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Altro che Patto della Crostata. A Roma va di scena il patto della pajata. Più s’avvicina la data del referendum, più si fomentano complotti: manco ai tempi dei Borgia. I sondaggi (negativi per il “si”) stanno esercitando una forza centrifuga dentro il Pd. Il cui unico risultato è quello di aumentare l’isolamento di Matteuccio. A cui sembra iniziare a venire meno financo il sostegno di personaggi del suo governo.
Così, escono allo scoperto le chiacchiere di corridoio, gli incontri più o meno segreti, i pellegrinaggi al Colle. Chi si vede con chi. Chi pensa già al congresso. Chi applica la tattica dei Vietcong in Parlamento.
Non è un caso che il premier (per mancanza di elezioni) abbia dovuto smentire due (e dico due) nuove tasse, introdotte dalla Commissione Bilancio di Montecitorio. A breve si attende la terza smentita per la tassa sui cani. Presiede quel simposio Francesco Boccia, lettiano di ferro, che non fa mistero con nessuno di attendere il premier alla prova del congresso; che vinca o meno il referendum.
Boccia ha fatto passare prima la cedolare secca su Air B&B, e poi l’unificazione nell’Imi della Tasi e dell’Imu. Renzi si è precipitato a smentire. Introdurre tasse in campagna elettorale è suicida per il governo. Ma Boccia (che, dicono, sia ancora iscritto al Pd) le ha avallate.
E che dire dei pellegrinaggi al Colle di Dario Franceschini accompagnato da Roberta Pinotti. Il ministero dei Beni culturali si era accreditato, in passato, con il Quirinale per sostituire Renzi. Poi, tali bramosie di potere le aveva riposte nel cassetto. Ed a 15 giorni dal referendum le ha rispolverate; con sempre al fianco il ministro della Difesa: entrambi in cerca di collocazione per il dopo-Renzi. E La Pinotti può sempre contare sul sostegno di Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza con delega sui servizi segreti.
BERSANI E MAURIZIO MARTINA ALLA FESTA DELL UNITA
Ma non sarebbero gli unici a muoversi in tandem. Gira voce che un’altra coppia di ministri abbia idee bellicose per il dopo referendum. E sono Maurizio Martina e Graziano Delrio, dicono. A Roma si sussurra che i due si stiano baloccando su progetti arditi, qualora il Ducetto torni al baretto di Pontassieve realmente. Avrebbero raggiunto un accordo in base al quale uno va a Palazzo Chigi e l’altro alla segreteria del partito.
I loro arzigogoli onanistici, però, avrebbero lasciato tracce nei rispettivi territori. Tant’è che circola la diceria di un loro invito di votare “no” al referendum, così da accelerare l’uscita di Matteuccio da Palazzo Chigi.
AGNESE LANDINI E MARIA ELENA BOSCHI
Come nella Roma dei Borgia, però, non mancano le spie. Così Renzi viene informato più o meno in tempo reale delle mosse dei suoi ministri. Comprese di quelle della Boschi. Che, a quanto pare, non sarebbe più in sintonia piena e totale con il premier.
In questo clima, c’è spazio anche per Piercarlo Padoan. Dalle parti del suo ministero c’è chi crede realmente che se i “no” prevalessero nel referendum, Renzi potrebbe indicare il ministro dell’Economia quale suo sostituto per Palazzo Chigi. Tant’è che qualcuno, per fare un favore al suo ministro, voterebbe “no” il 4 dicembre
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