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Da "la Stampa.it"
No della Consulta ai referendum che miravano alla modifica della legge elettorale e all'abolizione del "Porcellum". I giudici della Corte Costituzionale hanno detto no ai due quesiti che erano stati loro sottoposti: uno era totalmente abrogativo e l'altro abrogativo solo di alcune parti del "Porcellum". Ed è polemica tra Antonio Di Pietro e il Quirinale.
Negli ambienti del Quirinale si rileva che parlare della sentenza odierna della Corte Costituzionale come di una scelta adottata «per fare un piacere al Capo dello Stato» è una «insinuazione volgare e del tutto gratuita, che denota solo scorrettezza istituzionale».
Sembra che il commento del Quirinale si riferisca in particolare alle dichiarazioni di Antonio Di Pietro che, commentando la decisione della Consulta di non ammettere i referendum, fra l'altro ha detto che questa decisione «non ha nulla di giuridico, di costituzionale ma è politica, per fare un piacere al Capo dello Stato, alle forze politiche e alla maggioranza trasversale e inciucista del Parlamento».
Il leader dell'Idv ha inoltre definito la sentenza della Corte Costituzionale «una volgarità che rischia di trasformarci a breve in un regime, se non viene fermato dal popolo al più presto con le elezioni».
Il primo quesito non ammesso dalla Consulta chiedeva di dichiarare ammissibile l'abrogazione totale della legge elettorale studiata dall'ex ministro Roberto Calderoli, il cosiddetto 'porcellum' che prevede liste bloccate e dunque toglie la facoltà agli elettori di esprimere una preferenza. Il secondo quesito chiedeva di eliminare, ad una ad una, le novità introdotte dalla stessa legge Calderoli alla precedente legge elettorale abrogata nel 2005, il cosiddetto 'mattarellum', secondo un'espressione coniata dal politologo Sartori.
Tra i primi commenti al verdetto, Arturo Parisi, membro del comitato referendari: «Noi abbiamo fatto la nostra parte. Adesso tocca ai partiti, a quelli che questa legge l'hanno voluta e a quelli che ne hanno goduto. Non vorrei essere nei loro panni ma noi continueremo la battaglia dentro e fuori in Parlamento».
REAZIONE DEL QUIRINALE: Parlare della sentenza odierna della Corte Costituzionale come di una scelta adottata "per fare un piacere al Capo dello Stato" è una insinuazione volgare e del tutto gratuita, che denota solo scorrettezza istituzionale.
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