto di scegliere l'offerta più conveniente, come si faceva una volta mettendo a confronto tre o più preventivi differenti; e dall'altro, complice la corsa ad effettuare i lavori incentivati dallo Stato con vari ecobonus, bonus facciate, Sismabonus, già un anno fa si registravano notevoli rincari dei prezzi nel settore dell'edilizia.
Ancor prima che scoppiasse la febbre delle materie prime (che poi la guerra ha ulteriormente esasperato) erano rincarati tutti i listini dagli infissi alle porte ed alle finestre ai pannelli solari, dal nolo dei ponteggi ai materiali isolanti, per non parlare del ferro e del legno i cui costi sono più che raddoppiati, col risultato che rispetto al periodo pre-Covid gli interventi di ristrutturazione da subito costavano mediamente il 50% in più.
Martedì a Strasburgo il presidente del Consiglio Mario Draghi lo ha detto chiaramente: «I prezzi degli investimenti necessari per le ristrutturazioni sono più che triplicati, perché il 110% toglie l'incentivo alla trattativa sul prezzo».
E quindi poco importa qual è il conto finale, anche perché con lo sconto in fattura i proprietari degli immobili di tasca loro non mettono un euro.
Regione che vai...
E così se in Italia l'investimento medio per i lavori in un condominio vale 553.386 euro, in Sardegna il conto sale di un buon 50% e schizza a 835.865 euro, a seguire il Lazio con 677.765, la Puglia con 675.708, e poi tra 605 e 607 mila euro Lombardia, Abruzzo e Campania, mentre al rovescio la Liguria si ferma a 371.916 euro, la Valle d'Aosta a 335.130 ed il Trentino Alto Adige addirittura a 329.738 euro, ovvero il 40,4% in meno della media nazionale.
A loro volta i lavori sugli edifici unifamiliari comportano una spesa media di 112.263 euro: in questo caso si va dai 101.135 euro del Friuli Venezia Giulia ai 121.139 della Sardegna.
Più che di speculazione sui prezzi dei materiali, delle lavorazioni o degli impianti necessari a completare le opere è il costo complessivo degli interventi che finisce sotto osservazione.
Perché il Superbonus già in partenza è nato con un prezzario ben definito da rispettare tassativamente (dai costi di coimbentazione ai prezzi delle caldaie e degli impianti di climatizzazione) e che poi col giro di vite sulla cessione dei crediti ed i nuovi obblighi di asseverazione entrati da poco in vigore per contrastare le truffe è stato aggiornato dettagliando i massimali di spesa di ben 35 voci relative ai cosiddetti «interventi trainanti» come coperture, cappotti termici, impianti termici, ecc.
Le parole del premier dell'altroieri non solo hanno provocato una levata di scudi soprattutto da parte dei 5 Stelle, che ancora ieri hanno difeso il «loro» bonus, ma hanno messo di nuovo in allarme le imprese.
«Non è possibile rimettere continuamente in discussione norme già in vigore: ci dicano una volta per tutte cosa si intende fare di questa misura» ha dichiarato il presidente dell'Ance Gabriele Buia, secondo il quale «il clima di incertezza che regna intorno al Superbonus 110 rischia di bloccare migliaia di lavori già partiti o in procinto di partire, creare enormi contenziosi e di far fallire centinaia di operatori».
L'Ance adesso non solo chiede al governo un chiarimento ma, visto che in ballo c'è una montagna di soldi pubblici (compresa un'ampia fetta finanziata dalla Ue tramite il Pnrr), torna a chiedere «un provvedimento per la qualificazione delle imprese sul modello di quello già adottato per i lavori di ricostruzione nel cratere del Centro Italia» in modo da garantire «massimi standard di sicurezza e professionalità nei cantieri».
Certo il Superbonus ha creato molti posti di lavoro, ha contribuito alla crescita del Pil dell'ultimo anno e mezzo ed ha reso più efficienti decime di migliaia di immobili, come continuano a ripetere sponsor vecchi e nuovi di questa misura, ma a quale prezzo?
Sino a tutto il 30 aprile scorso, stando agli ultimi dati comunicati ieri dall'Enea, si contavano 155.543 asseverazioni relative a 24.263 condomini, 81.973 edifici unifamiliari e 49.303 unità immobiliari funzionalmente indipendenti per un totale di 27,44 miliardi ammessi in detrazione (e 19,19 miliardi di lavori già conclusi, pari al 69,9% del totale ed un onere complessivo per lo Stato di 30,19 miliardi di euro. Che poi è il vero problema che inquieta non solo Draghi ma anche il ministro dell'Economia.
Per il Tesoro costi alle stelle Daniele Franco nei mesi passati, per spiegare il décalage dei vari bonus introdotto con l'ultima legge di bilancio, spiegava che «se lo Stato paga integralmente, o anche di più, il valore della spesa e abbiamo 25-30 milioni di unità immobiliare con 50-100 mila euro di lavoro sussidiati dallo stato, l'effetto sui conti e sul debito pubblico è stratosferici». Per concludere che «soprattutto il Superbonus alla lunga non è sostenibile».
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