DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Chi ha vinto l’ultimo dibattito fra aspiranti candidati prima della partenza vera della campagna delle primarie? Chi ha un margine di distacco in tutti i polls, i seri sondaggi americani, superiore anche a quello del candidato Ronald Regan nel 1980? Chi martedì sera a Las Vegas si è potuto permettere di essere attaccato dagli altri undici come se fosse un avversario del partito democratico, e restare tranquillo?
Lui, e comunque vada a finire, li ha fatti sembrare undici ectoplasmi, l’ultraconservatore Cruz che si provava ad attaccarlo con i suoi stessi argomenti, Rubio il cubano in veste buonista, visti i soldi che gli passa Mark Zuckerberg, la Fiorina con la lagna “sono donna e non mi fate parlare”, dulcis in fundo Jeb Bush intrappolato nel vestitino di figlio e fratello per caso, buono, pacifista, cattolico, bergogliano, dunque superfluo.
Perché lui è Donald Trump, possiede miliardi di dollari e una torre col suo nome quasi in ogni capitale, una vodka, una rivista, un’agenzia di viaggi, due o tre libri venduti in milioni di copie, una trasmissione “the Apprentice”, copiata in tutte le tv del mondo, un busto di Reagan in ufficio, 69 anni ostentati, e voi no.
L’invidia, il fastidio, il sopracciglio alzato, dilagano e ottenebrano i suoi avversari del Gop, il fu Grand Old Party repubblicano, i quali sembrano più preoccupati del gran villano che del terrorismo in casa e del fallimento mondiale di Barack Obama, e mangiano per questo la polvere dei sondaggi.
L’invidia, il fastidio e il sopracciglio alzato dilagano anche, messo in pausa per un po’ lo sdegno per Marine Le Pen, fra i commentatori italiani tutti, da quelli fieramente de sinistra, che sono semplicemente inorriditi perché l’uomo è miliardario, dunque sfruttatore, c’ha la terza o quarta moglie strafica, è razzista, è rozzo, c’ha il riporto, e pur di non vederselo in incubo alla Casa Bianca, sono disposti a farsi piacere Hillary Clinton che, da misogini incalliti, schifarono nel 2008, quando era nella versione originale;
dibattito las vegas cruz trump
a quelli come Giuliano Ferrara, che il pagliaccio non lo possono proprio soffrire, e tirano fuori una spocchia su chi è unfit to lead che fa invidia ai reduci berlingueriani, dimentichi delle somiglianze con l’adorato Cav, di anni passati a giustificare corna cucù e Mediaset, di manifestazioni per le Olgettine al grido di “siamo tutti puttane”, finiti oggi in salmi al rottamatore PittiBullo e alla sua arroganza.
Dimentichi, quelli de destra, conservatori e liberali, che le stesse argomentazioni furono usate non solo per il Berlusca in patria e Ue, ma a suo tempo per la candidatura di Ronald Reagan, ieri idiota di Hollywood oggi divinità del Novecento, e per quello Schwarzenegger che solo una nascita in Austria ha bloccato sulla stessa trionfale strada della Casa Bianca. Ricordo personalmente gli sghignazzi nelle redazioni chic quando mi provai a sostenere che il culturista si sarebbe candidato alla California e avrebbe stravinto. Quella è l’America, e non potete farci niente, cari intellò.
Jeffrey Lord, che fu il capo dello staff di consiglieri politici di Reagan, e ora sostiene Trump, spiega che le somiglianza tra i due ci sono, eccome. E che l’establishment che bollava il suo capo come estremista e rozzo, oggi dicono le stesse cose del miliardario, e che, come allora, la totale incomprensione tra base e nomenclatura del partito repubblicano spianano la strada agli outsider. Trump come outsider è navigatissimo, sentite che dice del rapporto con i media, dopo che il Washington Post, alla frutta con gli argomenti, lo ha paragonato nientemeno che a Benito Mussolini. «Uso i media come i media usano me, per attirare attenzione.
Una volta che ce l’ho, sta a me usarla a mio vantaggio. Ho imparato da tempo che, se non hai paura di essere schietto, i media scrivono di te, ti implorano di partecipare alle loro trasmissioni. Quando fai le cose in modo diverso da tutti gli altri, quando dici cose eccessive e rispondi agli attacchi, i media ti amano. Per questo a volte faccio commenti shock: per dare alla gente quello che vuole, e per dire la mia. Dopotutto, sono un uomo d’affari che cerca di vendere il suo brand. Quando è stata l’ultima volta che avete visto una pizzeria con la scritta “La quarta miglior pizza al mondo?”». Appunto.
