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Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
Quello sguardo duro e il profilo aquilino ricordano qualcuno. All'estero l' inevitabile paragone sarà con Angela Merkel. Sono entrambe figlie di un pastore protestante, hanno entrambe lo stesso approccio non ideologico alla politica. Ma ieri mattina i cronisti di lungo corso delle principali testate inglesi la ascoltavano e intanto sui loro taccuini scrivevano un nome. Maggie. «Lo stile è quello». Il pugno di ferro nascosto dietro a un sorriso che risulta quasi sempre un po' forzato.
«Sono Theresa May e sono la persona più adatta a fare il primo ministro». Questo si chiama andare subito al punto. La candidatura annunciata da giorni è così diventata ufficiale. Ma l' attuale Home Secretary ha voluto andare oltre, dicendo che se sarà lei la persona scelta per succedere a David Cameron, non ci saranno elezioni generali fino al 2020, data di scadenza della legislatura.
La promessa di stabilità si accompagna alla presa d' atto dell' evento che in una sola settimana ha fatto passare la politica inglese da modello di stabilità a flipper impazzito. «Brexit significa Brexit» ha detto May, che pure essendo euroscettica da sempre è l' unica candidata alla guida dei Tories (insieme al ministro del Lavoro Crabb) a essersi schierata per il Remain.
Ma lo ha fatto con una determinazione rivedibile, tenendosi in disparte, precisando ogni volta che la sua scelta era dettata soprattutto dalla fedeltà a Cameron. Questa apparente ambiguità ora è diventata un punto di forza, perché colloca May in una posizione di apparente neutralità. «La campagna referendaria è stata combattuta, l' affluenza alta, e il popolo ha emesso il suo verdetto. Non ci devono essere tentativi di rimanere nell' Ue». Il dado è tratto.
Nata Theresa Braiser 59 anni fa nella città costiera di Eastbourne nel Sud dell' Inghilterra, studentessa di geografia a Oxford, conobbe il futuro marito Philip durante una festa in discoteca dei Giovani Conservatori. A presentarglielo fu una compagna di università che avrebbe poi fatto carriera. Era Benazir Bhutto, futuro primo ministro del Pakistan. Il primo impiego fu alla Banca d'Inghilterra. La prima nomina a deputato nel fatale 1997, nelle elezioni che mandarono al potere Tony Blair. Nei lunghi anni all'opposizione May si è distinta come coscienza critica dei Tories.
«Perdiamo perché siamo identificati come il partito dei cattivi» disse in un celebre discorso dopo la sconfitta del 2002. Theresa May non appartiene certo alla confraternita dei buoni. Le sue posizioni sull' immigrazione sono spesso state così rigide da creare perplessità nei Tories e attriti con i colleghi di governo. E il tratto saliente che le viene riconosciuto è quello di una innata perfidia. Un genio della «character assassination».
theresa may boris johnson e theresa maytheresa may
Quasi al livello di Margaret Thatcher. Ieri mattina ha subito dato un saggio della sua abilità, raccontando con apparente noncuranza di quando l' allora sindaco di Londra Boris Johnson tentò di dotare la polizia di cannoni ad acqua nonostante l' esplicito divieto del ministro dell' Interno, ovvero lei. «Sapete, andò in Germania e tornò con tre cannoni seminuovi» ha aggiunto. «Bisognerebbe spiegare a certe persone che la politica non è un gioco, ma un affare serio che ha conseguenze sulla vita della gente». Il sorriso che accompagnava la frase diceva tutto. E faceva anche un po' paura.
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