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Da il retroscena.it
Alfano ieri, con quella frase studiata con cura nella forma e nella scelta dei tempi e non a caso rilasciata a margine di un meeting dal sapore internazionale come quello di Cernobbio, l'ha detto nel modo più chiaro possibile: il messaggio sia chiaro a tutti, la questione Berlusconi non è per nulla chiusa.
E non tanto perché nel Pdl l'opinione prevalente sia che, alla fine di tutta questa lunga ed estenuante vicenda processuale e politica, Berlusconi riesca davvero a vedere la luce, quanto perché -per adesso- l'ordine di scuderia partito dalla sala di comando di Arcore è uno solo, ovvero quello di prendere tempo, esercitando qualsiasi mezzo a disposizione per attuare una efficace strategia dilatoria.
Fiducia ai minimi sul ricorso.
Perché la fiducia nell'esito del ricorso alla Corte di Strasburgo proposto da Silvio Berlusconi, sembra ridotto all'osso anche tra i pasdaran azzurri, che sanno bene quanto -al di la del merito giuridico su cui si fonda il ricorso- la figura dell'ex premier sia poco "amata" fuori dall'Italia e dunque non si aspettano dai giudici internazionali un trattamento molto migliore di quello ostile ottenuto -a loro dire- dai tribunali nostrani.
Ma la mossa del ricorso ha appunto una funzione ben precisa nei delicati equilibri della strategia difensiva del Cav., quella di costituire quel "fatto nuovo" che consenta agli esponenti del Pdl presenti nella giunta delle Elezioni, di chiedere una sospensione dei lavori fino a che non sia stata chiarita dall'Alta Corte la congruità della norma Severino con il dettato costituzionale italiano.
Tattica dilatoria.
E la situazione potrebbe essere risolta subito, oggi stesso, in apertura di seduta, dal relatore Andrea Augello che, preso atto delle novità intercorse, potrebbe troncare la questione e chiedere egli stesso una sospensione dei lavori per attendere l'approfondimento (almeno parziale) dei giudici internazionali.
La domanda a quel punto è una sola, cosa faranno i commissari del Partito democratico presenti in giunta? Dalle parti del Nazareno si ostenta una volontà granitica di portare Berlusconi al redde rationem sulla sua vicenda processuale, anche perché la pressione della base -attentissima sul tema- si è fatta insostenibile già da agosto, ai limiti del contatto fisico, come dimostrano le polemiche sull'iper-garantista Violante, reo di aver dato l'impressione di voler salvare Berlusconi.
Ma proprio la linea scelta dal Pd, ovvero quella di dare un seguito quasi asettico alle decisioni della magistratura, qualcosa che non sappia di persecutorio ma che non lasci più dubbi al popolo democratico sulla scelta di campo dei suoi esponenti, potrebbe già contenere al suo interno la decisione di non muovere guerra -nei fatti più che nei proclami-contro un'eventuale richiesta di sospensione dei lavori.
Muoversi in "punta di diritto".
Infatti, se la scelta principale è quella di muoversi sulla questione in "punta di diritto", il Pd avrebbe altresì deciso conseguentemente di non intralciare in alcun modo il corso degli eventi post sentenza, né in un senso né nell'altro e dunque neppure di conculcare in qualche modo ogni opzione (per quanto ritenuta infondata) che la difesa di Berlusconi possa mettere legittimamente in piedi per la salvaguardia del suo assistito.
Insomma, la linea che potrebbe emergere in giunta è quella di "non approvare ma neppure di fare le barricate", contro una eventuale richiesta di sospensione dei lavori inoltrata dal centrodestra, quantunque già moltissimi tra i massimi esperti in materia del Pd si siano espressi con una stroncatura netta delle ragioni giuridiche di questo ricorso, da Casson a Ceccanti, passando anche per lo stesso Violante.
Una fine comunque scontata.
Ma il punto qui è evidentemente politico e con una valutazione meramente tecnica, ha poco o nulla a che fare. Insomma, la mission del Pd resta quella di arrivare una volta per tutte alla conclusione della guerra dei vent'anni, nel pieno solco del diritto, ma di arrivarci per gradi, senza forzature e senza dare appigli a chi aspetta solo una sbavatura per gridare ancora alla persecuzione.
D'altronde, lo ha detto anche Epifani, nelle pieghe del suo intervento dell'altro giorno, parlando del "tempo necessario da concedere alla difesa per argomentare le proprie ragioni". Un segnale di fermezza sul principio, ma anche di apertura alla concessione di un margine sui tempi, che potrebbe far slittare tutto di circa un mese. Poi, ad ottobre, le altre opzioni saranno azzerate e a quel punto si dovrà decidere, una volta per tutte.
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