Tutti gli avversari se la fanno sotto, quelli in casa e quelli dall’altra parte. Dopo la famosa dichiarazione sull’ingresso dei musulmani negli USA, Hillary Clinton ha smesso di ridere e ha messo su la faccia dell’allarme, Barack Obama è intervenuto personalmente. Non si fa così se un tizio strampalato dice una cosa impopolare, no? Secondo un sondaggio Bloomberg, l’uscita del magnate è approvata dal 65 per cento degli elettori repubblicani, altro che messaggio che allontana i moderati dal voto, e anche fra gli elettori democratici, che disapprovano, suscita interrogativi pesanti sull’inadeguatezza della sicurezza nel Paese.
Tanto più che gli americani, a differenza degli europei, di quella frase hanno avuto il bene di leggere anche la seconda parte, ovvero “chiudiamo i confini ai musulmani” “finché i nostri leader non avranno trovato un modo efficace di difenderci”. Detta alla vigilia di San Bernardino, poco prima che Los Angeles fosse chiusa un giorno intero per allarme strage, non è andata male. Né è andata male con l’intera frase sul blocco di Internet che ha fatto rizzare le piume a Zuckerberg, reduce dall’averci rifilato per beneficenza un giro di società.
MARK ZUCKERBERG E BARACK OBAMA
Trump ne ha chiesto con una sparata ad effetto la chiusura, ma “per mettere al lavoro un gruppo di esperti che ne blocchi l’accesso all’Isis e la circolazione di informazioni ai terroristi”. Né è andata male quando, rispondendo a una puntuta intervistatrice di Cbs che gli ricordava come Hillary avesse versato in tasse il 40 per cento dei suoi guadagni e gli chiedeva se fosse disposto a fare la stessa cosa, Trump ha sparato “Ehi, io faccio l’imprenditore, devo far girare denaro, meno soldi riesco a dare a uno Stato sprecone, più bravo sono”. In America funziona, è il sale di “life liberty and the pursuit of happiness”.
Succede allora che, dileggiata per mesi, la candidatura alla Casa Bianca di Donald Trump appaia oggi come una realtà concreta e un chiaro pericolo. Un modo per arginarlo, per il Grand Old Party di ectoplasmi, potrebbe essere la "brokered convention", ovvero una convention "contrattata, negoziata". Se dopo le primarie non c’è un candidato con la maggioranza dei delegati alla prima chiamata al voto, la nomination è assegnata, dopo contrattazioni e votazioni varie, con l’inciucio, ovvero con i delegati non più tenuti a votare per il loro candidato, secondo le regole delle primarie dello Stato in cui sono stati eletti, ma secondo quelle del vertice del Comitato nazionale del partito.
Il capo del quale, Reince Priebus, ci starebbe già lavorando, sia nel caso che Trump dovesse arrivare alla convention di Cleveland a luglio 2016 con un numero significativo di delegati, sia nella speranza di spingerlo prima con questa minaccia a ritirarsi e candidarsi come indipendente. Puro tafazzismo anche questo. L'ultima volta che il partito repubblicano arrivò alla convention senza un candidato con la maggioranza risale al 1976, quando il presidente Gerald Ford riuscì comunque a vincere al primo voto contro Ronald Reagan.
A novembre vinse quel fesso di Jimmy Carter, perché Ford proprio non si poteva sentire, andò come andò a Teheran, con assedio, ostaggi, umiliazione, e nell’80 Ronald Reagan arrivò come il salvatore della dignità perduta. Suona simile a oggi? Ma anche il terzo candidato è deleterio nella storia del Gop, visto che nel 1992 i voti assegnati dai moderati al miliardario Ross Perot consentirono a Bill Clinton di vincere con pochi voti.
Donald Trump a Las Vegas ha ribadito che lui è repubblicano e va avanti fino in fondo; a rimbrottare il comitato nazionale è intervenuto un finanziatore pesantissimo, Rupert Murdoch, uno che possiede, per dire, Fox tv e Wall Street Journal, che appoggia Trump, e ha ammonito pubblicamente da gesti che riconsegnino la vittoria agli odiati democratici. Buffo che il destrissimo ultra conservatore Murdoch ce la meni solo in Italia con delle news sempre con la lacrimuccia politically correct, e il birignao ai Monti, Letta Renzi, vero? Ma questa è l’Italia, e tu non puoi farci niente.
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