RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Da come si concluderà l'infinita trattativa su Autostrade, dipenderà il futuro del governo e dei suoi protagonisti. Dei 5 Stelle che, ingagliarditi dalla sentenza della Corte Costituzionale sfavorevole ai Benetton, sulla ricostruzione del ponte di Genova, rilanciano e chiedono che Atlantia, la holding che ha la maggioranza di Autostrade per l'Italia all'88 per cento, venda tutte le quote e abbandoni la società autostradale. I grillini - Alessandro Di Battista a parte - sanno che la revoca comporterebbe conseguenze insondabili, politicamente ed economicamente.
E' l'arma finale, se ogni altra strada dovesse fallire. Ma adesso al M5S sembra comunque non bastare più quanto proposto mesi fa dal viceministro Stefano Buffagni: obbligare Aspi a tagliare le tariffe e ai risarcimenti, infine ridurne l'azionariato sotto il 50 per cento. La tesi è semplice: in caso di acquisto pubblico lo Stato si troverebbe a essere comunque socio dei Benetton, cioè di coloro che il M5S accusa dei crimini peggiori. Questo irrigidimento, però, potrebbe anche essere, come appare al Pd, una tattica negoziale per piegare le ultime resistenze della controllante.
PAOLA DE MICHELI ROBERTO GUALTIERI
Ieri i 5 Stelle ne avrebbero dovuto parlare in serata a Palazzo Chigi, in una riunione, poi rinviata, con il capo politico Vito Crimi e il capo delegazione Alfonso Bonafede. Ma a giocarsi il futuro è anche Paola De Micheli, la ministra sconfortata per aver ereditato una delle peggiori rogne di questo governo. Mercoledì pomeriggio, a Madrid, Giuseppe Conte aveva consegnato una data ai cronisti: entro domenica l'incubo della concessione ad Aspi deve avere termine. Il giorno dopo, l'ultimatum è stata trasmesso a De Micheli e al ministro dell'economia Roberto Gualtieri.
Con tutta l'irritazione del premier per quello che considera una perdita di tempo provocata dai due titolari del dossier. In più passaggi, durante la sua visita lampo in Spagna, Conte fa cenno ai negoziati condotti dai ministri dei Trasporti e del Tesoro. Fa intendere di non aver partecipato in prima persona ai confronti con Atlantia e di essersi affidato alle interlocuzioni di De Micheli che più volte, per scongiurare la revoca, gli aveva assicurato l'imminenza di una contro-proposta dei Benetton, favorevole anche per lo Stato. Contro-proposta che Conte sostiene di aver atteso invano. Perché quelle arrivate sul tavolo del governo «sono considerate irricevibili».
E così il premier chiama De Micheli e l'avverte che non accetterà altri rinvii: «Ora basta, ho detto a tv e giornali che al massimo aspettiamo fino a domenica». Per dimostrare che questa volta fa sul serio, al vertice con i manager dei Benetton, manda l'uomo di cui si fida di più, il segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Chieppa.
Il premier vuole vigilare e assicurarsi che non ci siano altri tentennamenti. De Micheli da parte sua gli chiede il coinvolgimento di tutto il governo e ottiene l'ipotesi di un Consiglio dei ministri già lunedì. «Una decisione di questa portata ha bisogno del massimo della collegialità». Non vuole avere solo lei la responsabilità di arrivare alla revoca. Nel Pd c'è chi la racconta con più malizia e dice che la ministra sta indugiando perché, consapevole ormai di essere in cima alla lista di chi lascerà il governo nel probabile rimpasto d'autunno, trova insensato firmare di suo pugno un decreto inter-ministeriale che potrebbe costare cause per anni.
Di certo, per i 5 Stelle molto dipenderà dall'esito della trattativa con Autostrade. Nel Movimento c'è anche chi sarebbe disposto a rinunciare alla Giustizia per avere i Trasporti e le Infrastrutture, il ministero dove passerà la gran parte di quella montagna di miliardi che dall'Europa finiranno in cantieri, ferrovie, porte e strade. Un tesoretto di consenso al quale però il Pd, l'ex ministro Graziano Delrio in testa, non intende rinunciare.
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