DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Sandro Iacometti per "Libero Quotidiano"
Finché si tratta di comprare una borraccia di metallo o di ascoltare i sermoni di Greta Thunberg, tutto sommato, il furore ambientalista si può anche tollerare. Ma ora, di quelle parole e di quegli atteggiamenti modaioli, sta iniziando ad arrivare il conto. E bisogna capire se abbiamo veramente intenzione di pagarlo.
Che il problema sia diventato serio lo abbiamo compreso un po' tutti qualche giorno fa, quando l'Autorità dell'energia ha spiegato che gli aumenti spaventosi delle bollette (+10% la luce, +15% il gas) sono dovuti anche alla politiche Ue per la riduzione della emissioni di CO2, che hanno fatto schizzare alle stelle, da 20 a 50 euro per tonnellata, i costi che le imprese devono sostenere per avere il "permesso" di inquinare.
Mercoledì scorso il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che sembra poco propenso a nascondersi dietro a un dito, ha detto che la lotta al cambiamento climatico «non è un pranzo di gala» e che il rincaro dei permessi di emissione di CO2 terrà le bollette su livelli molto elevati per lunghissimo tempo.
Vabbè, direte voi, pagheremo l'energia un po' più cara, ma almeno salviamo il pianeta. Ed ecco il bello: manco per il cavolo. A spiegarci costa sta accadendo ci ha pensato ieri Claudio Descalzi, che non è un passante, ma l'ad di un colosso energetico come l'Eni che sulla decarbonizzazione nell'ultimo piano industriale ha scommesso qualcosa come 5,7 miliardi di investimenti da qui al 2024, puntando alla neutralità carbonica nel 2050. Che per un gruppo che produce petrolio non è uno scherzo.
Insomma, Descalzi non è uno che se ne frega del clima, anzi. Eppure, intervenendo all'evento per il 55esimo anniversario dello Iai (Istituto Affari Internazionali), ad un certo punto è sbottato: «La transizione è una storia per ricchi, perché sono i ricchi che emettono di più. L'Europa ha una Borsa per far pagare le emissioni, l'Ets. Eravamo a 20-25 euro per tonnellata, abbiamo toccato i 60 euro, arriveremo a 100 euro per tonnellata. Questo sta creando nel sistema industriale, soprattutto per gli energivori, la morte».
Insomma, chi per la sua attività produttiva è costretto a consumare molta energia, se la situazione non cambia andrà a gambe all'aria. E il discorso vale anche per il Cane a sei zampe. «Una raffineria», ha detto Descalzi, «in Europa perde per definizione. Per Eni sarebbe meglio chiudere tutte le raffinerie per non pagare l'Ets e comprare i prodotti dall'estero».
E tutto questo sta avvenendo per niente. Già, perché «l'Europa sta dando l'esempio, l'Italia anche, ma se siamo gli unici serve a poco. Se l'Europa dovesse scomparire, il mondo perderebbe l'8% delle emissioni. Bisogna analizzare le cose in modo competente e non ideologico e le tecnologie non devono passare per l'ideologia».
IL SUICIDIO DELLA UE
Il ragionamento è cristallino. Senza regole uguali per tutti, uccidiamo le imprese inutilmente. Una prova? «Dalla Cop21 di Parigi (a fine 2015, ndr)», ha spiegato Descalzi, «è aumentata la quantità di CO2 emessa: eravamo a circa 32 miliardi di tonnellate all'anno siamo a oltre 33 miliardi. I prezzi del gas e del carbone salgono. C'è qualcosa tra il dire e il fare che non funziona».
E quello che non funziona è che Usa, Cina e India se la ridono guardando il suicidio dell'Europa. Avvertimento per Greta e i suoi seguaci a Bruxelles e in ogni Stato membro della Ue (che ha appena votato con soddisfazione l'innalzamento dal -40% al-55% dell'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030): quando quei Paesi, ha concluso l'ad, «applicheranno gli Ets, quando ci sarà un carbon pricing reale, allora si potrà parlare di ambiente, perché il cambiamento deve essere portato avanti con i fatti». Nell'attesa, andiamo a spegnere la luce nel corridoio, che il contatore corre.
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