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TRUMP AFFIDA AL "FARAONE" AL-SISI LA RICOSTRUZIONE E LA SICUREZZA DI GAZA - IL GENERALE DALLA FRONTE INUTILMENTE SPAZIOSA È L’ALLEATO PIÙ FEDELE, TRA I LEADER DEI PAESI ARABI, DELL’AMMINISTRAZIONE USA. L'EGITTO HA RITROVATO UNA CENTRALITÀ STRATEGICA: OGGI HA OSPITATO LA CERIMONIA DI FIRMA DELLA PACE E, TRA POCHE SETTIMANE, SI TERRA' LA CONFERENZA SULLA RICOSTRUZIONE DELLA STRISCIA (L’EVENTO SARÀ CO-ORGANIZZATO DALLA FRANCIA, IL PAESE EUROPEO CON I MAGGIORI LEGAMI POLITICI E FINANZIARI CON IL CAIRO...)
Estratto dell'articolo di Ilario Lombardo per www.lastampa.it
abdel fattah al sisi donald trump cheikh tamim ben hamad al thani
«Welcome to the land of peace». Benvenuti nella terra della pace. Sharm el-Sheikh: il 13 ottobre 2025, la storia passa dalla località sul Mar Rosso, puntellata di resort, travolta da un turismo orizzontale che riempie i low cost verso i paradisi della barriera corallina nella punta meridionale del Sinai.
Lo scenario perfetto per la pace firmata Donald Trump. Lungo le strade, costeggiate dai cantieri che promettono nuovi casino, spa, alberghi, però, si celebra anche l’altro protagonista dell’accordo su Gaza. Abdel Fattah al-Sisi sorride in mezzobusto accanto a Trump, nei cartelloni che accompagnano il tragitto verso il megalotto dei congressi, confinante con il Jolie Ville Golf Course, forse un involontario omaggio alla passione del presidente americano.
GIORGIA MELONI TRUMP MACRON AL SISI ERDOGAN ACCORDI DI PACE SHARM
Il discorso di Trump alla Knesset, a Gerusalemme, fa saltare l’agenda dei leader che uno dopo l’altro atterrano in Egitto. I tempi si allungano, e l’attesa permette al presidente egiziano Al Sisi di prendersi la scena. Di avere bilaterali, compreso quello con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La passerella dei saluti si alterna alle immagini dell’ovazione del parlamento israeliano. Gerusalemme e Sharm El Sheikh sono in contatto costante per tutta la mattina. Su spinta di Trump, Al Sisi telefona al premier israeliano Benjamin Netanyahu per invitarlo a sorpresa al vertice. Non era previsto, mentre nell’elenco risultava Abu Mazen, il vecchio e indebolito leader dell’Autorità Nazionale Palestinese.
erdogan abdel fattah al sisi donald trump cheikh tamim ben hamad al thani
Per qualche ora si sente forte la suggestione di poter ripetere la stretta di mano celebrata dal presidente americano Bill Clinton due volte, prima (nel 1993) tra Yitzhak Rabin e Yasser Arafat a Washington, e poi, dopo l’assassinio del leader israeliano, nel 2000 tra Ehud Barak e Arafat a Camp David. Ma non succede. Perché alla fine Netanyahu decide di non partire per l’Egitto.
Al Sisi, è l’alleato più fedele, tra i Paesi arabi, dell’amministrazione Usa, ricoperto di dollari e con una centralità che ora diventa strategica. Di certo, è il ruolo che vuole Trump per l’Egitto: crocevia tra Medio Oriente e Occidente, tra poche settimane ospiterà la conferenza sulla ricostruzione di Gaza e sulla pianificazione degli aiuti umanitari.
Un appuntamento su cui convergeranno gli interessi degli Stati Uniti e di tutti i Paesi presenti al summit di Sharm. Il modello è la Ukraine Recovery Conference: soldi privati e pubblici, imprenditori chiamati a raccolta per dare un futuro a un angolo di terra che Israele ha lasciato in macerie. L’evento sarà co-organizzato dalla Francia, il Paese europeo con i maggiori legami politici e finanziari con Il Cairo. [...]
Anche il governo Meloni lavora per avere un posto al tavolo dei ricostruttori. La conferenza è intrecciata al Piano Trump, una tappa fondamentale per capire la sostenibilità del progetto di pace.
Gaza Riviera, la sfrontata proposta di un’utopia turistica lanciata dal miliardario che ha fondato la sua ricchezza iniziale sull’edilizia newyorchese, è un azzardo che il presidente americano sembra voler accantonare, perlomeno nel giorno della liberazione degli ostaggi e della commozione.
La Striscia «è devastata» osserva, «come un cantiere in demolizione. Bisogna sbarazzarsi di quello che c’è lì». Bisogna anche ottenere la smilitarizzazione di Hamas, tornare a riempirla della vita dei gazawi, ottenere il ritiro totale dell’Idf, ridare centralità all’Autorità nazionale palestinese e cominciare a parlare dei rapporti territoriali con la Cisgiordania. [...]
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