DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Federico Rampini per “la Repubblica”
«Donald Trump porta una ventata di onestà». Matteo Salvini è stato poco negli Stati Uniti, quanto basta per una foto ricordo con The Donald. Eppure nella sua intervista a Repubblica il leader leghista ha colto qualcosa di questa stagione politica, negli Stati Uniti e altrove. Non va preso alla lettera. Trump è il più disonesto dei candidati, in una gara dove non mancano i Pinocchio. È un bugiardo seriale, colto ripetutamente in fallo. Mentì molto prima di candidarsi, nel 2012 disse di avere le prove che Barack Obama è straniero.
Pretese di aver visto dal suo ufficio le vittime dell’11 settembre che si lanciavano giù dalle Torri Gemelle: dalla Trump Tower non è visibile il World Trade Center. S’inventò dopo quell’attacco di Al Qaeda delle manifestazioni di esultanza tra gli arabi del New Jersey: ce ne furono sì, ma solo in Medio Oriente. Ha mentito agli iscritti della Trump University, vendendogli a caro prezzo corsi inutili e diplomi-patacca. Ha raggirato i piccoli risparmiatori che hanno investito in alcuni suoi progetti immobiliari.
SALVINI ALL INCONTRO CON TRUMP
Sulla sua dichiarazione dei redditi: disse di non poterla rendere pubblica perché sotto accertamento fiscale (l’Agenzia delle entrate americana conferma che è sottoposto ad accertamenti ma precisa che questo non gli impedisce di pubblicare i dati). Attacca la Cina e le imprese che vi delocalizzano, intanto i prodotti del merchandising col suo marchio sono made in China. Accusa i lavoratori immigrati di concorrenza sleale, ma nei suoi cantieri a New York e nel suo resort in Florida ha assunto stranieri anziché americani.
Conta balle perfino sul suo patrimonio, vantando una ricchezza superiore alla realtà. Ha fatto quattro volte bancarotta. Di menzogna in raggiro, ha accumulato 169 processi federali, spesso patteggiando per mettere a tacere le vittime di inganni e frodi.
Fedele alla sua indole, The Donald persevera ogni volta che apre bocca in un comizio elettorale. Questa non è un’accusa, è una statistica. Il sito indipendente PolitiFact, specializzato nel controllare la veridicità delle affermazioni dei candidati, ha conteggiato il 91% di bugìe nelle affermazioni di Trump. Un record che non teme rivali.
Eppure Salvini coglie ciò che unisce il fenomeno Trump ai vari populismi della destra europea. Nei sondaggi tra la base repubblicana che lo vota, in cima alle ragioni della Trump-mania appare questa dichiarazione: «E’ uno che dice finalmente le cose come stanno». La ventata di onestà non l’ha percepita solo il leader della Lega. Qual è il tipo di onestà che ha spinto verso Trump dal 40% al 50% dei repubblicani votanti alle primarie?
E’ uno che dice ciò che da anni pensa una fascia della popolazione americana, costretta a mordersi la lingua per non infrangere le regole del politically correct. Da quando è arrivato lui, ha sdoganato affermazioni come «il Messico ci manda qui i suoi ladri e stupratori».
Dice «dobbiamo riprenderci l’America» e tutti sanno che cosa significa: riprenderla da quel nero che usurpa la presidenza da 7 anni. Si crogiuola nel sessismo, davanti a Carly Fiorina ha detto: «Chi volete che voti una con quella faccia lì». Dice anche che i politici di professione sono dei venduti, visti i finanziamenti che intascano dalle lobby. Qui è difficile dargli torto, anche se fino a ieri pagava pure lui.
Disonesto, è un aggettivo che molti elettori associano più facilmente a Hillary Clinton. Tra l’altro perché difese in modo discutibile Bill all’epoca delle sue relazioni extraconiugali. O perché ha mandato email dal suo indirizzo privato. Bisogna aspettarsi una battaglia elettorale in cui le regole non saranno esattamente eguali per tutti.
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