NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA ESTERA POTREBBE…
Francesco Bei per “la Repubblica”
giuseppe conte e olivia paladino 1
Tornato sulla scena pubblica dopo qualche giorno di vacanza, Giuseppe Conte è come un corridore che si trova davanti una pista piena di ostacoli da saltare. Con il rischio di inciampare in ciascuno di essi. C'è da collezionare i progetti per il Recovery Fund, preparare la riapertura della scuola, scrivere la legge di Stabilità, decidere una volta per tutte sul Mes.
E pregare naturalmente che le elezioni non si risolvano in una débâcle per i candidati del Pd in Puglia e Marche (mettiamoci anche la Toscana nell'elenco delle Regioni contendibili). l segue dalla prima pagina M a Nicola Zingaretti ha ricordato ieri al presidente del Consiglio, in maniera insolitamente poco diplomatica, che esiste un'ulteriore questione che non può essere elusa, quella del referendum costituzionale.
L'avvertimento è chiaro: Conte non può pensare che il mancato rispetto dei patti sia soltanto un affare interno al Pd. Il governo è nato infatti su un preciso "scambio" fra gli stakeholder della nuova maggioranza. Sulla base di questo contratto, il Pd avrebbe mutato i suoi iniziali tre No in un quarto e decisivo Sì al taglio dei parlamentari.
Condizionandolo tuttavia all'approvazione, seppur non contestuale, di nuova legge elettorale proporzionale. Che, nelle intenzioni, dovrebbe impedire a una possibile armata salviniana di scardinare in futuro la Costituzione, procedendo a strappi grazie ai numeri che gli regalerebbe il Rosatellum.
Il problema è che l'iter della legge elettorale si è inceppato, i renziani in Parlamento si sono rimangiati l'impegno preso e il cerino è rimasto nella mani di Zingaretti. Che ora, la prossima settimana, dovrà affrontare la discussione sul Sì e sul No, nella Direzione del suo partito, avendo questo fianco politico scoperto.
Da qui l'appello-avvertimento a Conte. Perché il 20 settembre è ancora lontano ma intanto, prima dell'apertura delle urne, la maggioranza avrà tutto il tempo per ri-calendarizzare la discussione sul Brescellum (il proporzionale con soglia di sbarramento al 5%).
E il Pd aspetta di valutare quanto siano genuine le parole degli alleati grillini, ma soprattutto valuterà il grado di impegno personale di Conte su questa partita. Ai piani alti del Nazareno fanno notare infatti che il premier non può chiamarsene fuori. Sia perché il proporzionale è di fatto parte del programma, sia perché - sul taglio dei parlamentari - l'unico partito che sta pagando in anticipo conseguenze pesanti è proprio il Pd. Nella Lega e in Fratelli d'Italia i mugugni dei fautori del No ci sono ma vengono silenziati dall'alto.
Anche nel M5s esistono voci contrarie, ma finora si tratta di singoli non organizzati. Nel Pd al contrario si assiste a una vera frattura, che investe il mondo culturale di riferimento e si allarga a organizzazioni vicine come l'Anpi e l'Arci. La lacerazione è dolorosa e si trovano a volte su sponde opposte anche coloro che il No alla riforma Renzi del 2016 aveva visto uniti. Per questo Zingaretti si aspetta ora un impegno proattivo di Conte, che passi anzitutto da un'opera di persuasione dei renziani sulla legge elettorale. L'obiettivo è semplice: arrivare a un voto almeno a Montecitorio. Prima del 20 settembre.
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