DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera” - Estratti
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Dal 2016 l’avventura presidenziale dell’immobiliarista arrivato alla Casa Bianca è stata l’incubo della stampa e delle tv mainstream, ma anche il loro balsamo economico: in tempi di crisi di ascolti e di copie vendute, ha prodotto una salutare spinta che ha fatto impennare audience, abbonamenti, rating tv, click. Tre mesi fa molti professionisti dell’informazione, allarmati dal riemergere della candidatura Trump, si consolavano con la speranza di un nuovo effetto-traino di The Donald per un mercato dell’informazione di nuovo stagnante.
Non è andata così: pubblico delle reti americane all news (le progressiste Msnbc e Cnn , ma anche la trumpiana Fox) dimezzato rispetto al precedente ciclo elettorale mentre i dibattiti televisivi hanno fatto perdere soldi a chi li ha organizzati. Certo, senza primarie democratiche per via della ricandidatura di un presidente in carica e con quelle repubblicane dominate da Trump, non era facile tenere alto l’interesse. Ma ora sono in tanti a sostenere che la situazione è molto cambiata: se in passato l’avanzata di Trump coi suoi modi brutali spingeva i progressisti alla militanza, la sensazione è che, otto anni dopo, la delusione stia producendo, soprattutto tra i giovani, disinteresse.
Concorda il nuovo Ceo del Washington Post , Will Lewis: quest’anno non ci sarà una spinta Trump per i media, «dobbiamo andare a cercarci gli abbonati altrove». Tanto più che lo stesso Trump, già sulla bocca di tutti e con la nomination repubblicana in tasca, sembra meno affamato di attenzione dei media. Che possono solo sperare su nuove esplosioni delle sue ossessioni egocentriche.
TRUMP PREPARA IL CASTING PER IL VICE DA SCOTT A STEFANIK, SFILATA DI PAPABILI
V.Ma. per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Dobbiamo vincere con un ampio margine», ha detto Donald Trump lunedì sera a Laconia, nell’ultimo comizio prima del voto di ieri in New Hampshire. Sul suo social «Truth» si è lamentato che Fox News mandasse in onda troppo spesso il governatore dello Stato, Chris Sununu, che appoggia la sua unica rivale nelle primarie repubblicane, Nikki Haley.
Trump non ha tenuto molti eventi in New Hampshire, fino a quest’ultima settimana, quando è venuto a riscuotere il voto dei suoi seguaci. Ansioso di intascare la nomination, spera in un ritiro immediato di Haley. Fino a ieri l’ex governatrice della South Carolina diceva di non averne intenzione benché i sondaggi indichino che nei prossimi Stati non ha chance.
Le prove Questi ultimi eventi di Trump sono stati una sorta di casting per la scelta del suo vicepresidente. Tim Scott, senatore della South Carolina nominato da Haley che ha dato l’endorsement a Trump, la deputata di New York Elise Stefanik, che grigliò le presidi di Harvard, Penn e MIT sull’antisemitismo, Vivek Ramaswamy, l’ex rivale mai davvero pericoloso nelle primarie, il senatore dell’Ohio JD Vance: tutti loro hanno accompagnato Trump sul palco, e tutti sono stati accolti al grido «VP! VP!». La deputata di estrema destra Marjorie Taylor Greene e la governatrice del North Dakota Kristi Noem sono tra le favorite. Haley?
Per ora Trump dice di no. Ron DeSantis gli ha dato l’endorsement ma finora non è apparso ai comizi del tycoon.
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EVANGELICI E VETERANI IN FILA PER TRUMP NEI BOSCHI DEL NEW HAMPSHIRE
Paolo Mastrolilli per “la Repubblica” - Estratti
«Questo Paese è corrotto, spaccato, in grave declino. Serve qualcuno che abbia la forza e il coraggio di disfarlo, per riaggiustarlo». Victor Adinolfi, orgoglioso delle sue radici italiane, sfoggia un cappello dell’Air Force mentre es ce dal seggio elettorale nella Memorial High School di Manchester: «Sono un veterano del Vietnam e le guerre in corso hanno grande importanza per me, perché definiscono la leadership Usa nel mondo. Ho votato Trump alle primarie repubblicane, perché è l’unico candidato in grado di riaffermare il ruolo dell’America».
Anche se fa l’isolazionista, minaccia di ritirarsi dalla Nato e di interrompere gli aiuti all’Ucraina, e critica i raid di Biden contro gli Houthi che sparano sulle navi nel Mar Rosso? «Il punto è proprio questo. Tutto ciò non sarebbe mai accaduto, se lui fosse rimasto alla Casa Bianca. Proiettava un’immagine di risolutezza e forza che avrebbe costretto gli aggressori a pensarci due volte». Le conversazioni all’uscita dei seggi non sono un metro scientifico degli umori, ma l’antropologia degli elettori di Trump non sembra cambiata dal 2016.
Autorevoli studi, come quello della Suffolk University, dimostrano che il sostegno per lui tra i laureati è raddoppiato nell’ultimo anno, salendo al 60%. La base incrollabile di Donald però restano i colletti blu, i bianchi della classe media e bassa, i pensionati, gli evangelici, quelli che lui definisce “persone dimenticate”.
Gente che per interessi personali, o pura rivalsa, vede in lui la “retribution” promessa, la vendetta. Perciò l’unica rivale rimasta in corsa, Nikki Haley, per smentire i sondaggi della vigilia che la davano sconfitta ha puntato sugli indipendenti, o anche sui democratici che potevano registrarsi nelle liste repubblicane per sabotare Trump: «Non mi ritirerò. Fino al Super Martedì ho molti Stati favorevoli». Non sono sondaggi le chiacchiere al seggio, ma colpisce come le risposte si ripetano sempre uguali
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nikki haley come hillary clinton - fotomontaggio pubblicato da donald trump su instagram
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