DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Maurizio Molinari per “la Stampa”
Scintille fra Israele e Stati Uniti. «Benjamin Netanyahu è un premier codardo», afferma a «The Atlantic» un alto funzionario dell’amministrazione Obama, spiegando che «non ha coraggio di fare nulla e pensa solo alla sopravvivenza politica».
«Il lato positivo di Netanyahu è che ha paura a iniziare guerre - dice l’anonimo collaboratore del presidente Usa - e quello negativo è che non farà nulla per un’intesa con i palestinesi. Non è Rabin, non è Sharon, e di sicuro non è Begin». L’affondo è condito dal termine gergale «chickenshit» e dalla valutazione al vetriolo sull’opposizione di Netanyahu al nucleare iraniano: «Non può più intervenire, 2-3 anni fa l’attacco era possibile ma non ha trovato la forza per premere il grilletto».
OBAMA ARRIVA IN ISRAELE ACCOLTO DA NETANYAHU
Sono giudizi che mirano a delegittimare Netanyahu di fronte al suo pubblico: se è vero che Reagan duellò con Begin, Bush padre con Shamir e anche Bush figlio ebbe tensioni con Sharon, nessuna amministrazione Usa si era mai spinta a tanto. I motivi li spiega Jeffery Goldberg, autore dell’articolo, sommando «totale carenza di fiducia» alla condanna degli «insediamenti illegittimi» e al disaccordo sul nucleare iraniano visto che Obama si avvia al compromesso con Teheran.
È il livello più alto della crisi bilaterale iniziata nel 2009 con il duello sugli insediamenti, continuata nel 2011 quando Obama sostenne i confini del 1967, poi nel 2014 allorché gli Usa iniziarono a trattare in segreto con Teheran. Se Washington ora va oltre è perché attribuisce il fallimento del negoziato israelo-palestinese di John Kerry alla difesa degli insediamenti in Cisgiordania da parte di Netanyahu, che giorni fa ha rilanciato annunciando 1060 nuove case in due quartieri ebraici di Gerusalemme Est, oltre la linea verde.
«Dopo il voto di Midterm - prevede “The Atlantic” - l’amministrazione potrebbe far approvare una dura condanna Onu degli insediamenti». L’articolo viene interpretato in Israele come il segnale che Obama vuole far cadere il premier in coincidenza con l’aumento delle sue difficoltà interne. Non a caso il ministro delle Finanze Yair Lapid e il leader laburista Isaac Herzog accusano Netanyahu di «difendere male gli insediamenti».
E il presidente, Reuven Rivlin, lo bacchetta: «La nostra politica estera si basa sull’amicizia con gli Usa». Netanyahu ribatte: «Continuerò a tutelare la sicurezza di Israele e i diritti degli ebrei su Gerusalemme».
Al fianco ha Naftali Bennet, leader della destra della coalizione: «È un attacco Usa a tutti gli israeliani». La Casa Bianca tenta di stemperare il clima con Susan Rice, consigliere per la sicurezza: «Le relazioni restano salde».
E il portavoce della Casa Bianca assicura: «La definizione di “codardo” non ci rappresenta ma abbiamo disaccordi». Ovvero, i dissensi sono con Netanyahu non con Israele. Le prossime settimane diranno se Obama riuscirà a far cadere Netanyahu o se ripeterà il flop del 2010 quando, sempre a «The Atlantic», disse che avrebbe voluto Tzipi Livni premier.
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