DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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NICOLA ZINGARETTI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE SERGIO MATTARELLA
Pagine e pagine di giornale sulle liti nella maggioranza. Ma la verità è una: finché dura l'emergenza sanitaria, finché alle 18 ci saranno bollettini con morti e malati, questo governo resta anche se non va da nessuna parte. Deve chiedere una barca di soldi all'Europa, gestire la più grande crisi economica da un secolo. Le ''fibrillazioni'' saranno tutte defibrillate. Da Mattarella, che manda messaggi a tutti i leader, ammonendoli dal fare capricci mentre il paese va a picco e i cimiteri hanno i posti in piedi.
Ma pure da Zingaretti, che poco gradisce il suo essere finito in un cono d'ombra, ogni giorno offuscato dai casini sulle mascherine della Regione Lazio, dalle minacce renziane e dai pasticci grillini. Il suo avvertimento sulle elezioni in caso di crisi era un messaggio ai suoi due ''partner'' Renzi e Di Maio.
Ma se per il primo il voto a settembre sarebbe esiziale, per il secondo la prospettiva non è più così tremenda. Il Movimento è allo sbando, senza un leader ufficiale, con Travaglio che ha preso il posto di Beppe Grillo e il suo giustizialismo vecchia maniera. Crimi è un reggente che doveva traghettare i 5 Stelle verso gli Stati Generali, dove sarebbe stato votato il nuovo capo politico. Tutto rimandato a chissà quando. E nell'anarchia totale, sono emerse anche le debolezze delle correnti diverse da quelle di Di Maio, che resta l'unico manovratore.
Alessandro Di Battista è un Don Chisciotte bravo a fare battaglie su Instagram o sulle pagine del ''Fatto'', ma che non ha mai governato manco un condominio. E ora i grillini, da Bonafede a Toninelli, dalla Castelli alla Lezzi, hanno capito cosa vuol dire comandare e dunque, spesso, essere fottuti. L'idealismo delle origini si è spento. Resta il giustizialismo, propugnato dalla linea travaglista, e un po' di volemosebbene di sinistra in salsa Fico, da sempre una minoranza nell'elettorato a 5 Stelle.
beppe grillo davide casaleggio giuseppe conte 3
Casaleggio è mal visto da tutti, Rousseau si è rivelata la ciofeca che sembrava, non una legge è stata ''partecipata'' dai cittadini su quella scalcinata piattaforma che succhia 90mila euro al mese dai conti correnti dei parlamentari grillini. Beppe si è rintanato nelle sue ville, abbandonando la sua creatura al suo destino.
Ergo, in caso di voto resterebbe solo Di Maio a decidere truppe e liste, e un partito semi-personale al 15% (questo dicono i sondaggi) non sarebbe mica male. Perfetto per tornare a quell'alleanza con Salvini che Giggino (ma anche Crimi) sogna tutte le notti. Non gli è mai passato di mente quel messaggio del Capitone che, nel pieno delle sue mattane d'agosto, gli offriva la prima poltrona di Palazzo Chigi.
Allora Di Maio era vicepremier, capo politico del M5s, e soprattutto trattava come un burattino il povero Conte. Ogni giorno lui e Matteo bullizzavano la pochette a quattro punte che a loro doveva tutto. Al Tesoro c'era Tria, un altro che si potevano permettere di comandare, alla Farnesina l'invisibile Moavero. Una pacchia.
giuseppe conte dario franceschini
Ora la faccenda è ribaltata: è il Pd che deve la sua riesumazione a Conte, e dunque ogni giorno protegge il premier da qualunque attacco, soprattutto da quelli che vengono dal ''suo'' Movimento. Grazie a Conte, il Pd si è seduto al banchetto delle nomine pubbliche, e per questo gli sarà a lungo riconoscente, e proverà a tenerlo in sella più a lungo possibile.
Ma questi sono elementi da tenere a mente quando si studiano i comportamenti dei politici italiani. Scenari che non si realizzeranno a breve, la politica ha tempi lunghi, così come il virus coprirà le ''crisi'' scatenate da Bonafede, Bellanova, o dal rapporto tra il capo dei servizi Vecchione e la ministra Pisano. Senza emergenza sanitaria, qualsiasi altro governo sarebbe finito a gambe all'aria.
In questa fase di stallo però, non è detto che tutto resti uguale. Salvini legge i sondaggi, immagina l'asse con Di Maio e sa che deve cambiare strategia. Preoccupatissimo dell'ascesa di Zaia, che ha raggiunto consensi da Corea del Nord, trafitto dalla pressante sfiducia dei piccoli e medi imprenditori del nord che hanno sempre votato Lega, vuole riallacciare i contatti con Giorgetti.
Se l'Italia sta per firmare l'odiato ma irrinunciabile Mes, il leghista sa che non potrà mai tornare in maggioranza se non smorza la guerra contro Bruxelles. Per questo accarezza l'idea di tagliare davvero i ponti con Marine Le Pen e Afd, primo requisito richiesto dalle cancellerie europee per non fare un'altra brutta fine (politica).
Tanto più che deve arginare l'ascesa di Giorgia Meloni (in privato la chiama Rita Pavone), che non solo ha creato una rete internazionale con partiti conservatori considerati meno ''tossici'' da Bruxelles, ha oggi un rapporto molto più stretto con il Berlusconi che si proclama anti-sovranista, in virtù dei buoni uffici di Crosetto con Gianni Letta.
giorgia meloni con mascherina tricolore
Che succede invece nel resto del panorama politico? Lassù al Quirinale non tutti i consiglieri la pensano allo stesso modo, tra gli ultra-moderati Grasso e Astorri mentre il mitologico Zampetti mantiene un ponte con i 5 Stelle da quando Di Maio era vicepresidente della Camera (legislatura 2013-2018) e lui da segretario generale di Montecitorio lo introduceva ai meccanismi del Palazzo.
luigi di maio chiara appendino paola pisano
Conte è portato come una divinità egizia in spalla da quei vecchi volponi democristiani del Pd, in testa Franceschini e Guerini, Marcucci e Delrio, mentre l'ex Pci Gualtieri viene trattato peggio di un bancomat, bombardato di richieste a destra e manca, e purtroppo gli manca la statura politica per rimettere a posto i questuanti di "marchette" (non a caso se l'è presa col povero Fassina di Leu, dal basso del suo 1%).
La sua azione è stata così debole che ora, su pressione del Colle, si pensa finalmente alle Poste per distribuire soldi, visto che le banche ti schiaffano davanti le loro lunghe e tortuose istruttorie. L'urgenza, e lo ha scritto Draghi oltre un mese fa nel suo editoriale, è mettere soldi in tasca agli italiani per far ripartire la domanda. Senza domanda, si possono riaprire tutte le aziende che vuoi, ma nessuno comprerà i loro prodotti. E il Sistema tracolla.
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