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F. Grignetti e R. Arena per “la Stampa”
Entrato in campo il tribunale dei ministri di Palermo, per Matteo Salvini si apre la nuova fase, «inusuale» dicono i suoi, di ministro dell' Interno e di indagato per tre reati gravi, quali il sequestro di persona, l' arresto illegale e l' abuso d' ufficio. Domani incontra Viktor Orban; subito dopo affronterà decidere se nominare un avvocato di fiducia o affidarsi all' Avvocatura dello Stato.
Con il tribunale dei ministri, entra in scena un giudice uno e trino, che indaga più che valutare le prove. Entro 90 giorni, il collegio presieduto da Fabio Pilato e composto da Filippo Serio e Giuseppe Sidoti, due Gip e un magistrato della sezione fallimentare, dovrà quindi decidere se archiviare il caso (ipotesi in cui emetterà un decreto impugnabile solo in Cassazione per motivi di diritto) oppure rimandare gli atti all' ufficio inquirente, in questo caso la procura di Palermo diretta da Francesco Lo Voi.
Quest' ultimo, a sua volta, si dovrà rivolgere al Senato, il ramo del Parlamento a cui appartiene Salvini, per ottenere l' autorizzazione a procedere. Il paradosso è che la decisione finale potrebbe investire la speciale commissione presieduta da Maurizio Gasparri, di Forza Italia, un falco che da sempre chiede che si faccia esattamente quello che Salvini ha fatto: bacchettare la Guardia costiera, bloccare gli umanitari delle Ong, linea dura con i migranti e poche storie. I giudici intanto affronteranno già stamattina il problema della competenza, se è corretto che proceda Palermo oppure girare il fascicolo ai colleghi di Catania.
Inizia una partita giudiziaria, dunque, ma soprattutto politica. E Salvini fa sapere che, politicamente parlando, si sente più forte che mai. Ha incassato la solidarietà di Berlusconi e di Forza Italia, dopo che si era toccato il minimo nei rapporti.
Registra con soddisfazione che Di Maio è sempre lì, e anzi, citando i«poteri forti» che lavorano contro il governo, è un assist alla sua polemica diretta contro la magistratura. E ha scoperto con soddisfazione che la sua pagina Facebook ha superato i 3 milioni di «followers» e su Twitter in centomila gli esprimono solidarietà.
Dopodiché l' arrabbiatura c' è e non la nasconde. Sabato, nel pomeriggio, mentre era impegnato per arrivare a quella soluzione che poi s' è vista, dal ministero lo hanno avvisato che il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, aveva chiesto alla questura di comunicare gli estremi del ministro e del suo capo di gabinetto, il prefetto Matteo Piantedosi (il quale ci ha tenuto a far sapere di sentirsi «sereno, tranquillo, determinato, convinto di non avere commesso alcun reato»). Era il segnale che di lì a qualche ora sarebbe esplosa la bomba.
Sa già che presto sarà ascoltato dai magistrati. Difenderà la sua decisione, sia sotto il profilo giuridico, sia soprattutto come legittima azione dell' Esecutivo. A suo favore giocano due precedenti importanti: nel 2006, un altro ministro dell' Interno, Beppe Pisanu, fu indagato e poi archiviato per abuso d' ufficio, relativamente a un respingimento da Lampedusa in Tunisia; e nel 2009, toccò a un altro predecessore, Bobo Maroni, che ordinò la riconsegna alla Libia di 227 migranti recuperati da una motovedetta italiana in acque di competenza maltese.
Anche lui indagato e poi archiviato, anche se quel caso è poi finito davanti alla Corte europea di Giustizia e l' Italia è stata sanzionata per «respingimento illegittimo».
Sta a lui maneggiare il caso, ora. E per non dare il segno di essere ossessionato solo dalla immigrazione clandestina, sceglie di annunciare un nuovo Piano straordinario contro la droga nelle scuole in 15 principali città italiane, coinvolgendo i Comuni che avranno 2,5 milioni per incrementare i controlli. Lo schema è simile a quello sperimentato per i controlli contro gli abusivi nelle spiagge. È anche l' occasione per una ennesima frecciata alla magistratura: «Io continuo, orgoglioso, il mio lavoro. Sperando di poterlo fare senza essere indagato».
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