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Alberto Simoni per LaStampa.it
Chissà se è come la favola della «Volpe e l'uva»: scopri che qualcosa non t'interessa quando non riesci ad afferrarla. Il sospetto è quantomeno lecito nel caso di Mitt Romney, candidato (sconfitto) repubblicano alla Casa Bianca 2012. Ebbene, l'ex governatore del Massachusetts pare che di voglia di fare il presidente ne avesse ben poca. Così almeno stando alle dichiarazioni del figlio Tagg, primogenito del telegenico Mitt. «Nessuno aveva meno voglia di fare il presidente (degli Stati Uniti) di mio padre», ha detto in un'intervista al Boston Globe definendo poi il padre sin dall'inizio come un «candidato riluttante».
Dunque perché allora dopo il tonfo del 2008, Romney si è buttato di nuovo a capofitto nell'avventura elettorale? Per le insistenze della moglie Ann e appunto dello stesso Tagg. «Non voleva farlo. Se avesse trovato qualcun altro per prendere il suo posto sarebbe stato in estasi all'idea di farsi da parte», ha spiegato il figlio. Eppure durante le primarie qualcuno che ambiva - magari più di lui - a ricoprire il ruolo dello sfidante di Obama c'era. Basti pensare alla tenacia di Rick Santorum, o alla grinta di Newt Gingrich per citare solo coloro i quali più si sono avvicinati a far naufragare il sogno (o l'incubo evidentemente per Tagg) di Romney. Non assomiglia alla storia della «Volpe e l'uva»?
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