HANNO TROVATO LE NOCCIOLINE - SUI CONTI DI PENATI 150MILA EURO “SOSPETTI” MA PER DI CATERINA IL “TESORO” E’ ALL’ESTERO

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Federico Berni per "Il Corriere della Sera"

Versamenti in contanti per 150 mila euro sui conti correnti di Filippo Penati. Li hanno scoperti i militari della Guardia di Finanza, che nei giorni scorsi hanno depositato la relazione completa degli accertamenti bancari effettuati nei confronti dell'ex presidente della provincia di Milano ed ex esponente di spicco del Partito democratico, attualmente sotto processo a Monza con accuse di corruzione di incaricato di pubblico servizio per la gestione della società autostradale Milano Serravalle (acquisita dalla Provincia nel 2005), e di finanziamento illecito ai partiti.

La «mappatura» dei conti dell'uomo al centro del cosiddetto «sistema Sesto», un presunto scambio di favori e tangenti che avrebbe caratterizzato le amministrazioni di sinistra del comune di Sesto San Giovanni, dove Penati è stato sindaco nei primi anni 2000, era partita ben prima che il tribunale formulasse il rinvio a giudizio.

A causa delle lungaggini delle banche, gli accertamenti sono stati completati a processo già in corso, anche se l'istruttoria dibattimentale è ancora alle prime battute. La procura ha depositato la relazione a integrazione del materiale probatorio, e chiederà ora a Penati di rendere conto di una serie di versamenti di denaro liquido effettuati su banche di Milano e Sesto San Giovanni: 147mila euro dal 2004 al 2011, con tranche anche da 16mila euro ciascuna.

Penati, nel corso dell'ultima udienza, aveva già dichiarato pubblicamente che i magistrati, in questi tre anni di indagini, «non avevano mai trovato nulla di sospetto sui conti correnti, non un euro fuori posto». Presa visione della relazione della Guardia di Finanza, si è detto «ancora più convinto» della propria innocenza. Il versamento da 16mila euro effettuato nel 2005 su una filiale Unicredit di Sesto, per esempio, sarebbe stato in realtà effettuato non in contanti, ma «attraverso quattro assegni».

Quindi tutto sarebbe stato regolarmente «tracciabile». Il grosso delle entrate, poi, sarebbero i soldi percepiti dalla madre dell'ex uomo del Pd, grazie agli affitti di una serie di appartamenti di proprietà, finiti su «conti cointestati». Pagamenti che, anche se effettuati «cash», sarebbero stati tutti «regolarmente registrati».

Altro scenario dipingeva l'imprenditore Piero Di Caterina, il grande accusatore di Penati, di cui oggi è comunque coimputato, quando, nei lunghi interrogatori resi agli inquirenti negli anni scorsi, parlava di autentici tesori nascosti all'estero, milioni di euro custoditi a «Dubai, Montecarlo, Sud Africa».

Ricchezze che avrebbe cominciato ad accumulare grazie alle presunte maxi tangenti per le vicende della riqualificazione delle grandi aree industriali di Sesto. Accuse sulle quali la legge Severino ha fatto intervenire di recente la scure della prescrizione.

 

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